Melania Fiore e l'”Amore in guerra”, un successo lungo nove anni

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Sta per tornare sul palcoscenico L’Amore in guerra, il fortunato spettacolo di e con Melania Fiore.  Il testo ha vinto il prestigioso Premio Calcante come miglior drammaturgia contemporanea nel 2014,  conferito dalla SIAD (Società Italiana Autori Drammatici) ed è stato finalista al Premio Attilio Corsini “Salviamo i Talenti” al Teatro Vittoria di Roma.

Melania, stai per riportare in scena L’amore in guerra, il tuo testo che tante soddisfazioni ti ha dato in questi anni e quest’anno celebrerai la giornata della memoria al Teatro Barnum, nel quartiere Garbatella di Roma, il 26 e 27 gennaio. So che questo è uno spettacolo che ti emoziona particolarmente.

Ciao Paolo! Si, ogni volta è come la prima nel lontano 2010, quando, con mia grande emozione, debuttò come primo studio a fianco del mio grande Maestro Mario Scaccia, che ne firmò la regia. Allora era uno spettacolo molto diverso, che cercava di coniugare prosa, musica e poesia con un unico fil rouge che ha dato luce al titolo, quasi un ossimoro: la realtà dell’amore nella follia della guerra. E’ stato dopo, grazie al Maestro che ha sempre incoraggiato la mia inclinazione per la scrittura, che ho redatto il testo attuale dell’Amore in Guerra, frutto di un lungo e laborioso lavoro di documentazione e  di studio di testi. La storia di queste due donne straordinarie (frutto della mia immaginazione certo, ma assolutamente reali  le circostanze in cui esse si muovono) ha preso forma dentro di me in modo chiaro,  le vedevo  e  le sentivo suggerirmi le battute da scrivere. Lo spettacolo debuttò nel 2011 presso La Sala Pirandello dello storico Teatro Tordinona ed ebbe un gran successo di critica e pubblico. Ero talmente coinvolta come autrice, sapevo così tanto di ciò che avevo scritto e in me risuonava ancora così profondamente la voce del Maestro (che purtroppo si spense proprio quell’anno, il 2011) che ci misi un po’ a dimenticare di essere scrittrice, onnisciente custode di quello scrigno prezioso per  vestirmi come attrice soltanto degli umanissimi panni di Gertrud e Matilde, le due protagoniste.  Nel frattempo L’Amore in guerra ha proseguito la sua strada andando in scena con successo per otto stagioni consecutive a Roma e provincia nelle due versioni che ho scritto (dramma per due attori ed assolo)  arrivando in finale al Premio Attilio Corsini presso il Teatro Stabile Vittoria di Roma, dov’è andato in scena prodotto dalla Compagnia Attori e Tecnici e vincendo il prestigioso Premio Calcante come Miglior Drammaturgia Contemporanea  nel 2014.  L’Amore in Guerra è stato  pubblicato dalla Mongolfiera Editrice  in Trilogia D’Amore e Teatro Civile nel 2016, una raccolta di miei testi teatrali con prefazione d’Enrico Bernard e postfazione di Giuseppe Manfridi  nonché dalla  prestigiosa rivista Ridotto. Oggi con la stessa emozione  L’Amore in Guerra (l’assolo) sta per andare in scena al Teatro Barnum, un teatro al quale sono particolarmente legata e presso la Casa della Memoria e della Storia, in matinè per i licei romani.

Una stagione, questa, che ti vede impegnata in tanti progetti, teatrali e non. Vuoi riassumerli in sintesi?

Dopo l’impegno dell’Amore in Guerra, a gennaio sarò in scena a Roma con un raffinato e divertente testo di Enrico Bernard che ne curerà anche la regia: BEATRICE RISPONDE A DANTE, divertissment che indaga non solo le pieghe e le piaghe della famosa Commedia vista dagli occhi di Beatrice, ma anche il ruolo complesso della donna nella società, allora come oggi. Debutterò in prima nazionale a marzo presso lo Spazio 18B, gestito dalla Compagnia dei Masnadieri, con il mio spettacolo “HAMLETA’” che come il suo famoso omonimo principe di Danimarca è la storia di un’anima e del suo viaggio verso la scoperta del proprio sé in compagnia di fantasmi. Un viaggio struggente, rocambolesco, metafisico, ironico ed extra-ordinario. Sempre a marzo partirò in tournèe con lo spettacolo “LA STRANIERA” basato sulla vita e le opere di Anna Maria Ortese, scritto da Angela Bubba, Giovanni Scarfò e Matteo Scarfò, diretto da Matteo Scarfò, con la partecipazione straordinaria di Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini. Ad Aprile sarò in stagione al Teatro Kopò di Roma con il mio spettacolo PARTIGIANA, a maggio sarò in scena con un monologo di Carlo Picchiotti, “IL BANCO DELLE EMOZIONI”, diretto da Marzia Verdecchi e a luglio debutterò con OTHELLO, un bellissimo adattamento scritto da Luciano Bottaro e diretto da Matteo Tarasco. Tra maggio e giugno uscirà poi il film LA SERA ALABASTRINA scritto e diretto da Tiberio Ensoli dove sono una dei protagonisti.

