“Tamerlano, l’ultima notte”. Testo di Enrico Bernard

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Dal romanzo Tamerlano di Enrico Bernard

PROLOGO  (voce registrata su immagini tratte dall’opera lirica „Tamerlano il grande“ di Haydn)

Qui si narra la vita di un uomo eccezionale e terribile: Tamerlano , il creatore di Samarcanda, il conquistatore del mondo.
Tamerlano fu un emiro di stirpe turca,  erede e successore dei conquistatori mongoli che, calando nel primo Duecento con Gengis Kahn dall’Asia centrale in quella Anteriore, devastarono e terrorizzarono il mondo musulmano. Fattisi poi musulmani essi stessi, fondarono in Persia ed Iràq dinastie di sultani, mentre a Oriente, col gran Qubilai, estesero il loro impero sulla Cina.
L’avventura di Tamerlano abbraccia tutta la seconda metà del Trecento: dalla nativa Transoxiana (quello che oggi è l’Uzbekistan sovietico), l’onda di questo turco-mongolo conquistatore dilagò per l’Asia, a Oriente verso la Cina, a Occidente verso il Mediterraneo.
Ciò che di essa più colpì i contemporanei e i posteri fu la sua rapida violenza, e le immani stragi che l’accompagnarono: da Samarcanda a Damasco, la conquista di Tamerlano si fondò su fiumi di sangue e, letteralmente, su torri o piramidi di teste umane troncate.
Egli fu certo un flagellum Dei nelle sue sterminatrici conquiste; ma allo spirito di cruenta violenza si unì in quel barbaro un singolare amore e desiderio dell’arte. Ovunque arrivava il suo dominio era sua cura raccogliere e deportare verso Samarcanda architetti, decoratori, miniatori artisti, per abbellirla e dotarla di tesori più durevoli dei massacri che la conquista costava.

Tamerlano morì nel 1405 mentre preparava una spedizione contro la Cina.

SCENA I

NARRATORE   Palazzo di Timur a Samarcanda, sala del trono anno 1404. La sala é affollata di dignitari, vassalli, ambasciatori straneri. Timur siede sul trono e poggia i piedi sulla schiena di nobili prigionieri a carponi che si danno il cambio. Ad un dignitario turco ne succede uno giorgiano e poi un rincipe russo. Timur é ormai vecchio, i suoi occhi sono semichiusi, la sua barba bianca é rada e le sue mani tremano reggendo un enorme Corano che ha in grembo. Voi spettatori immaginatevi la scena come se fosse quella di un film. Non vi inganni la povertá della rappresentazione spartana che consentono i nostri modesti mezzi, bensí, come dice bene il grande Shakespeare, moltiplicate per mille i cavalli e i soldati… anzi immaginateveli proprio da zero, perché non abbiamo neppure quelli da offrirvi… e al posto degli squilli di tromba che annunciano il grande e potente Tamerlano, contentatevi di questa modesta trombetta pensando peró che sia un’intera orchestra di fiati! (soffia in una ridicola trombetta di carnevale che emette uno strano suono)

VOCE FUORI CAMPO   Il grande Emiro, conquistatore del mondo,  Timur, dá inizio al ricevimento degli ambasciatori stranieri.  L’ambasciatore dell’Imperatore Cinese Vu é ammesso al cospetto dell’onnipossente emiro Tamerlano.

Si fa avanti l’ambasciatore con quattro scatole di diversa grandezza.  E’ una scena comica. Inciampa e le fa cadere. Le raccoglie e poi le posa davanti al leggio del Narratore, sbagliando persona.  Il Narratore fa cenno di no, si é sbagliato, Tamerlano é l’altero personaggi oassiso  al centro. Il cinese si mette un paio di occhialetti guarda e riguarda in giro,  alla fine porta una dopo l’altra le scatole ai piedi di Tamerlano. Il quale giá indispettito gli fa cenno di parlare e di sbrigarsi.

 

CINESE  Sua Maestá l’Imperatore cinese Vu, sovrano del Celeste Impero, non sa con quale titolo rivolgersi al sovrano di questo paese. Il nostro imperatore Vu proviene dalla dinastia Ei, mentre il vostro sovrano proviene da una stirpe di allevatori di bestiame… la tribú Barlas.

Timur impallidisce ma si domina  e solo le mani poggiate sul Corano sono scosse da un tremito.

TIMUR    Il mio titolo é splendente, ma possiedo ventisette nazioni, mentre molti discendenti del Khan versano in miseria e sono ignoti a tutti. Il vostro stesso Imperatore Vu da giovane era il monaco Ciuan-cian e adorava gli idoli. Ha meno diritti di governare la Cina di quanti ne abbia io che ho conquistato il mondo….

CINESE S plendente Timur, consentitemi,  per proseguire la nostra piacevole conversazione, di  accendere, secondo il costume cinese, i bastoncini d’incenso… l’aroma dell’incenso in una stanza é uno die piú seducenti piaceri dello spirito. Noi li accendiamo sempre quando porgiamo i nostri doni.

TIMUR  fa un cenno di assenso e il Cinese accende alcuni bastoncini.

CINESE  Il nostro imperatore Vu ha ricacciato da Pechino in Mongolia l’ultimo imperatore discendente da Gengis Kahn, Kublai. E  se voi, splendente Timur, erede di quei Mongoli, vorreste tornare da noi come viaggiatore e non come conquistatore sanguinario, trovereste nel nostro paese molte cose degne di attenzione. Potreste godere della bellezza della montagna fiorita. Potreste bere sotto gli alberi in fiore una tazza della nostra bevanda, il thé. E poi,  dal rifugio chiamato Delle bianche nubi  vedreste uno specchio d’acqua trasparente e senza fondo in cui nuotano pesciolini d’oro.

TIMUR  Che vuol dire tutto questo?

CINESE   Vuol dire che i conquistatori vengono e vanno, mentre la Cina resta come un osso duro e indigesto per loro. Ora, splendente Timur, accetta i nostri doni e rifletti sul loro significato. Splendente Timur, il nostro imperatore Vu mi prega di riferirivi quanto segue.

TIMUR   Sentiamo.

CINESE   (apre una scatola e ne tira fuori un cucciolotto di pezza)   Dall’aspetto si direbbe che tu sia vecchio, hai la barba rada e bianca e mani tremanti, ma a giudicare dai tuoi pensieri, sei un bambino  se desideri conquistare la nostra Cina e perció ti serve un compagno di giochi. L’Imperatore cinese ti dona questo cucciolotto.

(apre una seconda scatola senza attendere la reazione di Timur) Splendente Timur, l’Imperatore Vu ti dona questa frusta, in quanto sei un bambino  viziato e , come tale, devi essere educato. E perció accetta questa frusta come simbolo della tua educazione.

