Anglomania italica: il parere di Vittorio Coletti

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Non molto tempo fa, Vittorio Coletti – famoso linguista, lessicografo e consigliere dell’Accademia della Crusca – ha espresso il proprio parere in merito all’ormai diffusissimo fenomeno dell’anglomania italica, cioè l’eccessiva imitazione degli usi e dei costumi inglesi, che dal punto di vista linguistico, si traduce in un vero e proprio abuso dei cosiddetti prestiti integrali.

Innanzitutto, dice che adottare parole straniere e far in modo che esse entrino a far parte della nostra lingua, ci aiuta a mantenerla viva. Infatti, se un prestito funziona bene, con il tempo, diventa una parola italiana a tutti gli effetti.

Molti dei vocaboli che utilizziamo ogni giorno, sono di derivazione straniera, e questo non ci crea alcun problema, ad esempio, il significato di realizzare è dovuto all’influsso dell’inglese to realize, dietro al termine pressurizzare c’è invece un altro verbo inglese, ovvero, pressurize, inoltre, chi s’immagerebbe che zucchero deriva dall’arabo sukkar? Probabilmente, solo i linguisti. Ovviamente, quelli sopraccitati sono solo alcuni dei forestierismi dell’italiano, elencarli tutti sarebbe impossibile.

I prestiti integrali ci “complicano la vita” quando s’inseriscono nell’italiano e lo fanno mantenendo la forma grafica e in parte anche fonetica della lingua d’origine, che poi resta invariata. Perciò, se da un lato le novità grammaticali indotte da altre lingue, possono rappresentare un vantaggio per la nostra, dall’altro possono renderla incapace di trovare forme proprie per dire cose nuove, e in questo modo, rischiare quindi di screditare non solo la lingua stessa, ma anche, anzi soprattutto la cultura. Di fatti, se noi italiani continuiamo ad usare un elevato numero di anglicismi, inevitabilmente, impoveriamo molto la nostra cultura.

Pertanto, non tutti pensano che un prestito linguistico sia qualcosa di cui gioire o andare fieri, basti pensare che al giorno d’oggi, in molti campi importanti della nostra lingua, tra cui la comunicazione, la politica, la scienza ecc… si tende a sostituire un vocabolo italiano con il suo corrispettivo inglese, così da essere poco trasparenti, ma allo stesso tempo apparire alla moda, o per meglio dire, trendy.

Non è un caso che l’Accademia della Crusca stia tentando sia di difendere la lingua che di rendere la cultura italiana più vitalecercando di trovare un possibile e valido equivalente italiano a tutte le parole straniere che ancora non appartengono al nostro vocabolario.

Martina Naccarato

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