“La rondine” di Guillem Clua è un pugno allo stomaco salutare e opportuno

Data:

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Bartoli. Dal 19 al 24 marzo 2019

“La rondine” di Guillem Clua, in scena al Rossetti di Trieste, è una pièce dal taglio forte, esplicita senza essere mai sopra le righe; dotata di un ritmo serrato, non lascia in alcun modo indifferenti.

Prende chiaramente spunto dalla strage terroristica avvenuta la notte tra l’11 e il 12 giugno 2016 all’interno del Bar Pulse di Orlando, in Florida, locale abitualmente frequentato da gay: 49 le vittime, 50 i morti.

Intorno a quell’orrendo episodio della storia recente, lo spettacolo svolge la sua trama calibrando con molta attenzione i toni: l’iniziale leggerezza quasi umoristica si addensa progressivamente caricandosi di aggressività sempre meno repressa e, un attimo prima che tutto precipiti definitivamente nel baratro del rifiuto reciproco sfiorato più volte, giunge la pacificazione, non certo facile, ma indubitabilmente vera.

In tale resa dei conti estrema si fronteggiano i bravissimi Lucia Sardo (Marta) e Luigi Tabita (Matteo) con un contrappunto che non dà respiro, uno contro l’altro ma tenendosi stretti, nella inconsapevole certezza di essere l’uno il sostegno dell’altro, come in un’ideale e impervia cordata in montagna o come due naufraghi sopravvissuti a una furiosa tempesta.

Incombe su tutto l’enorme domanda: cosa ci rende davvero esseri umani? Se l’amore non basta, nemmeno il dolore può farlo, a meno di imparare a cogliere ed accogliere in se stessi quello degli altri, a riconoscerlo in quel breve punto comune di contatto rispettandone le differenze.

Perché l’altro da noi è inconoscibile nella sua totalità, anche se figlio, o madre, o compagno. Ciò che sappiamo si mescola con ciò che ignoriamo in modo sempre diverso, mai ripetuto e ogni ritratto è definito da una miriade di prospettive diverse, come un complesso quadro, dipinto nello stile ideato Picasso e portato alle più estreme conseguenze.

L’errore è dare per scontato che l’ignoto possa essere ricostruito immaginandolo attraverso la nostra personale interpretazione; ma l’inganno sta proprio qui, perché in questa delicatissima operazione ci è impossibile rimanere neutri e forse, a volte, proprio il troppo amore fa calare una pesante nebbia davanti ai nostri occhi, costringendoci a vedere solo i contorni di chi crediamo conoscere perfettamente.

Ecco allora che il ritratto di Daniel, una delle vittime della strage, figlio di Marta e compagno di Matteo, si ricompone grazie all’incontro di tre voci; o almeno una sua parte.

“La rondine” è punto di partenza di una riflessione profonda, necessaria e sempre più inevitabile.

Le stragi contro inermi, lo sparare all’impazzata nel mucchio sono ormai parte della nostra quotidianità.

Ognuno di noi può esserne coinvolto.

La realtà in cui viviamo è sempre più confusa, carica com’è di messaggi contraddittori, verità affermate e poco dopo smentite, false notizie spacciate per dati oggettivi.

Ciò che non riusciamo a comprendere fa nascere in noi la paura che a sua volta ci rende aggressivi e l’aggressività, nostra e altrui, genera violenza e odio. È una catena perversa che cresce inesorabilmente; quando tracima, esplode e le conseguenze sono sempre più spesso davanti agli occhi di tutti.

Restiamo allora increduli, colpiti in ciò che ci accomuna alle vittime – cosa sia non importa – e dopo un vuoto che per un attimo ci sembra impossibile da riempire rischiamo di essere travolti nella stessa spirale di confusione / paura / aggressività / violenza, soprattutto se siamo o ci sentiamo vicini a chi è stato coinvolto e, urlando, ci assordiamo tutti.

Il momento più delicato è proprio questo e dobbiamo stare all’erta, sorvegliare noi stessi, per evitare di passare dalla naturale e giustissima condivisione del dolore per le vittime al bisogno di alleviare la sofferenza di alcuni lavandola con il sangue di altri.

Classificare.

Da quando l’essere umano ha iniziato a farlo e ha scoperto di riuscire così a governare parte della realtà illudendosi di poterla controllare tutta, non ha più smesso, finendo però in balia, tra l’altro, degli stereotipi e dei pregiudizi.

Ci si dimentica che il processo di conoscenza, per funzionare, deve mantenersi fluido come un’onda, essere biunivoco e, dopo aver ordinato tutto per bene, sarebbe utile gettare di nuovo tutto all’aria per non perdere di vista l’essenza delle cose.

In fondo, basterebbe molto poco; sarebbe sufficiente impedire alla nostra meravigliosa capacità di confronto, tanto utile in molti casi, di prendere il sopravvento quando ci troviamo di fronte all’altro, necessariamente diverso per tante cose, ma con il quale abbiamo di certo una cosa in comune, la più preziosa: la vita.

In fondo, ognuno di noi desidera soltanto essere accettato e amato per quel che è, senza essere giudicato per mezzo di etichette nelle quali non si riconosce, spesso attribuite con violenza inconsapevole ma non per questo meno dolorosa.

Ci illudiamo che mantenere separate le cose ci permetta di distinguere, di comprendere meglio, ma ciò è vero soltanto a metà; per riuscire veramente a farlo è necessario ricomporre il tutto, togliere gli spazi che abbiamo creato artificialmente e rimettere, di nuovo, tutto assieme: cum-prehendere, cum-legare.

Soltanto in questo modo potremo avvicinarci all’interiorità di chi ci sta di fronte; questo ci insegna “La rondine” mostrandoci “unamadrechepiangeilpropriofiglioconaccantoilsuopromessosposo”.

Paola Pini

Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Sala Bartoli
dal 19 al 24 marzo 2019
La Rondine (La canzone di Marta)
di Guillem Clua
traduzione Martina Vannucci
adattamento Pino Tierno
con Lucia Sardo e Luigi Tabita
regia di Francesco Randazzo
musiche originali Massimiliano Pace
costumi Riccardo Cappello
luci Salvo Orlando
produzione Teatro Stabile di Catania

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