(apre la terza scatola e ne tira fuori una palla di pezze colorate) Splendente Timur, il nostro imperatore Vu ti invia questa palla perché tu abbia un modo degno di tenerti occupato insieme ai tuoi briganti immaturi quanto te, e  non ti lasci trasportare dai tuoi assurdi progetti da assassino inveterato e massacratore di popoli

(apre la quarta scatola)  Splendente Timur, l’Imperatore cinese Vu ti invia una scatola piena di monete d’oro e d’argento. Abbiamo sentito che ti preparavi a venire in Cina per derubarci delle nostre ricchezze. Ebbene sappi  che il nostro imperatore ha tanti guerrieri che é impossibile contarli, come é impossibile contare i granelli di sabbia, ed ha tanto oro ed argento che ci si puó ricoprire tutta la superficie della terra. Perció l’imperatore cinese ti invia una scatola d’oro e d’argento perché tu possa saldare i conti con i tuoi compagni di razzie e abbandoni la peranza di saccheggiare la cittá altrui. (Pausa) L’Imperatore mi prega anche di riferirti questo messaggio…  (srotola una pergamena)

Ascolta il mio ordine, brigante sanguinario Timur, e resta a casa tua il nostro paese é protetto dalla Gialla Gru imperiale che volteggia nei nostri cieli. E  tu barbaro selvaggio vorresti conquistare il nostro paese? Rivolgiti altrove. Il nostro imperatore porta il nome di Djen che significa Io. Mentre tu sei uno die tanti  nomadi pezzenti che pascolano pecore per ogni dove…

TIMUR  (Lo interrompe alzandosi di scatto in piedi)  Fedeli Mussulmani, perché siete cosí turbati da questa bizzarra ambasciata, neanche essa possedesse una propria forza? Ci sono cani che non possono azzannare con la forza del corpo e l’acutezza die denti; e allora si mettono ad abbaiare a piú non posso, come se il loro abbaiare fosse testimonianza di forza. Se davvero i Cinesi hanno un grande esercito, ció significa solamente che dovremo combattere con coraggio, come abbiamo fatto con altri nemici. Quanto a coloro che hanno recapitato questa lettera, prendeteli, legateli e conduceteli alla crocefissione. Inchiodateli alla croce anche se non sono Cristiani, perché per noi Mussulmani, la crocefissione é la condanna a morte piú vergognosa.

CINESE   Grande emiro, che cosa abiamo fatto di male, perché tu ordini di darci morte cosí crudele? Noi ti abbiamo solo portato una lettera altrui ed abbiamo eseguito l’altrui ordine.

TIMUR    Della vostra morte incolpate l’Imperatore cinese e non me! L’Imperatore cinese ha inviato questo messaggio come se si rivolgesse a un brigante e non a un sovrano. Ebbene, io mi comporto con voi da brigante e non da sovrano!

CINESE  (spaventato) L’Imperatore  ha scritto senza sapere nulla. Noi invece possiamo vedere che non abbiamo a che fare con un impostore o con un malandrino e comprendiamo con quale grande sovrano abbiamo a che fare.

TIMUR Se queste sono le vostre parole, accetto i vostri regali e scriveró una risposta. Ordino che sia cucita a filo d’oro sul tuo corpo nudo e che tu sia condotto dal tuo imperatore con le mani legate.

CINESE   Meglio il dolore della morte.

TIMUR  Imperatore cinese Vu! Tu mi hai inviato un cucciolotto, una frusta e una palla al solo scopo di deridermi. Ma io ho accettato i tuoi doni come buon auspicio. Il cucciolotto mi ha ricordato la mia casa paterna, dove sono stato nutrito e dove mi é stato insegnato che sarei stato il signore del mondo. La frusta l’ho presa per colpire i nemici e ridurli in schiavitú con le mie stesse mani. Con la palla mi hai annunciato che possiederó l’universo intero, poiché  l’universo ha appunto una forma di sfera. Un altro grande segno tu mi hai inviato attraverso la scatola contenente monete d’oro e d’argento. Hai profetizzato la tua stessa sottomisione a me! E una volta sconfitto, tu mi verserai i tributi.

Comincia a tremare. Sto arrivando!

CINESE  (a parte al pubblico) Il suo pensiero é ancora sensato e chiaro, ma le forze lo hanno ormai abbandonato, non riuscirá ad avere la meglio sulla Cina. Solo dieci giorni a cavallo, ma la neve il gelo e la resistenza die popoli delle montagne  lo bloccherá nel Taskent. Non riuscirá neppure a vederla di lontano la Grande Muraglia.

SCENA II

IL NARRATORE

Taskent, montagne, sera 1405. Il vento ricopre di neve i cadaveri. Il sangue si rapprende rapidamente in ghiaccio rosso. I soldati, malamente vestiti, sono sferzati dal vento gelido.

Nella sua tenda  Tamerlano steso  su un giaciglio da campo, sofferente.

Una musica di origine mongola giunge dall’accampamento.

Alcune ombre si stagliano sulla parete alla luce di un fuoco all’esterno.

Il vento  ricopre di neve le torri di ghiaccio formate dalle teste tagliate, cementate saldamente una all’altra dal sangue raggelato.

PRIMA VOCE  Sentite? Questo non é il vento che soffia, é il maledetto Timur che sbuffa come un cane, non riesce a tirare l’ultim respiro.

SECONDA VOCE   Ora geme sotto le coperte come un cucciolo bagnato.

TERZA VOCE  Grande finché dura la grandezza… Temur significa „ferro“ che però a sua volta invecchia, arrugginisce e si spezza…

PRIMA VOCE   Ma il suo nome vero, lo sapete tutti anche se finora avete avuto paura di dirlo,  è Temur-Leng, ovvero Timur lo Zoppo.

SECONDA VOCE  Dicono che la ferita alla gamba non gli si sia mai rimarginata da quando era ragazzo… ed ora cadendo da cavallo si é riaperta.

TERZA VOCE Il suo pensiero é ancora sensato e chiaro, ma in realtá le forze lo stanno abbandonando.

PRIMA VOCE   Era giá crepato. Lo avevamo messo nella tomba, ma da quella tomba si levava un tale fetore che le forze celesti hanno ridato vita a quel maledetto e loh anno gettato nel fuoco della febbre perché soffrisse piú a lungo.

SECONDA VOCE Le forze lo abbandonano non credo che gli restino piú tre giorni di vita.

PRIMA VOCE   E ora fa zoppicare anche noi… decimati dalle epidemie, bloccati dalle sue febbri su queste montagne impervie ed ostili… Un esercito sterminato ridotto a cantare a suon di colpi di tosse e sternuti… massacrati dal freddo e dalle malattie…

TERZA VOCE  Davanti a  noi le fertili pianure cinesi di Kashgar. Basterebbe allungare la mano per prendere la Cina…

SECONDA VOCE   Timur è malato da tempo, ha preteso troppo dalla sua salute, doveva lasciare il trono ai suoi figli che avrebbero  portato a termine il suo sogno dell’Impero della via della seta dal cuore dell’Europa, l’Asia intera,  fino alla Cina!

PRIMA VOCE   Se io fossi uno dei suoi figli o dei suoi nipoti… avendo accesso al suo capezzale…

TERZA VOCE  La guardia imperiale non ammette al suo cospetto neppure noi generali per il suo divieto di farsi vedere nel suo miserevole stato!

SECONDA VOCE  Gli pianterei un coltello nel petto e prenderei il potere, ecco l’ho detto.

TERZA VOCE   Zitto generale, potrebbero sentirti!

PRIMA VOCE   Però bisogna fare qualcosa, non possiamo aspettare di morire appresso a lui in questo buco di culo del mondo!

SECONDA VOCE  Dobbiamo escogitare un piano.

TERZA VOCE   Venite, andiamo a parlare in un luogo sicuro.

SCENA III

Le ombre svaniscono. Timur si lamenta come se le voci dei tre generali continuassero a perforargli i timpani. Si leva a sedere come colto da un raptus.

TIMUR    Vi sento! Continuo ad udirvi anche se vi siete nascosti

            sottoterra come vermi. Le vostre parole sono ostili squilli

di tromba o minacciosi rulli di tamburo che sfidano i miei timpani

come gli striduli gridi degli avvoltoi che mi circondano!

E la mia pazienza lascia il posto ad una violenta furia

che sta tracimando rabbia come un fiume in piena!

Cani della steppa, facce da volgari ladri di polli, maiali!

