Canzoni e musica: quel qualcosa che manca alle canzoni e agli artisti del nostro tempo…

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Nel mio ultimo articolo dedicato alla 67° edizione del Festival di Sanremo ho sostenuto che non è vero che non abbiamo buoni artisti. È vero che qualcosa manca ma non sono né le canzoni e tanto meno gli artisti. In apparenza nella canzone si è smarrito qualcosa. Questo qualcosa lo possiamo ricercare, da un lato, guardando il contesto sociale, infatti, per capire la musica, dobbiamo prima di tutto volgere uno sguardo alla società odierna, alle concezioni umane e sul modo di vedere e vivere la vita e le cose. Bisogna considerare che siamo una società ove i rapporti sono molto distaccanti o immediati. Una società che corre. E quindi dobbiamo chiederci come relazionarci con il tutto. Dall’altro lato, dobbiamo considerare il fatto che abbiamo edificato quest’arte come professione. Tale aspetto vede gli artisti orientati alla ricerca di costruire la propria identità professionale e allo stesso tempo svolgere un’attività lavorativa per guadagnare. Questo implica una forzatura in termini d’ispirazione artistica. La medesima ispirazione non parte più dall’anima, ma da un fenomeno pensato. In altre parole, si pensa un argomento e su questo si scrive. La stessa arte così non diviene più il bisogno di trasmettere un messaggio o condividere qualcosa . Dall’altra parte dobbiamo considerare la vitalità e spiritualità data durante l’interpretazione. Di conseguenza, io di fronte alla questione sollecitata, porrei la domanda: Quale rapporto c’è oggi tra l’artista e la musica e il canto. Oso affermare che vi è una frattura di rapporto tra artista e arte, tra ispirazione e il bisogno di esprimere, manifestare. Ma prima di esserci una frattura tra questi, c’è quella che si e generata nella società e nell’essere umano. Ciò ci dovrebbe far domandare quali rapporti si sono costruiti tra gli esseri umani. Io direi che manca la profondità. Tale la intendo come “amore”, come modo di relazionarsi con noi stessi e con il mondo circostante. “Il profondo” è il pilastro dell’esistenza. Il profondo è divenuto superficiale o quasi sconosciuto. Ciò rende la società e l’umanità afflitte di vuoto e liquidità, stando alla lezione di Z. Bauman. Nella maggior parte degli artisti d’oggi non esiste un contatto profondo con la musica e le canzoni interpretate dagli stessi. Perché non esiste profondo nelle modalità di relazionarsi con la vita, l’esistenza e i rapporti umani. Non c’è un contatto diretto ma indiretto con tutto ciò che ci circonda. Questo è un virus della nostra società. Questi sono aspetti che bloccano la formazione del bello e del sublime. Gli stessi si riflettono nella musica. È per questo motivo che le canzoni non restano – attenzione, non dimentichiamo che comunque quest’arte, a differenza di altre, è immediata, quindi passa, ma oggi in particolare di essa non rimane nulla. Prima, quando una canzone passava, rimaneva nel cuore dell’umanità. Passava ma rimaneva nella storia. Insomma, la frattura nella musica è determinata da quel rapporto o modo di relazionarsi dell’artista con essa, nella società e col mondo circostante. Una volta gli artisti sfornavano dei brani orecchiabili, che rimanevano nell’anima. Erano brani che rispecchiavano la nostra vita e che ti facevano sognare o immaginare. Vi era molta vitalità e spiritualità. Oggi gli argomenti sono più superficiali e questo non impedisce di scrivere e comporre delle belle canzoni, ma implica che questi non entrino nei nostri cuori per rimanere a ricordarci un momento della vita. Vediamo un esempio del “profondo”. Prendiamo in considerazione Mina e Celentano. Ascoltandoli notiamo che essi interpretano i loro brani decorandoli di spiritualità e vitalità. I due interpretano i loro brani come se essi raccontassero la loro quotidianità. Insomma danno vita alla musica e al canto, in un tutt’uno che diventa una dolce atmosfera. La vita o le situazioni quindi si decorano di una melodia bella, serena, equilibrata che fa il bello e il sublime nella musica. Non c’è finzione, ma rappresentazione gioiosa. Non c’è professionalità prefabbricata o schematizzata, ma spontaneità e semplicità. C’è il profondo desiderio di comunicare, condividere ed esaltare qualcosa che pur se è imperfetto è bello e sublime. “Amami, Amami” cantano con stile in cui tale canto sembra una chiacchierata di una coppia che si parla o si racconta, raccontando agli altri. Gli stessi cantano “E’ l’amore”. Un testo lento e malinconico e quotidiano, ma anche melodico, che fa divenire quella malinconia un qualcosa di bello. La stessa ci rispecchia ma sopratutto ci rilassa, ci regala un’atmosfera di luce e di pace, regalando una bella sensazione che ti entra nel cuore, ove la conserviamo. Essi donano alla musica e al canzone vitalità e spiritualità, interpretando le sensazioni come se le vivessero loro stessi. Ho citato Mina e Celentano, ma potremmo citare anche altri. Tutti accomunati da una aspetto fondamentale: arrivano alle persone, toccando il profondo o meglio i sentimenti umani. Arrivano a noi accarezzandoli, in un modo unico e difficile da spiegare e comprendere. Le loro canzoni ci emozionano, ci stimolano la voglia di prendere per mano la propria donna e invitarla a ballare. Ballare uniti senza distanze. Le canzoni di oggi invece ci fanno ballare, ma non uniti, ognuno da solo. Entriamo in pista, ma mantenendo una certa distanza, perché le canzoni di oggi non ci toccano il profondo. I giovani artisti scrivono belle canzoni, ma non sono interessati a toccare i nostri sentimenti, ma a descrivere come viviamo, laddove ci interessa solo il suono per muovere i nostri corpi. E non è colpa degli artisti, ma del Destino della musica, che la vede camminare parallela alla società, alla morale, al vissuto e al modo di relazionarsi con tutto. Molti innamorati d’oggi non camminano più mano nella mano. Le storie non durano, passano come la musica. Finiamo di essere così tristi, depressi, pieni di vuoto, in un tempo che ci rende fragili. La musica e le canzoni d’oggi ci rispecchiano. Nelle canzoni dei giovani, non manca lo stile, il talento e la raffigurazione dell’amore, ma il tutto è superficiale. In ogni modo, credo che dobbiamo recuperare il “profondo”: l’amore e i sentimenti, da intendere non solo in termini di coppia, famiglia, amicizia, ma anche in termini di vita, concezioni, valori. E ancora in termini di ricerca del bello e del sublime dentro di noi. Infine, in termini di senso che doniamo alle cose, che non deve essere privato, appunto, del bello e del sublime. L’umanità si deve riavvicinare a queste cose, alla vita, alla spiritualità del vivere con ciò che ci circonda. Riprendere i contatti. Questo è ciò che ci manca e ciò influenza la musica.

Giuseppe Sanfilippo

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