Ci incontriamo da anni sulle pagine del Corriere dello Spettacolo e stavolta possiamo dire che il tuo percorso artistico si arricchisce della collaborazione con una nuova compagnia, con cui recentemente ti abbiamo visto ne Il mistero della camera gialla, tratto dal romanzo poliziesco di inizio novecento dello scrittore Gaston Leroux. Nuove prospettive professionali, immagino.

Si, la Compagnia dei Masnadieri. E’ stato molto divertente e stimolante lavorare con loro, registi e attori diplomati presso l’Accademia Silvio D’Amico che hanno coraggiosamente scelto un percorso autonomo.  Quando sono stata scritturata per La Camera Gialla sono stata subito conquistata dalla potenza, l’ironia, la leggerezza del mio personaggio, Mama Jacques: hanno fatto un adattamento davvero delizioso! Abbiamo condiviso le scene per quasi tutto il mese di dicembre ed è stata davvero una bella esperienza, nella quale siamo cresciuti insieme, dandoci  nuova linfa e nuovi stimoli che presto si concretizzeranno in diversi progetti: ne abbiamo in cantiere un bel po’ per questa e la prossima stagione, il primo dei quali appunto Hamletà, che debutterà presso il loro teatro, lo Spazio 18B.

Col cinema continua il  tuo rapporto d’amore ?

Direi di sì. Da parte mia è sempre grande e nel 2017 si è arricchito con un intenso workshop di recitazione cinematografica presso la Civica Accademia Paolo Grassi con Giorgina Cantalini, membro dell’Actor’s Studio di New York  e della mia partecipazione al film LA SERA ALABASTRINA,  prodotto da Valeria Fiorelli, altra magnifica esperienza dal punto di vista professionale ed umano. Ne attendo l’uscita con impazienza.

Melania, L’Amore in guerra sembra acquisire nuova linfa col passare degli anni, merito del tuo continuo lavoro di perfezionamento sui particolari del testo e della messa in scena.  Secondo te, perché le storie vere di queste due donne riescono ad emozionare tanti giovani ancora oggi?

 Come dicevo nella risposta alla tua prima domanda non è stato semplice spogliarsi dei panni di scrittrice ed essere solo un’attrice che interpreta un personaggio, vestita solo della sua umanità. Essere autori e attori dei propri testi è un’operazione complessa, che richiede uno studio ed un lavoro su se stessi enorme, specie se non ci si vuole accontentare dell’ovvio e non restare nella propria comfort zone. Non basta interpretare: bisogna lasciarsi possedere dai personaggi, scordandosi di noi stessi e della nostra vanità. Essere artisti a tutto tondo è difficile: bisogna prendersi la responsabilità di essere umili, accettare i consigli dei Maestri ma anche dei propri compagni, saper lavorare insieme agli altri, accettare un occhio esterno sul nostro lavoro, studiare moltissimo. Così, di anno in anno L’Amore in Guerra è stato limato, perfezionato, è cresciuto, si è arricchito di nuovi spunti, nuove idee grazie anche agli attori  e ai registi che ci hanno lavorato, alla mia Compagnia Rdf Teatro (La Resistenza delle Formiche) che mi ha sempre sostenuto e soprattutto alla magia che emanano le protagoniste Gertrud e Matilde. Credo che il segreto del successo dell’Amore in Guerra risieda proprio nella loro magia. Nella loro cocente voglia di vivere. Ho visto intere scolaresche di studenti di tutte le età rimanere in silenzio assoluto per un’ora e mezzo di spettacolo, incantati dalle storie di queste donne, che lottano per la loro libertà e la loro diversità… Niente di più attuale, credo.

Sarai in scena in un teatro off come il Barnum, che ha molto in comune col  modo di concepire il lavoro teatrale della tua compagnia Resistenza delle Formiche, spesso ne abbiamo parlato privatamente. L’unione, gli obiettivi comuni, il remare tutti nella stessa direzione, la determinazione e il lavoro, l’autarchia difesa ferocemente. E’ il modo giusto per salvarsi da un sistema teatrale che sembra in grande difficoltà?

Secondo me non solo è giusto, è anche intelligente.  Investire su stessi e fare squadra è  un buon modo per continuare a migliorarsi e imparare, una strada perseguita anche dai  nostri stessi Maestri. Tante belle realtà come il Barnum, con le quali ho il piacere di collaborare, si stanno facendo le ossa e stanno crescendo nel panorama complesso e stratificato della realtà romana e nulla hanno da invidiare ai grandi teatri. La Compagnia La Resistenza delle Formiche che ho fondato con Aldo Emanuele Castellani ha proprio questo scopo: LA RESILIENZA, termine che indica la forza di affrontare le difficoltà che la vita ci pone davanti con coraggio e determinazione,  mettendo a frutto i nostri talenti, portando avanti con  tenacia gli obiettivi, tra cui uno specifico modo di fare teatro di ricerca e di prosa senza dimenticare il passato ma sempre proiettati verso il Futuro, con uno sguardo attento verso la nostra società, di cui il teatro è lo specchio e un profondo impegno civile. E andiamo avanti, ostinati, feroci, a testa bassa,  senza fermarci. Come le formiche.

Paolo Leone

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