Come osate sperare che le mie ossa marciscano in tomba

Maledetti! Verrà prima la vostra di morte.  Io guarirò, giuro,

solo per tagliarvi la gola, mozzare le vostre teste esibendole

sui pali della vergogna davanti alle vostre vedove sgualdrine

e ai vostri bastardi che estirperò dalla faccia della terra

come piante velenose che infestano il regno di Allah…

Crolla ansimante. Entra Kasja. Reca una bevanda calda.

KASJA   Calmati, Timur!  Questi accessi ti fanno salire la febbre.

            Penserai a loro al momento giusto, quando guarirai…

TIMUR  Quando guarirò!?… mai!… il dolore è insopportabile, non riesco a muovermi….

 Ogni giorno è peggio, un passo dopo l’altro verso il baratro. Ormai è

finita per me, ma prima mi sbarazzerò di quei cani rognosi e delle loro cagne.

Se solo potessi respirare a pieni polmoni e urlare tutta la mia ira!… (tossisce)

KASJA    Allah è grande, non disperare.

TIMUR   Che ne sai tu di Allah, figlia della Siberia, terra estrema ai confini del nulla, non

            dovresti neanche pronunicare il suo  nome.

KASJA    Allah è misericordioso.

TIMUR   Ma io no. Non lo sono mai stato.

KASJA   Timur, il terrore del mondo!

TIMUR   Tu però non mi temi.

KASJA  (dopo una pausa)  Ti ho portato un infuso di erbe.

TIMUR   Non ho fame. Non ho sete. Avrei solo voglia, non so neppure io di cosa….

KASJA   Hai sudato molto, bevi, ti fará bene… l’ho già assaggiato io, è sicuro. L’ho preparato

            con le mie mani.

TIMUR   (bevendo)  Mi vogliono avvelenare, lo sai?

KASJA   Chi?

TIMUR  I miei generali, sentono odore di carogna, la mia!

            So quello che pensano, ciò che progettano di fare.

            Sono consapevoli del mio rapido declino. In breve

            si aprirà la corsa alla mia successione, al trono

            dell’immenso impero che fu già di Gengis Kahn

e che io, Tamerlano il grande, ho esteso sulla terra.

(una pausa, ascolta)

Li senti?  Io sì:  percepisco i loro bisbigli, i loro belati

di pecorelle che credono che il lupo cattivo sia andato

via e che ora possano brucare liberamente l’erba

dei giardini di Samarcanda. Ah, si illudono forse, ma

si ritroveranno appese ad un gancio da macellaio:

non lo scettro ma un pugno di sabbia avranno in mano.

Intanto sognano di potersi spartire il mio trono,

però non fanno che tramare l’uno contro l’altro:

credono di potersi trasformare da pecore in lupi

affamati per accaparrarsi i pezzi migliori e più succulenti

del pasto che come belve contendono a belve.

Ma sono capre e grassi pecoroni castrati: non sanno

essere altro, così finiranno per sbranarsi tra loro… li senti?

KASJA  Sento solo i lamenti dei tuoi soldati malati che il colera

            la peste e altri terribili malanni stanno decimando…

TIMUR   I soldati sono sempre morti:  in battaglia, nelle marce

            lunghe e faticose, assassinati  dai commilitoni per aver

barato al gioco dei dadi o in qualche altro modo…

i soldati sono fatti per morire, sono nati solo per questo:

misere pedine di un disegno piú grande di loro.

La loro voce é flebile come il ronzio di una mosca.

KASJA  Allora di chi dovrei sentire la voce?

TIMUR   Dei traditori. Die miei generali che non vedono l’ora

            che io tiri le cuoia per farsi miserabili sovrani di insulsi

            regni di cui la storia non ricorderà neppure il nome.

            Li senti? Ascoltali bene, capirai a che cosa sto alludendo.

            Uno sbatte il pugno sul tavolo: pretende la penisola indiana,

            l’altro la Mongolia e l’Uzbekistan compresa la mia Samarcanda.

            E ancora si contendono la Persia e la penisola araba.

            Il Nordafrica e la penisola iberica, i Balcani fino a Vienna…

KASJA   E la Siberia?

TIMUR  La tua Siberia non la vuole nessuno, troppo fredda

            e troppo lontana la tua terra madre. La vuoi forse tu?

KASJA  Io?

TIMUR  Te la concedo, sarai la sovrana del rozzo popolo della tundra,

            dove le donne come te han gli occhi verdi come tigri siberiane

            e la pelle morbida come  la pelliccia della volpe dal pelo bianco.

            Te la concedo come ultimo atto d’amore della mia esistenza

            che ha conosciuto più il colore del sangue che battiti del cuore.

            La vuoi? Ormai mi resti solo tu, la fanciulla dagli occhi di ghiaccio

            e il corpo dal dolce sapore di miele che ammansisce l’orso feroce.

KASJA  Deliri. La febbre ti sta salendo di nuovo, bevi l’infuso finché caldo.

TIMUR  Tamerlano, il terrore di Dio, costretto a bere una schifosa brodaglia e a prendere

 ordini dalla sua schiava… Sic transit gloria mundi, dicevano i latini…

KASJA   In battaglia gli ordini li dai tu, quando stai male prendo il comando io.

TIMUR  Allora hai perso la tua battaglia con la mia salute, generale!

KASJA   Bevi!

Timur sorseggia, poi riprende:

TIMUR    Guardami! Sono ridotto a mangiarmi le ossa in cui

            si annida il mio male, un male che corrode e fa marcire

lentamente e inesorabilmente l’invincibile Tamerlano

come se fosse un tronco divorato dalle termiti.

            La debolezza è uno stato per me inaccettabile,

            piuttosto che sentirmi così preferirei essere trafitto

da mille frecce lanciate dal nemico… questi aculei

nel mio corpo che i tuoi maledetti uguenti da strega

non riescono minimamente a lenire… bada a te,

tu non sai di cosa posso essere capace quando…  (tossisce)

KASJA   Lo so di cosa sei capace, ti conosco da tempo, so bene  chi sei.

            Ero ancora bambina quando mi rapisti strappandomi dalle braccia

            di mia madre, dalla mia famiglia, dalla mia gente… che facesti

            decapitare a migliaia per poi formare con le loro teste

            orribili cumuli di morte, piramidi grandanti sangue, gli occhi

            spalancati nell’orrore, il cuoio capelluto strappato come si fa

            con gli animali selvatici, le lingue mozzate dalle bocche…

            ho imparato così a conoscerti e ad odiarti immensamente!

TIMUR  Così  tu… anche tu mi odi?

KASJA   Di più. Odio è una gentile parola amorosa, un fiore nel campo

            della mia repulsione totale che provo nei tuoi confronti: sei

            solo un maledetto assassino…

TIMUR  Dì sterminatore, piuttosto.

KASJA  Che differenza c’è?

TIMUR  L’assassino ha un fine bieco, oppure non ha neppure quello:

            uccide per il solo gusto di uccidere. Io non ho mai provato

            pietà per nessuno, lo ammetto, ho massacrato donne, vecchi,

            bambini, ma neppure ho sofferto del minimo rimorso perché

            sono loro, i morti, che hanno liberamente deciso il loro destino.

            Ho sempre lasciato una libertà di scelta, una via di salvezza,

            alle popolazioni assediate. Potevano decidere di convertirsi

            all’Islam, la mia religione, e sottomettersi a me… oppure cercare

            di resistermi, ed allora scattava la punizione divina… si condannavano

            da soli, mettevano volontariamente la testa sotto la scure. Anche

            la tua gente ha osato resistermi cercando di ricacciarmi indietro,

            cercando di indebolirmi con una continua guerriglia ai fianchi

            del mio esercito. Per questo ho sterminato il tuo popolo,

            affinché sia scritto per sempre nel marmo che a Tamerlano

            ci si sottomette senza indugio, oppure le donne verrano stuprate,

            bambini e neonati squartati come zucche, gli uomini arsi vivi

            e i vecchi acellati con i coltelli affilati con cui nella steppa

            si aprono le gonfie pance dei bovini per frollarne le carni.

