“Ritratto di Dora M.” Una donna triste per una regia malinconica

Data:

Dal 12 al 17 febbraio 2019 al Teatro Filodrammatici di Milano

Dora Maar… Chi era costei? Secondo lo spettacolo “Ritratto di Dora M.” diretto da Francesco Frongia e interpretato da Ginestra Paladino, era una donna lamentosa, noiosa, depressa, per niente folle, senza uno sprazzo di allegria, di gioia di vivere, senza un sorriso, un cambiamento di umore (e di recitazione) nonostante le compagnie che frequentava, l’ambiente in cui viveva, gli uomini con cui andava a letto, tutti famosi artisti e intellettuali, e che, diciamolo pure, molte donne ne sarebbero diventate volentieri le amanti… Alzi la mano chi è per il no. Nessuna… lo sapevo…

Ma forse è proprio per tutti questi motivi che è diventata così, sembrano dirci gli autori, prendendo le sue difese a priori e questo ci sarebbe anche andato bene, immaginando le forti, insopportabili, maschiliste personalità di gente come Battaille, Eluard, Cocteau, Cartier-Bresson, Man Ray, Buñuel, e molti altri con i quali Dora ha condiviso esperienze artistiche e non, ma la donna che ne viene fuori è semplicemente senza vitalità, senza energia, senza personalità.

Questo poteva essere accettabile mentre giace sul lettino dell’ospedale psichiatrico, prima e dopo l’elettrochoc, ma poi un cambio ci doveva essere, per raccontarci in flash back quella vita che un’artista come lei, rinomata e coraggiosa fotografa e pittrice, avrà certamente avuto.

Peccato che invece il ritratto di questa Dora è talmente piatto, borghese, nella sua lamentosa e fievolmente drammatica esternazione, che sinceramente non sentiamo nessuna simpatia per lei, ci sembra solo votata al vittimismo e al sacrificio. La sua vita è così ben poco delineata e approfondita che rimane una cosina superficiale senza sangue nelle vene. Invece credo che Dora ne avesse da vendere, e che anche quando Picasso “la umiliava”, come si racconta, fosse perfettamente cosciente di essere la Musa di un uomo geniale che la immortalò in quel famoso ritratto cubista dove è tutto fuorché bella, dove è tutto fuorché “piena di grazia” ma immortale, quello sì. Ma Picasso inventò il cubismo e lei ne fu una fortunata vittima. Lei stessa dice “io sono nella storia, voi no”.

La scenografia è alquanto incomprensibile, fatta di uno strato di terriccio che ricopre il palcoscenico e di cui non capiamo la ragione, solo una volta lei ci affonda le mani e ne tira su una manciata, per il resto non se ne rende nemmeno conto, come pure di altri oggetti, una lampada, sedie sbilenche, tavoli rovesciati che vi sono interrati.

E quella valigia piena di scarpe che lei lancia senza molta convinzione? Il tutto dovrebbe rappresentare il surrealismo, il cubismo, il disordine, le macerie, la guerra, la follia? Se è così andava dato loro uno scopo, andavano fatti vivere, non lasciati in bella (o quasi) mostra, senza senso.

La scena di quando incontra Picasso, “il più bel giorno della mia vita”, non ha la forza che meritava, tanto meno la crudeltà e la follia di cui è intrisa: un’occasione perduta.

Perché non mettere in scena anche Picasso, allora? Avrebbe dato un impatto maggiore alla storia, forse…

Uno spettacolo che ci lascia delusi e soprattutto annoiati.

Peccato, perché sentiamo che Dora Maar non era affatto così, e speravamo che sul palcoscenico fosse come ce l’aspettavamo, perché il teatro è anche, e soprattutto, MAGIA (la noia invece lasciamola a casa a guardare Sanremo…)

Daria D.

RITRATTO DI DORA M.
progetto a cura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
parole di Fabrizio Sinisi
regia Francesco Frongia
con Ginestra Paladino
musiche originali Carlo Boccadoro
scene e costumi Erika Carretta
disegno luci Sarah Chiarcos
suono Silvia Laureti
assistente alla regia Michele Basile
direttore dell’allestimento Silvia Laureti
la maschera del Minotauro è di Mimmo Paladino
produzione Teatro Filodrammatici di Milano
in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
diretto da Ruggero Cappuccio

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