A tu per tu con Cinzia Sità. Direzione Cortona per Secret Pieces

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Cinzia Sità è una performer formatasi con i nomi più prestigiosi del teatrodanza internazionale. Cofondatrice del collettivo FamigliaFuchè, lavora da tempo con la Compagnia Sosta Palmizi, con la quale collabora al progetto Secret Pieces, in programma a Cortona i prossimi 2 e 3 agosto. Ascoltiamola.

Cinzia, partiamo dalla tua formazione. Hai frequentato le personalità e le scuole più importanti di teatrodanza, come Carolyn Carlson o il Tanztheater di Pina Bausch. Cosa hanno significato per te queste esperienze?

In realtà, la mia formazione ha avuto un percorso piuttosto insolito. Mi considero un’autodidatta. Sono sempre andata alla ricerca di un mio percorso personale che si avvicinasse ai miei bisogni e che mi potesse allontanare anche da certi pregiudizi culturali. Prima di scegliere di diventare una danzatrice professionista ci ho messo un bel po’ e già da piuttosto adulta. E quando è stato il momento di scegliere se diventare una docente di lettere antiche o seguire il mio sogno di sempre, la vita ha fatto sì che potessi abbracciare questa strada, imboccarla con tutti i suoi pro e contro, ma felice di questo gran salto nel vuoto. La mia laurea in Lettere Antiche mi ha consentito di accedere previo audizione al Biennio di Coreografia diretto da Adriana Borriello, presso l’Accademia Nazionale di Danza a Roma, e durante questo Biennio, per merito, venne data a me e ad altre colleghe, una borsa di studio a Wuppertal. Lì il grande incontro con Pina Bausch e con il suo mondo. Dalla sala dove avvenivano le sue creazioni agli uffici dove si lavorava a 360 gradi su tutto, fino alla cena nel suo ristorante preferito, italiano per di più. Con Carolyn Carlson qualche anno dopo in una masterclass a Venezia e poi a Parigi, nel suo Atelier, dove ogni anno organizza delle classi a cui si accede tramite una selezione. E, in quell’occasione, lei mi ha poi offerto la possibilità di incontrare la sua Compagnia a Roubaix, nei giorni di riallestimento di uno spettacolo di sole donne, Inanna. Avvicinarsi a queste due personalità, guardarle da vicino e osservare anche il modo in cui si rapportavano agli interpreti delle loro creazioni, attento e pieno di amore e cura, è stato un dono prezioso che ha nutrito il mio desiderio di avanzare in questo cammino. È stato come saggiare un po’ le fonti e le origini di tutto ciò che oggi conosciamo nella danza contemporanea. Toccare con mano la storia di un certo modo di concepire il movimento e l’arte della coreografia.

Foto Fenia Kotsopoulou

Gradualmente è venuta a formarsi la tua idea di danza e nel 2011 è nato il collettivo FamigliaFuchè.

FamigliaFuchè è stato l’INCONTRO, in assoluto, uno dei più importanti e forti per la mia crescita artistica e umana. Ed è stata la risultante di un’altra bellissima tappa della mia vita artistica, l’incontro con Raffaella Giordano. Dopo il Biennio di coreografia all’Accademia Nazionale di Danza, infatti, ho frequentato questo altro Biennio per le Scritture della danza contemporanea, di cui Raffaella era direttrice e creatrice. Si svolgeva in due sedi, a Moncalieri, presso il Teatro Stabile di Torino (l’allora direttore era Mario Martone) e a Mondaino presso il Teatro Dimora diretto da Fabio Biondi. Due anni in cui ho messo in crisi la mia visione della scena, della danza, del movimento, dell’essere artista, del concepire una coreografia. Essere in questo micromondo, dove la diversità era un nutrimento e non qualcosa da cui fuggire, ha rivoluzionato il mio modo di guardare le cose. Eravamo 11 universi diversi che mai avresti potuto immaginare potessero convivere e agire in uno spazio comune. Sotto la guida di Raffaella questo è stato possibile. Assaporare i silenzi, la paura e il tremore della vicinanza all’altro da sé, guardarlo negli occhi per un tempo, che sembrava infinito, offrire di sé quel che c’è, senza aggiungere orpelli, ha significato per me, imparare a prendersi cura di un movimento interiore e intimo, riconoscerlo e lasciargli respiro, perché potesse diventare un gesto o una danza, o una semplice presenza che risuoni nello spazio. Con FamigliaFuché abbiamo fatto esperienza di tutto questo. Lo spettacolo lo creavamo davanti al pubblico, ognuno di noi aveva delle tracce, dei segni o gesti, o parole o canti, che potevano essere messi in gioco. O anche capitava che non si creavano affatto gli spazi perché questo accadesse, ed eravamo obbligati a stare in quel qui e ora e pronti ad accogliere l’imprevisto. Ora ci siamo sciolti. Ma si sono create delle collaborazioni tra alcuni di noi. E si lavora insieme anche rivestendo ruoli diversificati.