KASJA   Per questo ti odio talmente che non so, ti giuro non so,

            dove quest’odio abbia fine e cominci al suo posto qualcosa

            che mi terrorizza come se fosse il polo opposto…

TIMUR   Che cosa c’è di opposto all’odio?… L’amore, forse?

            O non piuttosto la paura. Anche se, lo sai, a te non torcerei

mai un capello.

KASJA  L’opposto dell’odio?  Ah, se soltanto lo sapessi,

il suo nome! Ma è soltanto una percezione

            che non posso descrivere con le parole della tua lingua.

            Nella mia infatti la parola „amore“ si traduce con „non odio“.

TIMUR  E perché ti fa paura questo sentimento?  In fin dei conti

è normale.  Si ha paura di ció per cui si prova qualcosa.

KASJA   Perchè non posso, anzi non voglio „non odiarti“, ma

… più ti odio  e più  non posso fare a meno di amarti.

E’ un circolo vizioso che non riesco a spezzare.

TIMUR   Ricordi quel giovane Veneziano, il nipote di Polo, che accolsi a corte

tanto tempo fa?  Voleva riaprire la via della seta dopo le

devastazioni di Gengiz Khan.  Una sera nei giardini di Samarcanda

alla fine del banchetto in suo onore lesse, eri presente anche tu,

i versi di un poeta latino, un Romano di nome Catullo, ricordo

in particolare un verso, odii et amo… perché lo faccio, tu mi domandi.

Non lo so, ma sento che mi succede…

 

KASJA  E questo sentimento

si trasforma in tormento.

TIMUR    Allora accetta la Siberia in cambio di questo immenso

„non odio“ che ti tormenta come se fosse il suo opposto.

KASJA  La mia patria?  Non me la ricordo piú tanto bene

 Ricordo solo immagini confuse di quando ero bambina….

TIMUR   Una bambina con gli occhi verdi di tigre e i dentini affilati:

            mi mordesti una mano come un cucciolo selvatico quando

ti sollevai in braccio mentre stava venendo il tuo turno

sotto la scure del boia…

KASJA  Sì, la mia terra da allora è solo questa tenda, come la gabbia

            dorata in cui si rinchiude un animale esotico per vederlo crescere.

            È come se fossi nata qui dentro, non conosco altro mondo

            all’infuori  di questo spazio circoscritto che è come una bolla

            di sapone che ti segue ovunque il tuo sguardo miri nuove conquiste.

TIMUR  Ho smesso di mirare, la mia vista si è affievolita come la candela

            consumata dal fuoco. Il mio corpo é molle come la cera

 che tiene ancora viva la fiammella che sta per esuarirsi.

KASJA  Il Padrone del mondo è dunque ora signore solo di questa piccola

            bolla di sapone in cui è rinchiuso con la sua schiava,

            mentre i suoi generali si spartiscono il suo regno tra urla

            ed insulti al suo stesso nome ancor prima che  sia seppellito?

            E tu, il conquistatore della terra, permetti questo sacrilegio,

            questo scempio, questo oltraggio alla tua regale persona?

TIMUR   Bisogna sempre accettare il volere di Allah che grande mi fece

            per la sua gloria ed ora mi annienta nel suo misterioso disegno.

KASJA   Su, bevi ancora qualcosa, questi infusi di erbe siberiane

            che mi sono giunte dai lontani confini dell’impero allevieranno

            le tue sofferenze e ti faranno stare meglio anche con la mente.

TIMUR  Droghe? Intrugli di streghe? Guarda che non intendo rinunciare

            alla mia luciditá, non voglio essere cullato dal mortale sopore

            che spegne il barlume di potenza che ho ancora dentro.

            Preferisco piuttosto montare a cavallo e raggiungere da solo

            l’altro capo del mondo per potermi buttare giú nell’infinito.

KASJA  Bevi. Se sono veramente una strega lo saprai presto

quando la medicina avrà fatto il suo effetto. Quanto

            alla tua luciditá, per ora di lucido hai soltanto  lo sguardo

`           che la febbre annacqua  come se gli occhi fossero pieni

            di lacrime che non riescono a colar giú perché troppo ostinate.

Timur beve.

TIMUR   Lo sai che non mi fido di nessuno, specialmente ora che tutti

            mi vogliono morto perchè sanno che il leone ridotto allo stremo

            delle sue forze non può più azzannare che l’aria  che respira.

KASJA   Neppure di me ti sei mai fidato?

TIMUR  Certo che no! Neanche di te, anzi soprattutto di te, eppure sei la persona

che negli ultimi dieci anni della mia vita mi è stata più vicina, per me

            sei come una figlia, un’amante… un sogno, un’illusione…  come se fossi

il prodotto finale dell’intera creazione!

KASJA   Addirittura!

TIMUR    Proprio per questo ti temo, perché non riesco a considerarti come

una creatura uguale alle altre, ma una specie di alter ego che mi vede

vivere… ancora per poco… e giudica col suo metro ogni mio atto.

KASJA   Ecco vedi, le erbe stanno facendo il loro effetto. Ti senti improvvisamente

            rilassato come se i muscoli avessero rilasciato le tossine da cui sono

            infetti e la mente, ora scioltasi dai vincoli che la tenevano legata al corpo

che non percepisci più, potesse liberamente vagare nello spazio e nel tempo.

TIMUR  Strega!

KASJA   Ascolta Timur, ascolta la voce che ti parla come se scendesse dal cielo.

            Io sono solo un’intermediaria fra te e la volta stellata i cui sguardi ammirati

            sono fissi su di te, il conquistatore del mondo, colui che portò sulla terra

            l’universo intero fondendolo in un solo splendido regno ai piedi del trono

            di Allah.

Non ti perdere nel buio della notte e nel silenzio dei defunti!

Non smarrirti nel vuoto che ti ubriaca come una bevanda proibita!

Resta con me, in questo „qui e ora“ in cui tu sei ancora quello che sei.

TIMUR  E che cosa sarei secondo questa tua bella favola che mi riguarda?

KASJA (dopo una pausa come per raccogliere le forze, ascolta per un istante le lontane

melodie che provengono dal campo e  sussurra)

Dove nei tempi passati pascolavano gli armenti

negli sconfinati spazi della steppa mongolica,

là dove il cielo sfiora gli altopiani che sembrano

dipinti con pennelli di nuvole – ora candide ovatta,

ora minacciosamente tinte di cobalti anneriti

come mostri marini sprizzanti saette – tu facesti

sorgere come dal nulla una civiltà più che maestosa.

TIMUR  Continua. È come se vedessi quello che dici.

            Come se fosse presente davanti ai miei occhi.

            Percepisco con tutti i miei sensi i profumi,

            le essenze, gli odori delle spezie essiccate

al sole, riesco a vederne persino gli sgargianti colori!

KASJA  Le guglie delle moschee di Samarcanda riempirono

            quel luogo desolato ai confini del mondo, i minareti

            e le cupole d’orate rispecchiarono lo splendore del sole!

            I silenzi delle sconfinate praterie sferzate dai venti

            si trasformarono come d’incanto in fruscii di farfalle,

            dolci note e armonie che, accompagnate dallo scroscio

delle fontane dai mille zampilli di acque e riflessi di luce,

innlzavano il canto del mujadini all’orecchio di Allah.

(spegne una candela soffiando, Timur si agita)

TIMUR  Perchè hai spento la candela? Il buio mi attanaglia.

