Van Gogh – L’odore assordante del bianco

Data:

Teatro Signorelli, Cortona. Martedì 15 gennaio 2019

Francia, ultimi giorni dell’anno 1889: sì, proprio lo stesso in cui si tiene la celebre Esposizione Universale di Parigi che commemora il centenario della Rivoluzione Francese. In un’altra località del Paese un bel po’ più a sud, Arles, più precisamente a Saint-Rémy-de-Provence, Vincent Van Gogh, ricoverato da qualche mese nell’ospedale psichiatrico di Saint Paul, in seguito al fallito tentativo di suicidio mediante l’ingestione dei colori per dipingere viene privato degli stessi e quindi costretto al “silenzio artistico”. Sono queste le coordinate di tempo e di luogo che individuano lo Spazio Bianco in cui si abbatte e si dibatte il pittore nella pièce Van Gogh – L’odore assordante del bianco dello scrittore e drammaturgo Stefano Massini.

Una stanza, uno spazio vitale ma anche interiore in cui tutto è bianco: pareti, vestiti, oggetti, mente. In questo mare di bianco che è prima di tutto assenza di colore, il povero Van Gogh, ridotto all’inattività, si tortura sospeso tra realtà e immaginazione, allucinazioni, fantasmi (come quello dell’amato fratello Theo), sofferenza e speranza, nel disperato bisogno di ritrovare un po’ di ordine e, con esso, finalmente, il colore (cioè la sua arte), che per lui significa riacquistare la “voce” attraverso la quale comunicare col mondo. Ma è una durissima lotta contro sé stesso. In questa ricerca non possono certo essergli d’aiuto né l’ambiente asettico in cui si trova prigioniero – il cui accecante candore non rappresenta la purezza, bensì il vuoto – né tanto meno le cure, essenzialmente basate su frequenti bagni “punitivi”, somministrategli dai suoi carcerieri… Oops! Volevo dire dai suoi angeli custodi, ossia uno psichiatra narciso e due sadici infermieri. L’unica presenza positiva, autenticamente umana e solidale è quella del direttore dell’ospedale, grande ammiratore di Van Gogh, che cerca di strapparlo ai suoi demoni interiori applicando l’innovativo metodo della regressione ipnotica. Il sistema sortisce gli effetti sperati: aperto il vaso di Pandora, il pittore si lascia andare a un torrenziale flusso di autocoscienza che riporta a galla traumi e dolori passati, liberandosi dal velo bianco che ottundeva le sue facoltà sensoriali (“l’odore assordante del bianco”) e ritrovando quindi il colore, rappresentato dall’amato Giallo, che irrompe sulla scena inondando la stanza di una calda luce che finalmente si è fatta, oltre che colore, calore. Per Van Gogh è quasi una resurrezione, una rinascita. Purtroppo, sarà di breve durata.

Di grande intensità l’interpretazione di Alessandro Preziosi, al servizio di un testo che fotografa efficacemente, pur con qualche calo di ritmo, una fase reale nella vita del pittore (con alcuni riferimenti biografici ben precisi, come la vicenda della petizione promossa da alcuni abitanti di Arles per far internare il turbolento Vincent). Per chi volesse approfondire l’argomento, in questo periodo è in circolazione anche il film Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità.

Francesco Vignaroli

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