“Voices” di Rodolfo Montuoro. Un semplice album o un’opera d’arte?

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La copertina di Voices, ultimo album di Rodolfo Montuoro che uscirà il 27 aprile 2018, dice già tutto. Si vedono due statue arcaiche, circondate da una luce concentrica color fantasia, la quale illumina le figure, intingendole di una cromia virtuale e dal sapore contemporaneo. Così è la copertina e così la musica del cantautore italiano, dove la classica poesia delle parole si sposa con la modernità musicale, che oscilla tra l’elettronica e i ritmi tribali. Nel disco sono presenti dieci brani (Fall City (Elegia), Africa (La rosa nera), Samael, Noop, He’s Lost, Le metamorfosi, Occidente, Blood Story, Zelig e Passi), più un bonus track, una Fall City in una rivisitazione realizzata con Roberto Pedicini.

Nel complesso si parla di amore, di vita, di antico che si unisce all’attuale e Montuoro lo fa proprio accostando uno stile tradizionale, che è quello delle bellissime parole di questi pezzi, delle volte delle vere e proprie poesie recitate e non cantate, con un accompagnamento sonoro, per contro, proiettato nel futuro dei suoni e anche dei colori – non a caso la dicotomia tra Africa e Occidente. Più che un normale album, per la sofisticatezza che lo contraddistingue, Voices è una vera e propria opera d’arte visiva, letteraria e musicale; è una performance di alta qualità e con profondi significati, un qui e ora che delizia chi può beneficiarne, purché gli si riservi un attento ascolto.

Stefano Duranti Poccetti

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