“Tosca”, finale di partita

Data:

Arena, Verona, dal 5 al 25 agosto 2017

Per Tosca, ultimo titolo del Festival Arena di Verona, viene ripreso il collaudato allestimento del 2006 firmato interamente da Hugo de Ana. L’impatto visivo è notevole. Cannoni, a salve durante il Te Deum, ricordano il conflitto tra Napoleone e il Borbone, mentre al centro si erge gigante il mezzobusto dell’arcangelo Michele, nei pugni spada e rosario simboli della Chiesa asservita al potere di Ferdinando IV. Un regia moderna, inaspettatamente felliniana nelle movenze dei chierichetti, nei volti sfigurati degli spettrali prelati e nell’uso delle masse che rendono palpabile in maniera ancor più autentica la romanità di Tosca. L’attenzione ricade giocoforza sui protagonisti di cui la partitura gestuale esalta la sottomissione a quella libidine, già peraltro trasudante dal libretto e dalla musica, che condurrà la protagonista all’Empireo. D’altronde, certa arte cristiana sembra stimolare languori concupiscenti – ovunque dagli altari ammiccano Sebastiano, sante estatiche, Cristi dalle membra possenti – e nemmeno la Maddalena che Cavaradossi sta ultimando si sottrae a tale funzione perché la redenta prostituta deve avere, Tosca vult, gli occhi neri come i suoi. De Ana quindi sublima questo recondito desiderio di santificazione femminile – erotica o mistica poco importa – nel martirio finale, ove l’eroina, croce in mano, non cade nel vuoto, ma ascende al cielo al terrifico grido di vendetta «O Scarpia, avanti a Dio!».

Ainhoa Arteta riscuote un pieno successo. La sua Tosca è un continuo crescendo di espressività, dolcezza e tragicità, distinguendosi la voce per il fraseggio creativo, i bei colori e i giusti accenti.  L’equilibrio tra canto e azione è perfetto, nonostante i pesanti costumi dei primi due atti la obblighino a spostamenti meno impetuosi del previsto. Boris Statsenko poco convince nei panni del crudele barone Scarpia, sadico al punto giusto, ma a tratti stanco e calante nell’intonazione. Negativo il giudizio su Aleksandrs Antonenko, Cavaradossi scostante in cui latitano cromie sensuali e acuti centrati. Ottimo l’Angelotti di Romano Dal Zovo, come eccellente è il sagrestano di Nicolò Ceriani. Bene, seppur piuttosto sottotono nell’entrata del II atto e nel Judex ergo, lo Spoletta di Antonello Ceron. Completano la compagnia Marco Camastra nelle vesti di Sciarrone, Omar Kamata, un carceriere, e Emma Rodella, pastorello poco più che sufficiente.

La direzione di Antonino Fogliani, trascinante e precisa, aiuta l’orchestra a raggiungere dinamiche pertinenti e suono limpido, anche nelle esecuzioni fuori scena. Aleggia una costante drammaticità, volta a risaltare appieno il sinfonismo, indiscusso protagonista di Tosca. Ben eseguito il mattutino, giocato su realistiche stereofonie simulanti lo scampanio speranzoso delle parrocchie sorelle su cui si afferma perentorio quello di San Pietro.

Ancora una volta eccellente la prova del coro. Bravi le voci bianche del Coro A.d’A.MUS, diretto da Marco Tonini.

Applausi calorosi per tutti all’ultima recita del 25 agosto da parte dell’Arena quasi al completo.

Luca Benvenuti

 

Tosca
Melodramma in tre atti
Musica di Giacomo Puccini
Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dall’omonimo dramma di Victorien Sardou
Personaggi e interpreti (secondo cast):
Tosca: Ainhoa Arteta
Cavaradossi: Aleksandrs Antonenko
Scarpia: Boris Statsenko
Angelotti: Romano Dal Zovo
Sagrestano: Nicolò Ceriani
Spoletta: Antonello Ceron
Sciarrone: Marco Camastra
Un carceriere: Omar Kamata
Un pastorello: Emma Rodella
Direttore: Antonino Fogliani
Regia, scene, costumi e luci: Hugo de Ana
Orchestra, coro e tecnici dell’Arena di Verona
Maestro del coro: Vito Lombardi
Coro di voci bianche A.d’A.MUS, diretto da Marco Tonini
Foto Ennevi

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