Visioni dal Mondo Fluttuante: “Hokusai – Sulle orme del Maestro”

Data:

Museo dell’Ara Pacis, Roma. Fino al 14 gennaio 2018

Ukiyo-e: tradotto dal giapponese significa “immagini del mondo fluttuante”. Tale espressione si riferisce all’incessante e inarrestabile flusso del divenire che muove la nostra realtà, la quale non è altro che transitorietà, mondo dell’effimero, mondo della vita che passa, mondo dell’”impermanenza”. Con ukiyo-e si indica un movimento artistico fiorito in Giappone tra l’inizio del XVII secolo e la fine del XIX secolo (rinato, poi, a partire dal XX secolo), caratterizzato dalla realizzazione di opere pittoriche mediante la tecnica di stampa xilografica aventi come temi prediletti, in netta contrapposizione rispetto ai soggetti tradizionali dell’arte giapponese, immagini della vita quotidiana e del mondo contemporaneo: paesaggi, Natura (animali, fiori, cascate, monti, isole…), scene di vita in città (i divertimenti, gli attori del teatro kabuki, i lottatori di sumo, le cortigiane, i quartieri di piacere, l’erotismo…), mestieri (pescatori, agricoltori).

Katsushika Hokusai (1760-1849) è stato senz’altro uno dei maggiori esponenti dell’ukiyo-e. Amatissimo da Van Gogh (giusto per citare uno dei più illustri tra i numerosi colleghi occidentali che lo stimavano), Hokusai deve buona parte della sua fama internazionale alla celeberrima opera La grande onda presso la costa di Kanagawa (meglio nota, più semplicemente, come La grande onda), appartenente al ciclo delle Trentasei vedute del monte Fuji. Ma Hokusai, nel corso della sua lunga esistenza, è stato molto altro. Il suo percorso artistico, caratterizzato da fasi ben distinte tra loro e scandite dai vari pseudonimi adottati di volta in volta dall’artista, ha affrontato, letteralmente, tutto lo scibile umano, tanto che Hokusai è stato accostato, non a torto, al nostro Leonardo Da Vinci.hokusai_sulle_orme_del_maestro

Curata da Rossella Menegazzo, la mostra Hokusai – Sulle orme del Maestro ha il pregio di mettere in luce la straordinaria poliedricità dell’artista proponendone circa 200 opere (100 a rotazione, comprendenti molte silografie policrome, ma anche dipinti su rotolo in carta di seta, disegni e schizzi su carta), suddivise in cinque sezioni tematiche, che abbracciano tutta la carriera di Hokusai, fornendo al visitatore una giustificazione più che valida sul perché Bruno Munari abbia speso l’aggettivo “leonardesco” a proposito del Maestro nipponico. Oltre alla Grande Onda (1830) e al quasi altrettanto famoso Fuji rosso (o Giornata limpida col vento del sud), dell’Hokusai paesaggista troviamo, insieme ad altre Vedute del monte Fuji (come Il lago di Hakone nella provincia di Sagami) e allo splendido rotolo (mai giunto prima in Italia) Il monte Fuji al tramonto, una selezione dei luoghi naturali più suggestivi del Giappone: cascate (cito almeno La cascata di Ono lungo la strada Kiso), ponti (con la serie Vedute insolite di famosi ponti giapponesi), isole, fiumi, villaggi costieri. Ma c’è spazio anche per l’Hokusai didattico dei quindici volumi (tutti presenti nell’allestimento) dei Manga, cioè raccolte di bozzetti e schizzi su qualunque tema disegnabile (ritratti, caricature, paesaggi, animali, oggetti, figure fantastiche…) realizzati allo scopo di insegnare le regole della pittura sia agli artisti che ai semplici appassionati; c’è l’Hokusai sensuale dei ritratti di bellezze femminili (le cortigiane del quartiere di piacere di Yoshiwara, ma anche geishe e donne comuni) e quello “proibito” degli shunga (“immagini della primavera”, eufemismo dell’atto sessuale, cioè immagini erotiche esplicite) raccolti nel volume Germogli di pino nel primo giorno del topo (conosciuto anche come Spasimi d’amore), tra i quali spicca l’incredibile, conturbante Piovre e pescatrice di awabi (noto anche come Il sogno della moglie del pescatore); c’è l’Hokusai dei surimono (“cose stampate”: biglietti augurali, calendari e inviti recanti scritte e simboli benauguranti) e dei ritratti caricaturali (su rotolo) di personalità note dell’epoca (attori kabuki, artisti); c’è, infine, l’ultimo Hokusai, “il vecchio pazzo per la pittura” -per sua stessa definizione- impegnato a catturare l’essenza della natura attraverso ritratti e studi di animali (ancora su rotolo verticale) spesso carichi di forti valenze simboliche (Carpa e tartaruga, Gallo e gallina appollaiati su un tamburo da guerra, Aquila su un ramo innevato) e antropomorfi (come la splendida Tigre fra i bambù, del 1839, messa a confronto con l’altrettanto meravigliosa Tigre fra i bambù che guarda la luna piena realizzata una ventina d’anni prima).

Accanto alle opere di Hokusai la mostra propone, in una sorta di confronto, i lavori di alcuni discepoli ed estimatori, tra i quali spiccano senz’altro quelli di Kesai Eisen (1790-1848), allievo ideale -ma non diretto- di Hokusai, e da lui profondamente influenzato. La maestria di Eisen emerge, in particolare, nella sensualità e raffinatezza dei numerosi ritratti di donne (cortigiane, geishe), con l’innovativa fusione tra bellezza femminile (mostrata in primo piano) e scorci paesaggistici (raffigurati sullo sfondo come quadri appesi alle pareti o decorazioni di ventagli: un originale omaggio rivolto a Hokusai, come ben si può notare in Yamashita in Shitaya e Koriyama in Oshu), e nelle abunae (“immagini pericolose”: raffigurazioni amorose che suggeriscono attività sessuali senza mostrarle esplicitamente). Peculiare, in molte silografie di Eisen, è anche l’utilizzo del blu di Prussia -arrivato dall’Europa nel 1830- come colore predominante; ne è un valido esempio la notevole Cortigiane e loro assistenti presso un accampamento temporaneo.

Hokusai – Sulle orme del maestro è una mostra davvero imperdibile per chiunque ami la cultura giapponese, e un ottimo modo per cominciare a conoscerla. Tra i tanti meriti di Hokusai, se non bastasse tutto ciò che ci ha lasciato, c’è anche il suo ruolo di ispiratore e precursore –e non certo solo per essere stato uno dei primi a utilizzare la parola manga– dell’odierna arte del fumetto giapponese (manga, appunto), ormai conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, ma che senza Hokusai e gli altri maestri dell’ukiyo-e, probabilmente, non sarebbe stata la stessa.

Francesco Vignaroli

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