In qualità di autrice hai creato spettacoli come Medea, nel luogo della mia memoria, lavoro sostenuto da Sosta Palmizi. Che cosa ricerchi attraverso le tue creazioni? Quali sono le tematiche a te care?

Il lavoro su Medea è stato innanzitutto il mio lavoro di tesi a conclusione dei due anni in Accademia. Il mio relatore, Enrica Palmieri, attuale direttore dell’Accademia Nazionale di Danza, è un’antropologa. E io in questo studio avevo il desiderio di mettere in gioco i miei due percorsi, quello accademico di Lettere Antiche e quello artistico, chiamando in causa anche il testo greco di Euripide, recitato in metrica. Ed è stato anche un lavoro antropologico, di ricerca e investigazione tra le storie delle donne della mia famiglia. Un bel viaggio, insomma. Da lì Raffaella vide una prova di questa discussione e decise, con Giorgio, di sostenere questo progetto. In quel contesto, ciò che mi interessava, era arrivare a una forma di insieme, su cui potere incidere una scrittura chiara e precisa, mettendo insieme più piani e linguaggi diversi: dall’uso del corpo al gesto danzato, dall’uso del testo all’uso della voce, per me dimensione assolutamente nuova e in germoglio. Sento di non aver ancora concluso Medea, che ancora mancava un pezzo del cammino. Ma sono andata avanti nel frattempo, lavorando molto come interprete per altri coreografi e progetti di collaborazione che mi vedono anche lavorare dietro le quinte. E poi tre anni fa sono stata invitata da Carlotta Scioldo ed Erika De Crescenzo a prendere parte a un progetto residenziale, che si chiama RicercaX, a Torino, in cui ho dato l’avvio a un nuovo lavoro, Willin’_resting practice, in cui mi è interessato investigare su una pratica somatica e su un metodo di trasmissione di questa pratica. Diciamo che al centro del mio interesse, in genere, è il corpo e le variabili che vengono messe in campo a determinare la trasformazione del suo muoversi interno ed esterno, come materia fisica che si pone in dialogo con altra materia visibile e non.

Il 2 e 3 agosto a Cortona farai parte del progetto a cura di Sosta Palmizi, Secret Pieces. Di cosa si tratta e chi sono gli altri artisti coinvolti?

Sono in compagnia di due autrici e interpreti meravigliose, Cecilia Ventriglia, con cui ho già collaborato in passato per Arezzo Wave in interventi danzati a cura della Sosta Palmizi, e nella produzione Sulla Felicità di Giorgio Rossi. E poi Francesca Antonino, che ha aperto con Olimpia Fortuni la scorsa stagione di Invito di Sosta. Con loro due in questi giorni stiamo un po’ tracciando le fila di questo Secret, sotto la guida di Raffaella Giordano anche, che ci porta alla scoperta di angoli nascosti e un po’ segreti di Cortona. Avremo le nostre tracce e schiuderemo piccoli mondi peculiari, ognuno con un colore diverso. Saremo accompagnate anche da delle bimbe, che durante lo scorso anno hanno frequentato incontri con Cecilia per iniziarsi a un’educazione giocosa del movimento.

A proposito di questo abbiamo il piacere di poter ascoltare anche Francesca Antonino, anche lei come detto tra gli artisti invitati da Sosta Palmizi.

Secret Pieces è un itinerario poetico per le vie di Cortona, organizzato da Sosta Palmizi, che ha invitato me (Francesca Antonino), Cinzia Sità e Cecilia Ventriglia. Il pubblico verrà accompagnato silenziosamente per le vie della città, osserverà gli accadimenti, si soffermerà in alcuni luoghi nei quali si manifesteranno piccole danze, apparizioni e sparizioni. Un regalo per noi molto prezioso la presenza di Raffaella Giordano, che ci accompagna in questo cammino.

Francesca, tu su cosa stai lavorando in questo periodo?

In questo periodo sono coinvolta come autrice e interprete in GRANITO, un progetto performativo a tre mani del collettivo Munerude, composto da me, Laura Chieffo e Ilaria Quaglia. La prossima settimana saremo in residenza presso Spam!/Aldes a Porcari e a settembre continueremo la creazione a Pesaro, per Hangart fest, con una restituzione del work in progress a fine residenza. Parteciperemo anche a Nuove Traiettore, all’interno di Vetrina Anticorpi. In autunno si dovrebbero attivare per me delle nuove collaborazioni e progetti, ma è ancora tutto in via di definizione e scaramanticamente non ne parlerei…

Ritornando infine a te Cinzia… che progetti hai per il futuro?

Per il prossimo futuro ho diversi progetti che mi vedono coinvolta come coreografa di un’opera lirica diretta dal regista Raffaele Di Florio, come interprete per Amina Amici, in Luci di Carne e come dramaturg per Do Animals Go to Heaven?, lavoro per cinque interpreti di Olimpia Fortuni.

Stefano Duranti Poccetti

Foto in copertina di Valentina Pascarella

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