Guglielmo Poggi, un attore per l’imminente apocalisse

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Sinceramente ho sempre ritenuto forzato l’equiparazione del reading  ad un vero e propio genere drammatico, salvo nauralmente alcune rare eccezioni. Come ad esempio le letture poetiche e drammatizzate di uno degli ultimi grandi protagonisti del nostro teatro come Roberto Herlitzka. Difficilmente eguagliabile però lo spessore drammaturgico e interpretativo di un simile  Signore della scena che può permettersi tutto, perché qualsiasi cosa dica o faccia sul palco è di per sé catartico sper il  semplice fatto che sia  lui l’hic et nuc della dramatis personae.  Insomma Hic est actor, come direbbero i latini,  per la sua presenza ed aurea, indipendentemente dal leggio o dalla forma o dal contenuto della sua performance.

Ripeto che consideravo questa qualità come una perla rara in possesso per altro di chi avesse maturato già una dose da cavallo di vita sulla e per la scena. Ma mi sbagliavo. Infatti non avevo ancora ammirato all’opera,  in una recente serata al Teatro Vascello di Roma,  il giovanissimo Guglielmo Poggi, figlio d’arte dell’attore Pierfrancesco Poggi  e della bravissima attrice Paola Rinaldi, un ragazzo che pare abbia ereditato una gran bella dose di schizofrenia e alienazione, veleni  necessari alla professione dell’attore con le carte in regola.  Poggi jr è infatti  un vero e proprio animale da palcoscenico, vittima e carnefice, suadente e aggressivo, dirompente per forza espressiva: un serpente a sonagli che capace di sputare miele dalla ghiandola velenifera. Lo avevo già apprezzato nel film Il Tuttofare di Valerio Attanasio come coprotagonista con Castellitto, ma in questo caso, visto in carne ed ossa al di là del filtro magico del grande schermo, Poggi esplode come mi è raramente capitato di vedere, casomai citerei come equivalenti  il giovanissimo Benigni del Cioni Mario  o il giovane Gabriele Lavia protagonista di Luigi Squarzina nel Volpone di Ben Johnson.

Il giudizio è certamente condizionato dalla felice scelta del testo, La strada  di Cormac McCarthy, una road story distopica che vede protagonisti un padre e suo figlio alla ricerca di salvezza dopo un’apocalisse che ha coinvolto l’umanità.  Circa dieci anni prima il mondo è stato distrutto da un’apocalisse nucleare che lo ha trasformato in un luogo buio, freddo, senza vita, abitato da bande di disperati e predoni. Non c’è storia e non c’è futuro. Dopo molte tribolazioni arrivano al mare; ma è ormai una distesa d’acqua grigia, senza neppure l’odore salmastro, e la temperatura non è affatto più mite. Raccolgono qualche oggetto da una casa abbandonata e continuano il viaggio verso sud, verso una salvezza possibile… Si giungerà mai alla fine del viaggio o il viaggio stesso sarà la fine di tutto?

Guglielmo Poggi interpreta tutti i ruoli con un concerto di voci, un repertorio vocale che trascina per la capacità di immedesimazione nelle varie tonalità espressive ed emotive trasformandosi così in una prova d’attore degna dei grandi palcoscenici. Le proiezioni di Stefano Cioffi, anche regista, e le musiche eseguite dal vivo di Francesco Berretti più che di contorno, sono brandelli di carne strappati dal corpo dell’attore che sanguina come i suoi personaggi che ci offrono una visione apocalittica, preveggente e valida come premonizione del tragico destino cui sta andando incontro ciecamente e stupidamente il genere umano.

Enrico Bernard

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