“Requiem” serafico alla Chiesa di San Vittore

Data:

Venerdì 21 ottobre 2016 alla Chiesa di San Vittore a Milano

Ci sono alcune e rare opere che non solo attraversano i secoli ma li cavalcano con l’agilità, la forza e l’indipendenza di un mustang. Tale è la sorte del Requiemdi Wolfgang Amadeus Mozart che ha riempito tutto lo spazio della Chiesa di San Vittore al Corpo in occasione del 60esimo anniversario di morte del Beato don Carlo Gnocchi. Ciò che lega i due personaggi è l’amore per l’arte: il primo è un grande compositore, il secondo artista della carità divina e restauratore della persona umana che tra le righe del suo libro scritto nel 1946 descrive con delicatezza ricercata ed esaltandone le caratteristiche di ambedue i concetti di arte/amore.

A rendere possibile questa speciale iniziativa è stata la collaborazione eccezionale dell’Istituto Musicale “Giulio Rusconi”, la Fondazione Don Carlo Gnocchi, la Chiesa di San Vittore e Fondazione Cariplo.

Don Carlo Gnocchi, descrive arte e amore ricorrendo a Pascal, Chopin e Galilei:

“l’arte e l’amore nascono dal nonulla. Il lontano sussurro di una melodia in fondo all’anima, il balenìo di un ideale di bellezza nella pupilla, la rapida e confusa enunciazione di una legge fisica e metafisica alla mente assorta, la fulminea intuizione dell’anima gemella, attraverso un dolce viso di donna (come per tutti quelli che hanno potuto realizzare il loro sogno d’amore) hanno dato origine a capolavori della scienza, della bellezza e dell’amore. Purché attentamente raccolti, appassionatamente seguiti e perdutamente amati.”

Infatti, grazie all’esecuzione impeccabile dell’orchestra e dei cantanti, si è potuto assistere ad una Messa Angelica, che non ricordava l’ affannosa e inquieta fuga dalla vita, bensì un invito alla riflessione e al coraggio.

Secondo gli scritti di Stendhal e la visione di Miloš Forman, l’opera era stata commissionata al compositore da un committente anonimo vestito in abbigliamento carnevalesco – dietro retribuzione di 50 + 50 ducati – e l’obbligo di finirla in 4 settimane. WAM, sin dal primo istante era convinto che quella Messa fosse un avviso per la sua morte e sebbene avesse cercato di capire chi si nascondesse dietro la maschera, non riuscirà a completare l’opera perché le sue energie si spegneranno al completamento del “Confutatis”. Ciò che caratterizza il Requiem K626 dagli altri componimenti mozartiani è la carica di dubbi, intrighi, congiure che si sono costruite intorno alla vicenda. Per molto tempo si è pensato che l’uomo in “divisa nera” fosse Salieri – compositore contemporaneo e di corte – che maldigeriva le uscite stravaganti del genio di Salisburgo. L’oscurità si amplifica anche sui nomi probabili di chi avesse poi finito l’opera del maestro e quanto Mozart ci fosse effettivamente dentro il Requiem. Ricerche accurate del teorico Gottfried Webber e del musicologo Christoph Wolff hanno permesso di arrivare alla conclusione quasi certa che la coda che va da “Lacrimosa” a “Lux Aeterna” fosse merito del suo studente Franz Xaver Süssmayr.

Non solo, l’analisi accurata ha permesso di stabilire che Mozart avesse scritto per intero solo l’introitus e Kyrie. In tutte le altre parti si era limitato a darne l’incipit, le modulazioni e la parte degli archi per poi essere finite dai suoi successori.

A prescindere da tutto questo, la Messa eseguita affianco al Museo della Scienza e della Tecnologia e a pochi metri dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha incarnato ed esposto pienamente la teatralità e il melodramma insite in ogni parte dell’opera, riportando l’attenzione del pubblico non più sul personaggio che Mozart era, ma sulla qualità musicale dell’orchestra, dei solisti e del coro accompagnando tutti in un atmosfera serafica più che lugubre.

Viola Banaj

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