La sofferenza solitaria del creatore della psicoanalisi nello svelare le ferite dell’anima

Data:

In scena al Teatro Strehler di Milano dal 23 gennaio all’11 marzo 2018

Due dettagli in apertura tracciano le importanti direttrici lungo cui si sviluppa lo spettacolo Freud o l’interpretazione dei sogni di Stefano Massini, in scena al Teatro Strehler di Milano dal 23 gennaio all’11 marzo 2018.

La musica del valzer e le immagini di fine 800 della Vienna serenamente danzante rievocano l’atmosfera di una città di quasi due milioni di abitanti, centro della civiltà artistica e letteraria dell’Europa Centrale, stabile, sicura, fiduciosa nel progresso, leggera nelle sue frivolezze. A questa spensieratezza musicale fa seguito il registro differente del brano Verklarte Nacht (La notte trasfigurata) di Arnold Schonberg a suggerire l’avvento delle grandi rivoluzioni, in una effervescenza culturale che coinvolgerà musica, arte, teatro, scienza, e che vedrà la nascita e il diffondersi di fotografia e cinema. Ma anche di una nuova disciplina: la psicoanalisi di Sigmund Freud che sia appresta a infliggere una dolorosa ferita al narcisismo dell’uomo, di cui emergono la malattia e le ferite profonde dell’anima.

La seconda direttrice è l’accostamento, accanto al Freud che ha successo, che comprende, che innova, della persona Sigmund tormentata da dubbi, frustrazioni per gli insuccessi, disorientamento per il mondo sconosciuto in cui muove i primi passi. Nella prima scena, infatti, Freud inizia a raccontare un proprio sogno (lucertole d’inverno in un giardino innevato), ma via via sente l’esigenza irresistibile di completarlo di un numero sempre maggiore di dettagli visivi ed emotivi, in una ripetizione che è un chirurgico sezionamento, alla ricerca di un senso altro rispetto alle apparenze. Compariranno diverse volte nella piece le lucertole di questo sogno, a segnalare la difficoltà di penetrare i significati reconditi. Una difficoltà, una sofferenza, una angoscia resi figurativamente dalla scena finale del primo atto in cui Fabrizio Gifuni/Freud  procede completamente nudo (di certezze) in mezzo a un corteo funebre (la morte delle vecchie sicurezze?).

freud-gallery6-850_originalLa scena è un ampio spazio su cui si aprono una decina di porte. Simboli sin troppo evidenti delle varie aperture (e chiusure) della mente, dei pensieri, delle molteplici realtà. I casi narrati sono quadri di incontri con i pazienti che spesso virano in scontri aspri (in diversi setting il dialogo avviene tra due persone fisicamente ai due estremi della scena), segnati da un inevitabile sarcasmo di fronte alla continua, insistita, ossessiva negazione del “senso dei sogni” da parte dei pazienti. In un caso, addirittura, un marito, rispetto ai sogni della moglie, non si pone l’obiettivo di comprenderne il significato, ma molto più sbrigativamente di evitarli del tutto. E’ una umanità sorpresa di se stessa, dell’emergere di una parte incomprensibile, di cui racconta le grida clandestine di una anima bambina che grida la propria impossibilità a tenere il passo che la società impone. E’ il drammatico contrasto tra i ruoli sociali imposti e il nostro sentire più profondo, tra la vita vissuta e quella voluta.
Il sogno è di fatto una macchina teatrale che rappresenta un dramma onirico.

Tra tutti casi, uno è particolarmente suggestivo.
La sorella di una donna che ha recentemente perso un figlio, apprendendo da Freud che nei sogni si celano i nostri desideri, non riesce a darsi pace. Continua infatti a sognare con gioia i funerali dell’altro figlio della sorella. “Come è possibile?” si domanda straziata.
Nei colloqui terapeutici emerge tuttavia con faticosa lentezza (in mesi e mesi !!) la figura di uomo che la paziente si è impedita di amare. Un conoscente incontrato l’ultima volta proprio ai funerali del nipote. La gioia del sogno era dunque quella di avere una occasione fortuita (e quindi senza responsabilità) per un ulteriore incontro. E non certo dal desiderio di vedere morire un altro bimbo. Uno svelamento affascinante !

A volte i dubbi che attraversano la mente di Freud vengono messi in bocca ai pazienti. Dubbi laceranti di “utilizzare” in realtà i casi, di “nutrire” il proprio interesse scientifico, anziché essere animato dal desiderio di alleviare le sofferenze. Dubbi di godere del piacere (del desiderio) del controllo e della padronanza delle situazioni.

Non è dunque un Freud solo vincente che indaga e scopre infallibilmente, ma un uomo alla ricerca di un linguaggio sconosciuto, non solo del sogno e dell’inconscio ma anche del mondo e della realtà.

Di grande suggestione la chiusura dello spettacolo. Mentre via via appaiono in scena i vari personaggi, si accendono le luci in sala. Il pubblico può così vedersi riflesso nel grande specchio apparso in fondo alla scena, come mischiato insieme con i personaggi, a sottolineare quella interazione, quella compartecipazione tra spettatori e attori che rappresenta una delle ragion d’essere del teatro.

Guido Buttarelli

Freud o l’interpretazione dei sogni
di Stefano Massini

riduzione e adattamento Federico Tiezzi e Fabrizio Sinisi
regia Federico Tiezzi

con (in ordine alfabetico) Umberto Ceriani, Nicola Ciaffoni, Marco Foschi, Giovanni Franzoni, Elena Ghiaurov, Fabrizio Gifuni, Alessandra Gigli, Michele Maccagno, David Meden, Valentina Picello, Bruna Rossi, Stefano Scherini,  Sandra Toffolatti, Debora Zuin

scene Marco Rossi, costumi Gianluca Sbicca
luci Gianni Pollini, video Luca Brinchi e Daniele Spanò
movimenti Raffaella Giordano, preparazione vocale Francesca Della Monica
trucco e acconciature Aldo Signoretti

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

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