Ritorna a Trieste il TACT Festival: un’edizione matura grazie a un’offerta varia e di livello sempre maggiore

Data:

Assistere a uno spettacolo è sempre una scommessa che si capisce di aver vinto solo dopo essere tornati a casa, quando ci si rende conto di aver ricevuto qualche ora di nutrimento per l’anima o di più semplice svago dello spirito.

Le eventuali presentazioni o articoli di critica possono costituire al più un mero punto da cui partire, un innesco organizzato che favorisca riflessioni personali anche discordi, sperabilmente autonome e libere da pregiudizi o da idee stereotipate. Niente che sia stato scritto può aver valore assoluto e definitivo e se ciò vale per qualsiasi evento o installazione artistica, è maggiormente vero quando si affronta il teatro perché in questo caso è ogni singola replica ad essere unica, risultato di un’alchimia creata da gruppo di persone sul palcoscenico che in un “qui e ora” si confronta con uno specifico ambiente fisico (ogni sala è diversa) e umano (il pubblico cambia ogni volta).

Detto questo, chi ha seguito dal principio alla fine la V edizione del TACT Festival, svoltosi a Trieste dal 19 al 26 maggio 2018 ha avuto la rara possibilità di essere esposto a una vera e propria raffica di proposte provenienti dalle nazioni più diverse e lontane collezionando in pochi giorni il raro ascolto di un numero considerevole di lingue: serbo, lituano, spagnolo, italiano, sanscrito, francese, fārsì, latino e russo.

Preceduto dai tre eventi rappresentati in luoghi non tradizionali per una messinscena (The ground under di Ivo Huez, Omaggio a Gillo Dorfles di Massimo Finelli, Tesla, l’uomo che inventò il XX secolo di Barbara Sinicco) e da cinque spettacoli realizzati dai diversi corsi del CUT (Centro Universitario Teatrale) e in collaborazione con il Teatro degli Sterpi (La non storia-teatro per bambini, C’era una volta e mezzo, Icaro, Le nozze dei piccoli borghesi, Opera panica), il TACT è stato annunciato alla città con l’Art Pride (l’allegra e colorata parata con musica, danza e la giocoleria con il fuoco di Yassin Kordani che ha attraversato anche quest’anno il centro cittadino) per aprirsi finalmente con il vivacissimo concerto della Wassagushevi Afrobalkan Orchestra, incontro degli ottoni macedoni diretti da Koco “Džambo” Agušev con le percussioni africane di Gianni Lauvergnac.

A partire da lunedì 21 maggio si è entrati nel vivo della manifestazione teatrale. Ogni spettacolo è stato proposto nella lingua parlata dalle diverse compagnie e sovratitolato in italiano ein inglese, alternando il più raccolto spazio del Ridotto con l’ampia Sala Grande del Teatro Sloveno di Trieste._3FS4694-1

L’Academy of Arts Belgrade (Serbia) ha proposto Split (regia di Nebojša Dugalic), cinque quadri tratti da una diversa opera della letteratura mondiale, tutti aventi al centro una rottura, una lacerazione, una divisione profonda; paradossalmente, proprio queste fratture dolorose sono servite a legare le sofferenze interiori dei personaggi con situazioni esterne sempre più problematiche in un clima di forte violenza agita, vissuta come modalità naturale di interrelazione.

Il Theater Teomai (Lituania) ha offerto Memorie dal sottosuolo di Födor Dostoevskij (regia di Silva Krivickiene) e per la seconda volta in una stessa giornata si è ascoltato l’Otche Nash (la versione in slavo ecclesiastico antico del Padre nostro, comune nelle liturgie di tutti i popoli slavi). In una scenografia essenziale si svolge il quasi monologo del protagonista sospeso dai brevi interventi degli altri personaggi, come lui “disabituati alla vita”, che accompagnano il dramma esistenziale in atto con un’ideale processione dotata di accentuata spiritualità.