            E questo maledetto vuoto che mi sento dentro…

            È come la morte che  sorprende  il dormiente nel sonno.

            Ma io non ho ancora finito con me stesso,

            la vita mi deve ancora minuti, ore, giorni preziosi

            per portare a compimento la mia storia nel mondo.

KASJA  La storia, anche la tua, segue un percorso non dettato da te.

            Si chiama destino e sottosta ad una volontà superiore che tu

            non puoi far altro che accettare senza opporti  a niente del fato.

            Perchè altrimenti commetteresti un sacrilegio inaudito

            e saresti dannato in eterno dal Sovrano dei cieli: nessuna

            potenza terrena, per quanto imperiosa e terrificante, può

            ardire di attribuirsi un sia pur pallido barlume divino.

TIMUR  Bella consolazione! Io Tamerlano il Grande, creatore di civiltà,

            fondatore di imperi, ecco che  cosa mi resta: un mucchio di ossa

            marce, carne che si stacca a pezzi dallo scheletro e una corona di

            argilla sul teschio che andrà dissolvendosi in tanti granelli di sabbia,

            tanti quanti sono i frammenti del tempo di questo assurdo universo!

KASJA  Ma  il tempo si può fermare con un trucco.

TIMUR  Fermare il tempo… già!  un gioco da ragazzi secondo te!

KASJA   Eppure si può.

TIMUR   Mi piacerebbe sapere come.

KASJA   Con un chiodo.

TIMUR   Un chiodo?

KASJA   Sì, hai capito bene, un semplice chiodo piantato qui

            nella mente per fissare l’attimo in cui, chi lo vuole,

            può decidere di fermarsi per sempre. Rinchiusi

            là dentro, tra le pareti invalicabili di quel punto

            invisibile del tempo che non è, non è stato e che

            non sarà mai, il tempo smette di scorrere perchè

            si dimentica di noi. Così esso è fermo dentro di noi

            come noi siamo fermi dentro di lui, fissi per sempre.

TIMUR  Che vuol dire tutto questo? Mi stai rimbambendo di chiacchiere

o sono le tue  droghe a farmi capire cose diverse da quelle che dici?

 KASJA  Ricorda, Timur, ricorda. Devi cercare dentro di te

            esattamente quel punto, il punto in cui come dice Lucrezio

non c’è nulla – eppure proprio lí in quello spazio infinitamente

piccolo é racchiuso l’inifinitamente grande dell’universo. Come

l’odio e l’amore che sono opposti ma non separati,  anche il finito

e l’infinito si rincorrono come partoriti dalla stessa cucciolata.

TIMUR   Che strano paragone, parli da rozza contadina ma pensi come se

            conoscessi la filosofia di Democrito.

KASJA  Infatti non la conoscono. La mia é pura immaginazione.

TIMUR  Mi sovvengono i versi di Omar Khalajan,

il più grande poeta islamico di lingua araba di tutti i tempi.

            Alcuni sospirano per le glorie di questo mondo,

            altri per il Paradiso del Profeta che verrà,

            tu invece goditi gli spiccioli che ti restano in tasca

e rimetti i crediti ai tuoi debitori senza badare

al rullo di Tamburo lontano che come un tuono…

 

            Dovresti ricordarli, me li facevo sempre recitare a corte.

KASJA  Ricordo bene,

            O mia amata, riempi la coppa che sgombra l’oggi

            Dai rimpianti passati e dai timori futuri:

            Domani! Chissà! Domani forse sarò

            Io stesso di settemila anni più vecchio!

 

            Le sue parole sono un raggio di luce il buio infinito.

TIMUR  Donna! Quando la tua dialettica diventa retorica vuol dire

            che stai covando qualche tradimento e usi giri di parole affinché

            il soffio apparentemente innocuo del serpente sia velenoso

come la veritá che sputi fuori… Di che infinito parli, dunque?

Di un infinito che però è solo un’illusione della mente…

            O, ancora una volta, delle tue droghe e alchimie da strega!

KASJA  Illusione, sì, è la parola giusta. Ma cosa non lo è?

            Tutta la tua vita non è forse stata un’illusione,

            un vuoto rincorrere per stringere poi un pugno di sabbia?

Sii felice per un attimo: questa è la vita.

            Castelli in aria, parassiti che  aspettano solo di mangiarti il cuore,

questa  è la vita. Ma – come dice il Poeta –   se trovi in essa

un momento in cui riesci a cogliere un senso, un significato profondo

in uno sguardo, in un gesto, in un sentimento, allora, fissandolo

con quel chiodo immaginario, puoi proiettarlo all’infinito come

una fionda che lancia un sasso nello spazio ove,  in mancanza di aria,

proseguirà la sua traiettoria – me lo ha spiegato un uomo di scienza

alla tua corte –  senza alcun limite.

TIMUR   Come si chiama questo  scienziato che osa

esplorare i più reconditi segreti della natura?

Anche Omar Kajan fu matematico e astronomo e disse:

Hai visto il mondo e ciò che hai visto è nulla,

Nulla è ciò che hai detto o sentito.

Hai elevato la testa fino ai più alti orizzonti,

E quel nasconderti in casa, anche quello è nulla.

KASJA    Ulug Beg. È  il tuo figlio maggiore.

TIMUR  (allarmato) Dov’è? Chiamalo, voglio vederlo, ho bisogno di lui.

Devo parlargli. Subito. Sono  in pericolo, vedo serpenti dovunque.

Me li sento strisciare addosso. Vermi, vermi su tutto il corpo…

KASJA  Calmati è solo una sensazione che sembra reale.

TIMUR  Voglio mio figlio!

KASJA  Ulug Beg è  rimasto a Samarcanda per tenere il trono in tua assenza.

TIMUR  Ed io dove sono? Perchè fa così freddo? Ricordo

che a Samarcanda il clima è più dolce di un frutto…

KASJA  (Come ipnotizzandolo)

            Ricorda, Timur, abbandonati al dolce ricordo sui versi di Omar…

Lo splendore della luna, con la sua luce, ha dilacerata la veste della notte; bevi vino, ché un momento simile non è possibile trovare; sii lieto e pensa che molti splendori di luna verranno l’un dopo l’altro sulla faccia della terra.

TIMUR  I giardini di Samarcanda… quante volte ho percorso quei sentieri

            di morbido muschio in compagnia del mio Poeta preferito.

KASJA  I profumi di fiori accarezzano l’olfatto come

            le corolle grondanti  rugiada dai petali

            innaffiano il morbido prato gocciolando

            distillati di effluvi che inebriano lo spirito.

Comincia a danzare davanti a lui.

            Le danzatrici del ventre ti circondano

            sventolandoti intorno i veli leggiadri

            e l’odore del loro corpo sudato e carico

            di unguenti si mischia al sapore della notte

            che porta dai monti  i pollini dei muschi

            afrodisiaci; e i sensi dolcemente si perdono

nel sonno della morbida coltre di tenebra …

Mentre continua a danzare viene disturbata da alcune voci concitate all’esterno.

Allora la danza si fa piu veemente con gesti quasi rabbiosi come ad imporre il silenzio.

PRIMA VOCE   La notte gelida e silenziosa è propizia all’azione.

SECONDA VOCE   La guardia reale di Timur si è addormentata.

TERZA VOCE    La pozione soporifera ha fatto effetto.

PRIMA VOCE   Dobbiamo agire ora.

INSIEME   Tamerlano deve morire stanotte.

Kasja, impugnata una spada, trasforma la sua danza in un combattimento corpo a corpo con le ombre invisibili.

KASJA   Cani rognosi, escrementi satanici! Come osate attentare alla vita del Re,

            di colui che da pezzenti pastori di pecore e vacche vi ha trasformati

            in condottieri di un esercito temuto da tutti e benedetto da Allah!

