“La vita che ti diedi”, la tragedia di Pirandello sull’incesto

Data:

Al Teatro Arcobaleno di Roma, fino al 24 febbraio 2019

Non c’è rapporto più profondo di quello tra una madre e il proprio figlio che rappresenta la realizzazione della sua natura specifica nel dolore e questo tocca il suo apice straziamento nella scomparsa prematura del proprio ”frutto” delicato,anche se talora vi sono alcuni crudeli eventi che vanno contro la legge naturale: figli abbandonati, appena nati soppressi ,in preda alle crisi psichiche da sofferta maternità o depressione. Su tale complessa tematica il grande scrittore Agrigentino compose nel 1923 un suo luttuoso capolavoro desolante per la follia implicita in essa diffusa ”La vita che ti diedi”, che permane valido ed attuale trasmettendo tutte le sensazioni emotive contenute. Qui s’affronta a tutto tondo e viso aperto lo strazio di una donna che non volle rassegnarsi alla dipartita dell’unico figlio, che andato via da casa,sette anni prima, v’è tornato in punto di morte. Caterina Costantini con la sua voce forte e lancinante, il suo lacerato atteggiamento scapigliato e dimenantesi, dà una palpitante interpretazione di Donna Anna Lauria, in una notte lunare, come quella che ritroviamo in ”Kaos” con la novella della licantropia per gli influssi psicologici della luna piena sull’essere umano con la metamorfosi in licantropo ululante al nostro satellite. Una di queste figure potrebbe essere considerata Donna Anna, circondata da un universo femminile, quasi costoro fossero ”prefiche” lamentose e il coro popolare della tragedia greca, guidato dalla funerea Lorenza Guerrieri in look nero. Quale era stata la causa del dramma che la madre non voleva accettare per affermare la vita, oltre ogni reale oggettiva realtà ed immobile essenza. Fulvio troppo legato affettuosamente alla madre, secondo il mito Edipico e la fase anale della sfera sessuale iniziale, era partito per paura che le sue pulsioni sensuali sfociassero in un grave e peccaminoso adulterio e nel suo settennale di lontananza aveva finito per imbattersi in una donna sposata con figli, innamorandosene fatalmente. Solo dopo un lungo corteggiamento riesce a sedurla e possederla carnalmente, per poi fuggire inorridito sentendosi in colpa verso la madre e forse punito dalla vendetta del marito come in ”Cavalleria rusticana” di G. VERGA con la resa dei conti tra padron ALFIO e compare Turiddu. Donna ANNA impazzisce dal dolore e vorrebbe dare follemente la sua esistenza per la carne del proprio ventre e seno tuttavia ciò è irrazionale ed il parroco del paesino della vecchia Enotria tenta di convincerla che l’individuo ha pure una dimensione celeste,spirituale che deve acquisire nella fede e far vivere il figlio con la memoria delle sue idee e dei valori in cui credeva,dei momenti più o meno belli goduti insieme. Il difficile ruolo del sacerdote in siffatte tragiche situazioni, che mettono alla prova la nostra fiducia in DIO, è sostenuto con discreta misura ed immedesimazione da Carlo Ettorre,non dimenticando L. Ricalzone, M. C. Gionta, M. Rizzi Ev. Rosati. Sarà in cartellone all’Arcobaleno, con la regia psicologica e tensione dialettica di Caterina Costantini, fino al 24 c. m.

Giancarlo Lungarini

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