L’umana esperienza appare in tutt’altra veste nella piéce Piso 35 (35° piano) da Analía V. Márta (regia di Leticia Tómaz) presentata dal Grupo Subsuelo Teatro (Argentina). Vi è esposta la situazione comica e surreale di cinque dipendenti di un’azienda in cui tutto ruota in modo superstizioso intorno al numero 35. Uno di loro, si scoprirà, è affetto da narcolessia “la malattia dei sognatori” che permette di sospendere, di staccare la spina per un po’. Appaiono in scena situazioni oggi universali, comuni a tutte le latitudini e la lingua spagnola a noi vicina aiuta a confondere le acque finché le battute sugli “sgombri”, definiti “pesci orientali”, riportano alla mente la reale provenienza della compagnia, esempio fra i tanti a testimoniare la magica atmosfera che pervade l’intero Festival.

Le suggestioni fiabesche tanto delicate e un po’ noir di molta letteratura britannica hanno dominato Mary Rose (regia di Diana Höbel) da James Barrie, l’autore di Peter Pan e portato in scena dai padroni di casa del CUT che hanno esaltato i toni poetici e visionari grazie a uno stile di recitazione appropriato al senso ultimo del testo, specie nella conclusione realizzata in modo toccante e simbolicamente forte.

Altro ancora è emerso dalla visione della Danza Odissi (India) realizzata da Pratibha Jena Singh, Raudri Singh e Bhumikeshwar Singh. Il canto in sanscrito e la musica tradizionale hanno costituito il tessuto narrativo su cui si è espressa la coreografia degli interpreti secondo gli schemi classici di una cultura a noi lontana, popolata da divinità maschili (artefici di scontri) e femminili (come l’acqua fonti di ogni vita, donatrici e sostenitrici, ma anche potenti distruttrici). Gesti eseguiti in forma rituale, enfatizzati dal suono dei sonagli portati alle caviglie, hanno accompagnato una mimica del volto la cui esasperata espressività ricordava l’iconografia classica presente in molte immagini riscontrabili in tanta arte figurativa del subcontinente indiano e portando gli spettatori in una dimensione per molti nuova e affascinante.

L’italiano Marco Chenevier è stato protagonista indiscusso di Quintetto, originalissimo spettacolo teatrale senza rete (la conseguente mancanza di sovratitoli è stata abilmente superata dall’alternare, da principio a fine, le battute in italiano con l’immediata traduzione in inglese da parte di Chenevier stesso), frutto di calibrata improvvisazione e intelligente coinvolgimento del pubblico del tutto necessario alla messinscena. Senza alcuna precedente preparazione, alcuni spettatori sono stati invitati ad essere parte attiva in qualità di tecnici delle luci e del suono cui è stato dato il compito di decidere autonomamente quali musiche avrebbero supportato la coreografia e pure di danzatori incaricati di accompagnare l’intensa esibizione solistica di Marco Chenevier che, in un’ora e mezza di divertimento puro e con evidente competenza tecnica, ha smontato la macchina teatrale per rimontarla, pezzo dopo pezzo, assieme a chi è di solito abituato ad assistere passivamente al risultato finale.

L’intento di proporre testi antichi al pubblico di oggi è ciò che anima Le Groupe de Théâtre Antique

(Svizzera) che ha scelto e tradotto in francese il Satyricon di Petronio Arbitro, unendo lo spirito classico con un’estetica contemporanea.

_3FS4519_00001Darkness, la Carbon Theatre Company (Iran) si è rivelato un esempio di grande teatro, dotato di una potente forza drammaturgica e interpretativa. Gli autori Ali Hataminehad e Raoof Dashti hanno creato un testo di grande impatto emotivo ispirati alla vicenda storica di Nader Shah Afshar, conquistatore persiano attivo nel XVIII secolo, contemporaneo dello zar Pietro il Grande scegliendo il periodo finale della sua esistenza, dominato da atrocità estreme compiute nel vano tentativo di mantenere saldo il proprio potere. La regia di Abdollah Barjaste ne ha tratto una lettura di una tale intensità da renderla mitica nel senso classico del termine, complice la presenza in scena di una lunga vasca rettangolare riempita d’acqua.

