“Amleto + Die Fortinbrasmachine”: l’evoluzione della macchina scenica

Data:

14 e 15 aprile 2018, al Teatro Vascello di Roma

Muller ha liberato i personaggi dell’Amleto dal loro autore, fuori dai ruoli, umanizzati nella sofferenza e nel desiderio assopito e li ha presentati alla Germania del ‘70. Fortebraccio Teatro libera lo spettacolo Hamletmachine, spezzandolo e riprogrammandolo in una nuova macchina per farlo incontrare all’Italia di oggi.

Dell’Amleto rivive il tracciato umano ambiguo e insicuro, dell’Hamletmachine la progettazione narrativa, la decostruzione intellettuale.

Amleto + Die Fortinbrasmachine vuole essere un significato e apparire un significante, vuole smascherarsi mentre si nasconde.

Il multiforme Roberto Latini nel caratteristico trasformismo vocale, aiutato da microfoni, megafoni, amplificatori e modulazioni vocali interpreta ed è la voce di Fortebraccio (l’erede al trono del principato di Danimarca). Il personaggio che si muove in penombra dell’Amleto per diventarne re tra i morti. Lo sguardo interno la cui tragedia non è stata raccontata, un altro orfano, come Amleto, come Ofelia e Laerte, come l’uomo che si sente abbandonato da Dio.

Latini AmletoIn kimono da teatro Kabuki dichiara il personaggio di “non essere Amleto”, allora “dov’è lo spettacolo?”, a cosa stiamo assistendo? Un viaggio, una trasformazione in forme di un’anima sola a cui è stato privata la possibilità d’amare.

Un cerchio luminoso si accende e scende la pedana dal suo interno, sembra una navicella spaziale venuta a portare un messaggio di speranza. Invece attiva l’attore che si spoglia delle vesti giapponesi per perdere la testa. Non extraterrestri ma un coro di “Pater! Pater noster, qui es in cælis” un incontro divino, dove il comico rimane pronto ad ascoltare parole che non vengono pronunciate.

Ofelia appare sulla pedana che si alza in aria, è Latini, che tiene dinanzi un bianco vestito alla Monroe, che sventola. Un’altra anima lasciata sola, senza amore.

Solo è anche Roy Batty di Blade Runner nel suo celebre commiato in cui si prepara a morire. Lo vediamo nel televisore che entra su un carrello e si ferma al centro, mentre Latini fa le parti del diavolo, l’angelo cacciato dal cielo.

Latini pronuncia e non recita “essere o non essere”, perché non è dubbio, è scelta, è il volto di Yorick, ormai teschio, che Amleto trovò. La scelta è tra lottare o arrendersi, tra chi è vivo e chi è morto. Lo scherzo del destino, Yorick, il buffone di corte, morto e oggettivato.

Morti tutti i volti nell’Amleto e i vivi ancora restano ad ascoltarti, come fa Latini con la maschera del teschio sul volto seduto affianco a un’armatura sulla sedia a rotella. Lui è Amleto, racconta la sua storia che riporta l’attore con dei “bla bla bla”.

Guardiamo il passato, come Müller ha fatto con Shakespeare e la compagnia Fortebraccio con Müller. Come loro lo dobbiamo prendere e superare, così dei figli che perdono i padri diventano nuovi padri.

Così forse la nostra generazione può superare il proprio passato e gli italiani potranno essere pronti a riqualificare la società.

Federica Guzzon

di e con Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci e tecnica Max Mugnai
drammaturgia Roberto Latini, Barbara Weigel
regia Roberto Latini
movimenti di scena Marco Mencacci, Federico Lepri, Lorenzo Martinelli
organizzazione Nicole Arbelli
foto Fabio Lovino
produzione Fortebraccio Teatro
in collaborazione con
L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino
ATER Circuito Regionale Multidisciplinare – Teatro Comunale Laura Betti
Fondazione Orizzonti d’Arte
con il contributo di
MiBACT
Regione Emilia-Romagna

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