            Tirate ora fuori denti ed artigli perché il vostro Signore è debole,

            incapace di difendersi… a lui basterebbe uno sguardo per annientarvi!

            Così le jene, gli avvoltoi e le altre odiose creature della terra e  del cielo

            pretendono il loro pasto di sangue e di carni strappate coi velenosi

            morsi dell’abominio e del tradimento. Ma non avrete nessuna soddisfazione.

            Non sazierete il vostro trucido appetito di potere perché questa è la spada

            che Allah forgiò per lui e che da la forza a chi la impugna di difenderlo

            con la veemenza e il coraggio di cento uomini armati e addestrati.

Timur ha un sussulto.

TIMUR   Che c’è che succede?  Chi è là?  Guardie!

KASJA  Fuori di qui, tutti fuori, non avvicinatevi alle spoglie imperiali del grande

            Tamerlano, non siete degni neppure di annusare le sue scorregge!

            È vero: egli giace in un letto di morte e consunzione, il sudore freddo

            gli bagna le membra ed emana un odore nauseabondo che sembra

            anticipare la putrefazione imminente del suo corpo, quando sarà

            venuto per lui il momento di esalare l’ultimo terreno respiro. Ma questo

            è il volere di Allah che tutto predispone per la sua gloria, non certo

            una vostra stolta decisione che porterebbe l’impero alla rovina.

Guardatevi! Ma guardatevi,  luridi imbrattatori di fetide latrine!

State spalmando  sul pavimento escrementi che  colano dalle armature!

            Siete più impauriti dei galletti da spennare, basta appena una donna

            come me che vi agiti una spada sotto il naso e ve la fate sotto come

            pusillanimi o come un branco di elefanti impauriti da un topolino

            che squittisce credendo di possedere il ruggito di un leone. Vergogna!

            E sareste voi gli eredi dell’impero costruito da Tamerlano, voi le colonne

            della gloria di Allah!?  Ma se non siete neanche capaci di tentare

            un assalto ad una schiava isterica che urla e sbraita e non ha più

un filo di voce neppure per bestemmiare i vostri nomi…

Si accascia esausta.

TIMUR   Era mio figlio Ulug Beg, lo scienziato?

KASJA  (mentendo con un lieve imbarazzo) Sì era lui. Non ha voluto svegliarti.

Mi ha detto che domani verrà a baciare la tua mano e a pregare con te al sorgere del sole.

TIMUR           È un ragazzo strano. Troppo interessato alla natura e al funzionamento delle

                        sfere celesti, cose che non si possono spiegare, ché chi osa entrare nei misteri

di Allah viene trascinato dalla dannazione divina in un pericoloso vortice che trascina al fondo della coscienza dove il diavolo, Yblis, è in agguato.

KASJA           Non vedo niente di così malvagio nel voler spiegare le maree coi movimenti

                        del sole e della luna.

TIMUR           Ma quando si va oltre, perché la curiosità e la presunzione umana non conoscono limiti,  il terrore del vuoto e del nulla può attanagliare la mente, polverizzandola.cSe non siamo altro che un sasso scagliato in un universo in cui prevalgon caosce indeterminatatezza, che spazio possiamo più riservare al Signore di tutte le cose?

KASJA           Non lo so Timur, io sono solo una schiava. Che vuoi da me?

Ti risponderà tuo figlio domattina. Lui sa molte più cose di me.

TIMUR                       Non credo che avrò la forza per veder sorgere il sole.

KASJA                       Nessuno  sa come e quando si spegnerà la propria luce.

TIMUR                       La morte arriva sempre poco prima dell’alba.

Ed è un bene perché gli occhi si abituano alle tenebre appena rischiarate

dalla candela della vita che, giunta alla fine, si consuma rapidamente.

KASJA                       Allah al rahim… Allah è misericordioso.

TIMUR           Lui nella sua grandezza infinita può esserlo. Io no, devo combattere in suo nome, il che vuol dire…. lo sai cosa vuol dire, no?

KASJA           Sì lo so, piramidi di teste a decine di migliaia, corpi smembrati e accatastati

                        sulle pire per prevenire le epidemie, l’acre odore della carne umana bruciata:

                        un inferno sulla terra, questo vuol dire.

Tamerlano tace. Kasja continua.

                        Su bevi, la tua fronte brucia come se fosse devastata dal fuoco. Spegni

                        l’inferno che hai dentro e mettiti sulla via della luce come inseguendo una

                        cometa…

TIMUR           Mio figlio dovrebbe avere al suo fianco una donna come te.

KASJA           Perché, che cosa ho di tanto speciale?

TIMUR           Sei in contatto con forze primordiali, con l’aria e l’acqua,

                        la terra e il fuoco: è come se avessi visto già tutto e i tuoi

                        occhi cercassero solo la conferma nella realtà delle tue

                        intuizioni. Non so se sei una fata o una strega, so solo

                        che sai non per conoscenza ma per via intuitiva tutto ciò

                        che gli altri non riescono a comprendere…

KASJA           E Ulug Beg tuo figlio che c’entra?

TIMUR           È stato  morso dalla vipera della conoscenza.

È assetato di verità! Proprio come te che cerchi sempre

di trovare una ragione in quello che succede, il perché

di tutte le cose: siete entrambi come due cuccioli che annusano

l’ambiente che vi circonda per capire dove andare a sbattere

il naso senza farsi troppo male.

KASJA                       Bevi, non agitarti tanto.

TIMUR           Solo che lui cerca spiegazioni vanamente,

                        spesso disperatamente senza riuscire a trovare risposte,

                        mentre tu non ne hai bisogno perché già le possiedi.

KASJA           Ma se io non posseggo neanche me stessa, neppure

                        un briciolo di libertà: sono schiava dei tuoi desideri,

                        dei tuoi piaceri, dei tuoi capricci…

TIMUR           Credo che le cose non stiano proprio così.

                        Credo che sia io colui che pende dalle labbra dell’altro.

                        Tu hai un potere enorme su di me, l’hai sempre avuto,

                        ma ora sei l’unica persona al mondo cui Tamerlano

                        può semplicemente dire: grazie.

KASJA           Non fosti tu a salvarmi la vita mentre la scure del boia

stava per calare sul mio collo?  Sono io che dovrei dire grazie a te!

Grazie per aver massacrato la mia famiglia, grazie per aver

sterminato il mio popolo, grazie per avermi mostrato, quando

ero ancora bambina, gli orrori  davanti ai quali gli adulti

si  coprono gli occhi per non vedere, per non cadere

a terra fulminati dall’angoscia e dalla disperazione…

TIMUR                       È giusto che tu parli così, in fin dei conti hai ragione.

KASJA                       In fin dei conti?

TIMUR                       Ti ho già spiegato i motivi politici e strategici delle mie azioni.

                        Che ti piaccia o no non potevo fare altrimenti.

KASJA                       Già, il volere di Allah.

TIMUR                       Appunto, il suo volere. E adesso basta con questi discorsi.

                        Mi gira la testa.

KASJA                       Bevi.

TIMUR                       (sopettoso)  E tu non bevi?

KASJA                       Sì bevo anch’io. (beve) Ho sete…  Bssaha !

TIMUR                       Salute è un eufemismo per mandare giù questo

                        intruglio che farebbe vomitare un cane morto!

                        Vorrei proprio sapere che misture di erbe hai usato…

KASJA                       Bevi, non fare lo schizzinoso.

TIMUR                       Solo se bevi anche tu.

KASJA                       L’ho appena fatto.

TIMUR           Ancora, manda giù.

KASJA                       (Beve)  Soddisfatto?  Ora tocca a te.

