La cultura yiddish al Teatro Stabile Sloveno

Data:

Trieste, Teatro Stabile Sloveno, Sala principale. Dal 15 al 23 marzo 2019

Sgradevole, ma doveroso; amaro come una medicina potenzialmente salvifica; disturbante ma vero, lucido, acuto e pure molto divertente, carico com’è di quel sarcastico umorismo di cui è pervasa la cultura yiddish fortunatamente mai scomparsa, nonostante i noti tentativi nazisti, dalla nostra cara e complicata Europa.

“Variazioni Goldberg” di George Tabori sta andando in scena a Trieste nella sala grande del Teatro Stabile Sloveno con una produzione viva, brillante, tenera e crudele.

Assieme a una frizzante compagnia d’attori che si presta al gioco un po’ folle, qual è sempre il “teatro nel teatro”, si ripercorrono alcuni episodi fondanti la trattazione biblica: Adamo ed Eva, la Cacciata dal Paradiso; Caino e Abele; Mosè che si confronta con Aronne intorno ai Comandamenti, mentre intorno a loro infuriano i festeggiamenti in onore del Vitello d’Oro; Giona e la sua balena; il Cantico dei Cantici; Abramo, Sara e Isacco; la Crocefissione di Gesù.

Siamo a Gerusalemme. Mrs. Mopp (Nikla Petruška Panizon) è colei che, addetta alle pulizie della scena, interagisce con gli artisti commentando con placido cinismo quel che avviene fra loro. Il bizzoso e prepotente Mr. Jay (Vladimir Jurc), Regista-Dio, sta provando uno Spettacolo che si prevede vada in scena a distanza di sette giorni e, per riuscirci, si serve con amorosa perfidia del buon Goldberg, (Tadej Pišek, che interpreterà anche Mosè) affettuosa metafora dell’ebreo vivente ogni epoca e latitudine, costretto suo malgrado a fargli da galoppino, compito che svolge con rassegnata fedeltà, pur fra proteste, tentativi di ribellione, ma poi sempre cedevole alle tante angherie e ai capricci, non sempre accettabili, del Capo.

Ci sono gli attori e i tecnici che partecipano allo spettacolo creato da Mr. Jay: la soubrette Teresa Tormentina (Saša Pavlin Stošić, anche Vitello d’Oro e Sara), la scenografa e costumista Ernestina van Veen (Maja Blagovič), gli attori Ragma (Primož Forte, anche Abramo), Maš (Jernej Čampelj, anche Isacco) e Jafet (Jose), un tecnico (Franko Korošec).

L’amore per l’Uomo, quando è sconfinato, necessita di un’altrettanto infinita visione obiettiva ed essa deve necessariamente partire dalla dolorosa e impietosa biopsia della nostra propria, personale, interiorità.

Ci vuole un’opera di scavo minuziosa, che va al di là della pur importante autoanalisi.

Si tratta di cogliere quel che molto acutamente così descrive Laura Forti nella prefazione all’edizione italiana di “Mein Kampf”, farsa teatrale dello stesso George Tabori, andata in scena al teatro Stabile Sloveno di Trieste nel lontano 1995:

“ ‘È il mio Hitler. L’Hitler che è in me. È un esorcismo come tutto quello che scrivo.’

In questa frase, anch’essa sul filo della provocazione, sta forse l’intento politico di tutto il teatro di Tabori: per elaborare la memoria dolorosa del passato e impedire che esso ritorni, è necessario ritrovare dentro di noi parti scomode e complesse, entrare nei panni della vittima e del carnefice, provando sulla propria pelle tutte le sconvolgenti contraddizioni dell’umanità, e, soprattutto, è importante far dialogare vecchi persecutori che, lasciati nell’ombra, rischiano di trasformarsi nei fantasmi antisemiti di sempre.”

Con la passione di un esperto chirurgo, Tabori non si limita a tentare con tutte le forze ad estirpare il tumore maligno dell’antisemitismo, nato nella notte dei tempi e forse impossibile da debellare veramente se non in un utopico, edenico e ideale Mondo Futuro.

L’arguto autore, molto rappresentato in Europa, ci mostra con un sorriso complice quanto ha tolto dal corpo vivo dell’umanità, costringendo il pubblico a guardare, a riconoscere quel pezzettino di orrore che sta dentro ognuno di noi.

Perché è così: ognuno ne ha un po’.

Si nasconde abilmente alla vista di chi lo porta e c’è bisogno di un forte scossone come questo per riportarlo alla luce, per farlo emergere.

Probabilmente non è un caso che, oggi, in Italia, sia stato proposto da un Teatro di Minoranza: qualora ci rendessimo conto che ognuno di noi, in qualche ambito, è parte minoritaria di qualcosa, probabilmente saremmo più capaci di comprenderci a vicenda, a riconoscere negli altri le individuali ma comuni fragilità.

Goldberg lo sa, lo sa da sempre. È perfettamente consapevole di non poter sfuggire al confronto/scontro/incontro con il proprio personale Altissimo e ogni tentativo di evitarne le conseguenze risulta essere nient’altro che il preludio all’imperitura accettazione di un giogo probabilmente non voluto, ma portato con dignità.

In questo nevrotico turbinare dissacrante, che una lettura superficiale potrebbe definire blasfemo, appare, luminoso, un attimo altissimo.

È quando Goldberg, con la semplicità del gesto quotidiano, svolge il talled, lo scialle da preghiera che ogni ebreo possiede, e vi si avvolge nascondendosi per pochissimo come in un bozzolo.

Subito dopo la demenziale giostra riprende, ma l’eco di quell’unico momento di incontro, laico e religioso assieme, con la scintilla divina che abita ognuno di noi, è la chiave ispirata che ci dà la possibilità, perlomeno, di sperare.

Paola Pini

Trieste, Teatro Stabile Sloveno
Sala principale
Dal 15 al 23 marzo 2019
Goldbergove Variacije/Le variazioni Goldberg
Di George Tabori
Regia di Robert Waltl
Traduttrice Mojca Kranjc
Dramaturg Ivica Buljan
Scenografi Ben Cain e Tina Gverović
Costumista Ana Savić Gecan
Musiche Tamara Obrovac
Coreografa Selma Banich
Light design Sonda57 & Toni Soprano Meneglejte
Lettore Jože Faganel
Foto Luca Quaia
Con:
Vladimir Jurc MR. JAY, ARON
Tadej Pišek GOLDBERG, MOSÈ
Nikla Petruška Panizon MRS. MOPP, HELL`S ANGEL
Saša Pavlin Stošić TERESA TORMENTINA, VITELLO D’ORO, SARA
Maja Blagovič ERNESTINA VAN VEEN, HELL`S ANGEL
Primož Forte RAGMA, HELL`S ANGEL, ABRAMO
Jernej Čampelj MAŠ, HELL`S ANGEL, ISACCO
Jose JAFET, HELL`S ANGEL
Franko Korošec TECNICO, HELL`S ANGEL

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