Ànima Eskola (Spagna) si è proposta con L’Ispettore generale da Nikolaj Gogol (regia di Marina Shiminskaya) facendo emergere quanto sia sottile in ogni tempo la linea fra menzogna e verità, fra ciò è falso e ciò che è vero.

La Class of Cserhalmi György (Ungheria) ha portato invece uno spettacolo di danza ispirato ai versi medievali dei Carmina Burana. Gli interpreti hanno mescolato coreografie e recitazione a musica dal vivo focalizzandosi sulla parte dei testi dedicati all’erotismo e alla sensualità espressi in modo naturale e spontaneo senza mai essere volgare, creando un assieme coeso e in totale sintonia.

Nell’ultima giornata del Festival si sono viste due compagnie già presenti, assieme al gruppo indiano, nel corso dell’edizione 2017 del TACT: la Compagnia napoletana Itinerarte, con Canticopera dall’opera del drammaturgo Annibale Ruccello mancato prematuramente nel 1986 e i russi dello Studiya.Project che quest’anno hanno portato Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov.

Il già intenso programma è stato ulteriormente arricchito da laboratori sul teatro tenuti da registe italiane e straniere, incontri di commento assieme alle compagnie sugli spettacoli del giorno prima, degustazioni di vini del territorio, una mostra fotografica dedicata a una compagnia di danza regionale e tanta musica.

Giovani, tanti giovani provenienti da paesi, culture ed emisferi diversi hanno convissuto per una settimana studiando e confrontandosi sul tema comune delle arti performative.

Si sono conosciuti facendo, dopo essere stati selezionati tra una cinquantina di candidati.

Sotto il comune cappello del teatro hanno avuto la possibilità di comprendersi meglio nelle specifiche diversità culturali e sociali; partendo da radici diverse si sono incontrati grazie al comune linguaggio di chi ha imparato a stare in scena per misurare le proprie forze interiori ed esteriori, davanti a un pubblico che qui era costituito in maggioranza da altri come loro, tecnici attenti e competenti con i quali scambiarsi di posto in un dialogo ininterrotto, privo della pressione data dal competere per vincere qualcosa.

In una società come quella attuale che pur senza ideologie chiaramente definite spinge a prender parte tra opposte fazioni, a costruire muri e a mettere sotto i riflettori le differenze con il fine di separare, grazie all’instancabile gruppo degli organizzatori è stato possibile vivere per una settimana in una realtà del tutto diversa, satura di una sana atmosfera in cui a dominare sono stati il rispetto, l’ascolto e l’attenzione verso le proposte offerte dagli altri.

Paola Pini

Trieste, Teatro Stabile Sloveno
Dal 19 al 26 maggio 2018
TACT – Festival Internazionale di Teatro – V Edizione
 www.tactfestival.org
  Le foto dell’articolo sono di Fabiana Stranich

Seguici

11,409FansMi Piace

Condividi post:

spot_imgspot_img

I più letti

Potrebbero piacerti
Correlati

Arte da mangiare

  Il fumo è l'indizio di gusto assortito Il naso si...

Neyda Escobar se posiciona con su tema promocional “Gracias”

La cantautora mexicana Neyda Escobar nos presenta un extraordinario...

JENNIFER MAZZA, QUANDO LA FOTOGRAFIA E’ SENSUALITA’

Impossibile dimenticarsi i suoi lineamenti, le sue curve, i...

”Don’t talk to me in my sleep”, come risolvere i conflittuali rapporti familiari?

Al Teatro Vascello di Roma, FUORI PROGRAMMA- Festival internazionale...