TIMUR            Se non mi ammazza la malattia, mi ammazzerà questo intingolo

                        obbrobbrioso, farebbe accapponare la pelle…

KASJA                       Alla carogna di un cane putrefatto, l’hai già detto.

TIMUR                       E mi ripeto allora, perché fa veramente schifo. Serve almeno a qualcosa?  Non dire a guarirmi perché non ti credo.

KASJA                       A non farti sognare, Timur. A farti addormentare dolcemente.

Affinché  Il tuo sonno non sia tormentato dai demoni e dai fantasmi che si

                        agitano dentro di te.  Affinché il tuo guanciale non si trasformi

in un cuscino di ortiche.

TIMUR                       Lo è già. Li ho sentiti parlare tra loro qui fuori. Forse l’hanno fatto

                        apposta a bisbigliare il loro tradimento proprio accanto al mio orecchio,

                        vicino alla tenda in cui giaccio, per tastare la mia capacità di reazione.

                        La mia impotenza ad agire, l’incapacità sopraggiunta. Non riesco più neppure

                        ad alzare il braccio per bere la tua schifezza….

KASJA                       Lascia che ti aiuti io.

TIMUR                       Solo se bevi con me.  (Bevono)

KASJA                       Comunque mi riferivo ad altri fantasmi, non a queste ombre di uomini

                        che sono nati ombre di se stessi, nullità, escrementi partoriti dal ventre

                        delle vacche che cacano esseri destinati a concimare la terra.

TIMUR                       A quanto pare non ti stanno molto simpatici i miei generali!

KASJA                       Lascia perdere. Non farmi parlare, direi cose di cui potrei pentirmi.

TIMUR                       Finchè ci sono io non hai nulla da temere, ma tu forse

già pensi al dopo…

KASJA                       Non ci sarà un dopo, Tamerlano,  per me, io finisco con te.

                        La mia luce si spegne con la candela della tua vita.

TIMUR                       Sei una perla rara, la tua bellezza eguaglia quella di Elena…

                        Ti avranno già inserita nella spartizione, sarai già il bottino di uno di loro.

                        Rassegnati o fattene una ragione, fa come ti pare: la questione

                        non mi tange più.

KASJA           E tu pensi davvero che io, dopo essere stata la prediletta del grande Timur,

                        potrei accettare di fare la sgualdrina e la scaldaletto di un pecoraro?

TIMUR           Scaldaletto di un pecoraro?– Non farmi ridere, mi dolgono le vecchie ferite

come se mi venissero inferte in questo momento!

KASJA                       Io schiava di una di loro?  Devi essere pazzo a ritenermi capace

                        di un affronto del genere — che non sarebbe fatto a te, ma a me stessa.

                        Non sarò una regina, ma non sono neppure una puttana! La loro

                        puttana… la puttana di una tribù di rozzi pastori erranti alla ricerca

                        di pascoli migliori per i loro armenti. Ed ecco che sotto la tua guida

                        sono diventati i padroni del mondo, si sono divisi i più ricchi bottini.

                        Ma non ti sono grati, no! – Al contrario pretendono ancora di più!

                        Cosa?  Si può sapere che cosa vogliono? Forse la Luna?

                        Le stelle?  Una fetta di cielo da mangiare a colazione? Se solo

                        le tue armate potessero sollevarsi da terra e volare tu le porteresti

                        alla conquista del sole, e poi oltre fino ai più reconditi angoli

                        dell’universo….

TIMUR                       Esagerata! Parli ad un uomo ridotto agli ultimi spasimi.

KASJA                       Non parlo al corpo dell’uomo, parlo al suo spirito.

TIMUR                       E il mio spirito vorrebbe risponderti tante cose, come il mio corpo

                        Vorrebbe volentieri goderti per l’ultima volta… ma non farmi dire

                        sciocchezze… sciocchezze da infermo… non sento più le gambe,

                        mi tremano le mani e mi gira la testa… raccontami qualcosa…

                        non farmi più parlare, sono troppo esausto per esprimere io

                        qualcosa di sensato. E dopo aver fatto tanto per la gloria,

                        non vorrei poi essere ricordato per qualche sciocchezza profferita

                        in punto di… (sta per dire ¨morte¨, si corregge) In un momento di

                        debolezza.

KASJA                       Pronunciala invece tutta quanta questa parola: non averne

                        timore. Le parole non mordono anche quando non sono gradite

                        al nostro orecchio. Ma per esorcizzarle bisogna  pronunciarne tutte

                        le sillabe. Distintamente.

TIMUR                       (tenta di sussurrare, non ci riesce)  Non ci riesco, è più forte di me.

KASJA         Il nostro incontro è nascosto da un velo:

Quando il velo cadrà, né tu né io rimarremo.


TIMUR           Ancora i versi del Poeta. Ma che cosa vogliono dire?

KASJA           Ciò che dicono. Non li capisci?

TIMUR           … né tu né io rimarremo…  no la mia mente è tradita

                        da una forma di demenza improvvisa che non mi fa

                        più connettere nulla…

KASJA                       Venisti al mondo con le unghie affilate  affondandole

                        nel seno di tua madre alla quale ti aggrappasti in un estremo

                        istinto di sopravvivenza…

SCENA IV

NARRATORE   1336: un campo di pastori tartari nella steppa al confine col deserto dei Gobi. È l’alba. Ai piedi di un’alta montagna batte il primo sole del mattino. Il fumo die fuochi ormai quasi spenti s’innalza lentamente verso le vette innevate che si tingono di un rosa pallido. Tutto sembra calmo: anche le greggi pascolano tranquille, sebbene intirizzite dal freddo.

KASJA  (come narrando anche lei)  All’improvviso, la scena viene animata dal passaggio di un gruppo di cavalieri al galoppo. Una donna incinta, svegliata di soprassalto ha un sussulto di terrore. Si odono grida furibonde. Tre guerrieri trattengono a stento un uomo che si divincola in preda alla disperazione. Altri due si avvicinano minacciosamente alla gestante, agitando delle spade corte. Dalle grotte sul versante delle montagne giungono grida di dolore e di orrore che richiamano l’attenzione dei soldati. Le donne fuggono a nascondersi tra le capre e le pecore.

NARRATORE   Ma vengono raggiunte, prese per i capelli e sventrate con le spade acuminate. Con accanimento viene così srotolato, corpo su corpo, un grande tappeto di morte: alcune poverette pregano, altre si difendono come belve impazzite alla vista delle lame dei coltelli che brillano al sole ormai alto in cielo.

KASJA     Trascorrono interminabili ore. Finché una carovana di mercanti passa vicino ad un pozzo secco ed abbandonato.

NARRATORE    “Allah misericordioso!” grida qualcuno accorgendosi di una donna che giace priva di sensi. La sollevano, le danno dell’acqua, cercando di bagnarle bene le labbra screpolate e sanguinanti prima di farla avidamente bere. Anzi, la costringono a brevi sorsi intervallati da profondi respiri ch’essa emette a fatica.

KASJA    “I soldati! I soldati!” avverte una voce mentre appaiono in lontananza i guerrieri a cavallo sulle tracce della fuggiasca. Allora gli uomini della carovana, senza pensarci su, calano velocemente la donna all’interno del pozzo che poi nascondono alla vista con dei rami secchi; e riprendono il cammino. I soldati passano al galoppo accanto al pozzo abbandonato, senza notarlo. Raggiungono la carovana e ne controllano accuratamente il carico. Intanto la donna giace all’interno del pozzo, con la schiena poggiata alle ruvide pareti sabbiose.

TAMERLANO  (morente)  Dal mio venire non fu al cielo profitto

                        E dal mio andare non aumentò né bellezza né spazio

E da nessuno le mie orecchie hanno mai udito

Questo venire e andare quale vantaggio portarono.

