“Utøya” di Edoardo Erba è al Rossetti fino al 5 febbraio. Aiuta a conoscere ma anche a riflettere su di noi

Data:

Trieste, Teatro Stabile Il Rossetti – Politeama del Friuli Venezia Giulia

In principio ci fu l’editoriale di un giornalista italiano sulla strage dei giovani e giovanissimi laburisti avvenuta nell’isola di Utøya in Norvegia e pubblicata il 25 luglio 2011, tre giorni dopo il massacro. Il cinismo con cui le vittime furono trattate, accusate di egoismo per non essere state capaci di unirsi, organizzarsi in pochissimo tempo e reagire ad un individuo che, con la divisa di poliziotto li avvicinava carpendo la loro fiducia e poi li ammazzava a sangue freddo, fece scattare in Luca Mariani “la molla per scrivere”. Ne uscì, nel 2013, Il silenzio sugli innocenti – Le stragi di Oslo e Utøia, verità, bugie e omissioni su un massacro di socialisti che scandaglia con attenzione e rispetto ciò che avvenne allora, il processo e la sentenza seguenti, senza trascurare una precisa analisi delle reazioni e dei commenti nel mondo, in Europa e in Italia. Su questa base Edoardo Erba ha realizzato un testo drammaturgico che si è avvalso della consulenza di Luca Mariani stesso e che è in scena al Politeama Rossetti di Trieste fino a domenica 5 febbraio.

È una pièce importante, da vedere perché si tratta della felicissima “traduzione” in linguaggio teatrale di un saggio giornalistico capace di scandagliare in modo lucido una realtà presente in modo non trascurabile in Europa: l’odio verso il multiculturalismo che quei ragazzi rappresentavano. È relativamente facile costruire da qualche mezza verità un castello di pensieri deliranti, capaci di far presa sulla gente grazie alla perversa capacità di agire sulle comuni angosce, manipolandole in modo criminale e da lì passare all’azione uccidendo in un attimo decine e decine di innocenti. Ogni paese ha le sue caratteristiche ed è stato giocando su di esse che un norvegese massacrò allora decine di suoi connazionali, ben conoscendo i meccanismi interni al proprio paese. Una volta di più, il freddo rispetto delle regole, l’eseguire gli ordini ad ogni costo, anche di fronte a situazioni oggettivamente straordinarie si dimostra indice di vigliaccheria, anche se ciò che viene prescritto è semplicemente lo stare fermi in attesa che un superiore indichi cosa fare. La cieca fiducia nelle istituzioni, la convinzione che “il sistema” sia così intelligente da cogliere in tempo reale cosa stia succedendo quando tutti gli equilibri sono saltati a causa di una scheggia impazzita, figlia essa stessa del sistema, sono prese di posizione che non possono essere più considerate valide sempre e in ogni caso.

Entrando più nello specifico, la musica che precede lo spettacolo accoglie il pubblico in un mondo sognante e richiama le atmosfere nordiche. Davanti, la scena aperta nella quale  troneggiano 35 ceppi disposti in modo regolare e, tutto intorno grandi frammenti di vetri infranti.

Foto Serena -serrani_Corriere_Dello_SpettacoloIn essa si muovono tre coppie di personaggi (i genitori di una ragazzina mandata controvoglia dal padre a Utøia, due poliziotti dislocati in una stazione vicino all’isola e due contadini, residenti nella fattoria vicina a quella affittata dall’assassino), interpretati con grandissima versatilità da Arianna Scommegna e Mattia Fabris che passano da un ruolo all’altro all’inizio, alla vigilia della strage, in modo ben chiaro e definito, quasi lento, ma diventa poi sempre più teso e serrato il giorno dell’esplosione ad Oslo e del massacro, in perfetta sintonia con lo svolgersi degli eventi ed il deflagrare delle emozioni e dei sentimenti; si conclude con la desolazione che si mantenne costante nelle settimane successive.

Colpiscono le battute dette quasi tra parentesi, quelle che sembrano ovvie, quelle che capita ad ognuno di noi di sentire o di affermare senza farci nemmeno troppo caso, insite nelle abitudini, nell’educazione, in quel che si sente ripetere nell’ambiente di vita abituale e che emergono prepotenti nel momento di maggior disorientamento anche nelle persone solitamente più aperte e “tolleranti”. Quanto sconcertante appare allora lo scoprire che quello che si credeva essere uno jihadista è in realtà “uno di noi”, il vicino di casa che odia chi condivide l’idea del multiculturalismo come e forse anche di più di quanto detesti gli islamici. Sembra un incubo e invece è avvenuto davvero e forse ciò che sconvolge maggiormente è riconoscere come assolutamente realistico il comportamento dei diversi personaggi di fronte ad un evento così spaventosamente enorme nella sua tragicità: potrebbero agire modificandone in qualche modo l’esito ma rifiutano di farlo, nascondendosi dietro l’educazione, le regole e i regolamenti, la forma, i sistemi ideologici, la responsabilità degli altri, la fiducia nelle “istituzioni mamma” che a tutto provvedono.

Affrontare qualcosa avvenuta fin troppo vicino a noi può aiutarci a scansare il pesante velo che copre la nostra visione rispetto ai fatti avvenuti in Europa circa settant’anni fa e dall’influenza dei quali ci illudiamo di essere usciti. Riusciremo mai ad imparare? Sono sempre troppo pochi, sempre troppo isolati, i singoli individui disposti ad opporsi, ma soprattutto capaci di farlo davvero. Cos’è che fa scattare in loro la molla per agire conseguentemente al proprio pensiero critico? Utøia può forse aggiungere un importante tassello per aiutarci a riflettere su questo.

Paola Pini

Sala Bartoli – dal 31 gennaio al 5 febbraio 2017
Utøya
Di: Edoardo Erba
con la consulenza di Luca Mariani, autore de “Il silenzio sugli innocenti”
Scene: Maria Spazzi
Luci: Roberto Innocenti
Regia: Serena Sinigaglia
Produzione: Teatro Metastasio Stabile di Prato
in collaborazione con Teatro Ringhiera ATIR
con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia in Italia
Interpreti: Arianna Scommegna e Mattia Fabris

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