NARRATORE Calate quindi le tenebre, quando ormai i soldati sono lontani, la caronava torna indietro. Qualcuno corre al pozzo, allontana i rami, guarda all’interno ed esclama esterrefatto: “Allah è grande!” La giovane donna è seduta, immersa fino alla gola nell’acqua della sorgente che ha ripreso inspiegabilmente a sgorgare. Il riverbero della notte di luna la colpisce in pieno viso e lei chiude gli occhi sorridendo imbarazzata: nell’acqua trasparente si muove il neonato, tocca la madre con le piccole mani, gira su se stesso, smuovendo la superficie coi piedini.

KASJA   “Sia fatta la volontà del Signore” esclamano allora gli uomini dal viso di pietra ma dal cuore pronto a commuoversi di fronte al miracolo della vita che, nonostante tutte le avversità e le ingiustizie del mondo, riesce caparbiamente a venire alla luce. “Sia fatto il volere di Allah!” mormora devotamente Taragai, il padre del neonato scampato al massacro.

TAMERLANO    Poiché ciò che spetta a un uomo in questa palude,

Non è che patire dolore e agonia di morte

È cuore felice chi da questo mondo andò presto

E beato chi al mondo non venne. 

KASJA   La giovane madre allatta il bambino che succhia avidamente dal petto pieno e olivastro. La manina destra chiusa forma un pugno che il bambino, nella foga dell’allattamento, agita furiosamente. Taragai cerca di schiudere delicatamente le tenere ditine, ma non ci riesce.

NARRATORE  Allora accosta la lama fredda di un coltello al pugnetto serrato che, a quel gelido contatto, si apre come sfiorato da un alito irresistibile. Sul palmo aperto, Taragai nota una profonda ferita che il bambino, nell’avidità di succhiare il latte materno, si è procurato con le sue stesse unghiette. “Allora si chiamerà Timur, – che in tartaro significa uomo di ferro – così vuole il Signore”, pensa il fiero Taragai.

TAMERLANO Noi non siamo che pedine degli scacchi, che son facili a muoversi proprio come il Grande Giocatore di scacchi ordina. Egli ci muove sulla scacchiera della vita avanti e indietro e poi in scatole di Morte ci rinchiude di nuovo.

SCENA V

Proiezione e musica della Cavalacata delle Valchirie.

KASJA                       Eccoci giunti dunque al punto in cui io

                        dovró seguire il destriero di Tamerlano

                        lanciato nel suo folle galoppo verso il nulla.

                        Lo spirito gli sopravanza mentre cavalca

                        e il suo corpo si trasforma nel marmo

                        freddo e impenetrabile di una statua su cui

                        le intemperie scivolano via come acqua piovana.

                        Eccolo costringere le nubi a farsi da parte

                        al suo passaggio, le squarta come vitelli

                        e le decapita come fece coi popoli che osarono

                        resistergli. Eccolo imporre al tuono potente

                        di sofforcarsi come il rigurgito di un ruminante.

                        Il Condottiero dell’Islam si ciba di saette,

                        ingurgita tempeste e temporali  scatenando

                        poi sulla terra immani cicloni che radono

                        al suolo i maestoni boschi millenari come

se fossero spighe di grano di un raccolto

devastato dal vento impetuoso del monsone.

TIMUR           Non blaterare, leggimi ancora qualcosa finché il mio udito

                        riuscirá a percepire il suono ella tua voce che vorrei che mi

                        conducesse dritto in Paradiso.

KASJA  (apre il Corano, legge)  Allora Allah disse: voglio mandare sulla terra un mio aiutante. E gli angeli risposero: Manderai sulla terra un essere che creerá solo disordine e fará scorrere il sangue, mentre noi ti ricopriremo di lodi e senza posa continueremo ad esaltare e a cantare la tua Santitá?  Allah rispose agli angeli: Io so ció che voi non sapete…

TIMUR    Persino gli angeli non comprendono i disegni di Allah. E che dire allora degli uomini deboli? Quelli come me non vengono sulla terra a fare del bene. Questo é il destino die servi. Ma neppure per fare del male. Quello é il destino die briganti. Noi veniamo sulla terra per imporre la Volontá Superiore. Noi, dominatori, conquistatori, ci siamo misteriosamente sostituiti  gli uni agli altri lungo tutto l’arco della storia umana. Noi non consentiamo agli uomini di rinchiudersi nello spazio angusto die loro formicai. Io comprendo gli uomini, anch’io sono stato una formica debole e zoppa, che si poteva schiacciare senza neppure accorgersene, ma io mi sono levato al di sopra dell’esercito delle formiche, mentre loro sono rimasti lá, nel mucchio. Ecco da dove viene il loro odio impotente nei miei confronti.

KASJA  (continua a leggere il Corano)  Terribile sará l’ultimo giudizio, quando il sole si piegherá e cadranno le stelle, quando le montagne si metteranno in movimento, quando le bestie feroci si raduneranno spaventate, quando i mari ribolleranno, quando le anime si contorceranno nei petti, quando i cieli si faranno da parte, quando le fiamme dell’inferno saranno rivoltate con l’attizzatoio perché brucin omeglio, allora ogni essere umano sará messo di fronte a ció che ha compiuto…

TIMUR  Che cos’é quest’immenso bagliore?

KASJA  E’ l’inferno, Timur. Vedi i due angeli? Sono Munkir e Nakir che pesano le azioni di ciascuno su gigantesche bilance.  Vai Timur, avviati su questo ponte del Sirat, ma non correre, attento a dove metti i piedi. Attraverso questo ponte giungono in paradiso solo i giusti, i peccatori cadono giú e finiscono all’inferno che si estende in sette strati sotto la terra. Guarda com’é profondo, Timur! Guarda che baratro senza fine!  (ride)

TIMUR   Iblis, maledetto, ti ho riconosciuto. Mi stai facendo cadere… sempre piú giú!

KASJA  Tel o avevo detto che sarei rimasta sempre accanto a te…!  Ed ora rivela tutta la sua giustezza il rpoverbio che dice:  Chi ha scavato il pozzo per il proprio fratello, precipiterá al suo interno.  E ricorda che le pene dell’inferno sono le piú raffinate. Tu hai torturato  e bruciato molti esseri umani, ebbene, ora guarda, guarda quanto fuoco!  Bruceremo insieme

all’inferno, Tamerlano il Grande e la sua puttana!

Lo costringe ad un satanico girotondo mentre sullo sfondo divampano le fiamme al ritmo di una musica techno che ricorda il massacro del Bataclan di Parigi di cui scorrono le immagini miste alle fiamme.

NARRATORE

In una dimensione non lineare del tempo,

ma circolare, quest’uomo che é giunto

alla fine die suoi giorni é come se fosse

tornato al principio al solo scopo di ricominciare.

Il male infatti non finisce mai dove inizia il bene,

ma si accompagna ad esso come la luna al sole,

la terra alle stelle danzanti nel meccanismi del cosmo

Tamerlano il Grande, il terrore del genere umano,

il conquistatore del mondo, il tagliatore di teste,

covava entrambi dentro di sé, sia il bene che il male,

il principio e la fine, la bellezza e la nefandezza,

l’amore per le arti e l’istinto di distruzione,

e cosí via fino all’unione della vita e della morte.

E in questo suo essere molte cose contrapposte,

e al tempo stesso non essendo nessuna di queste,

ma solamente una pura contraddizione che afferma,

o un’affermazione che nega, Tamerlano si avvicina

al suo Dio che non puó essere uguale a sé in quanto

creatore di tutto quello che é ed anche di ció che non é.

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