“WOOLF WORKS”, LA DIVINA FERRI TORNA ALLA SCALA

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Grande successo per la prima italiana di Woolf Works, trittico ispirato ai lavori della scrittrice inglese Virginia Woolf, al Teatro Alla Scala, coreografia di Wayne McGregor e musica di Max Richter, che segna il ritorno al teatro lirico milanese di Alessandra Ferri, l’étoile tornata a danzare da qualche anno dopo aver dato l’addio alle scene nel 2008.
Creato nel 2015 apposta per lei dal coreografo britannico Wayne McGregor, pioniere del neoclassico, lo spettacolo si divide in tre parti, da tre opere della Woolf. La prima, I Now, I Then mette in scena Mrs Dalloway, il romanzo del 1925 che narra una sola giornata della signora e di altri personaggi: Clarissa Dalloway, una ricca cinquantenne, va a comprare dei fiori per la festa che sta organizzando per la sera stessa; mentre è in un negozio intravede per strada Septimus Smith e sua moglie: reduce della prima guerra mondiale, soffre di disturbi mentali dopo aver visto il suo migliore amico Evans morire davanti a lui. Clarissa torna a casa e riceve la visita inaspettata di Peter Walsh, un suo vecchio corteggiatore che aveva rifiutato per il marito Richard Dalloway, più ricco e più educato; dopo questa visita, Peter si dirige verso Regent’s Park, dove vede Septimus e la moglie mentre vanno dallo psicologo per una seduta che lo condurrà ad essere rinchiuso in una clinica; la sera stessa però Septimus si butta dalla finestra. Qualche ora dopo inizia la festa di Clarissa: lo psicologo di Septimus arriva con la notizia della morte di Septimus; nonostante Clarissa non lo conoscesse, prova un forte senso di inquietudine ed un forte legame con il suicida. Alessandra Ferri è una Clarissa intensa, appassionata e consapevole: a 56 anni tecnicamente è perfetta, sembra che non abbia mai smesso di danzare nonostante sia stata lontana dalle scene per sei anni; la sua caratteristica, oltre alla tecnica impeccabile, piedi meravigliosi, braccia che parlano e punte da ventenne, è proprio la sua dote interpretativa. La affianca Federico Bonelli, ospite italianissimo ma da sempre all’estero, prima a Zurigo e poi attualmente al Royal Ballet di Londra, nel ruolo di Peter: tecnicamente perfetto, delicato, una bella intesa con l’Alessandra nazionale. Molto bello il passo a due fra Septimus (Timofej Andrijashenko) e Evans (Claudio Coviello): intenso e commovente, descrive molto bene la profonda amicizia fra i due, scaligeri DOC e senza dubbio fra i migliori elementi disponibili in Scala.
Segue Becomings, dal romanzo Orlando (1928): giovane inglese di buona famiglia, Orlando entra nelle grazie della regina Elisabetta I, che ne fa il suo cortigiano prediletto. Durante l’inverno si innamora di Sasha, figlia dell’ambasciatore russo, che però lo lascia; successivamente fa la strana esperienza di un sonno lungo una settimana, in seguito al quale decide di partire per l’Asia come ambasciatore. Qui, dopo diversi anni di missione, Orlando dorme di nuovo per sette giorni consecutivi, ma questa volta si risveglia donna: con la sua nuova identità femminile passa un periodo come nomade insieme a una carovana di zingari; tornato poi a Londra, si divide tra l’attività di poeta e quella di frequentatore dell’alta società. Orlando trova per caso l’amore nell’avventuriero Lord Bonthrop Shelmerdine. il romanzo termina proprio nel 1928 quando Orlando è ormai uno scrittore di successo grazie ad un poema che ha scritto durante gran parte della sua vita. In questa seconda coreografia non danzano né la Ferri né Bonelli, ma buona parte del corpo di ballo scaligero: molto originale la messa in scena, con luci particolari ed innovative. La sincronia è come sempre non la caratteristica migliore del corpo di ballo, impegnato in un pezzo molto tecnico, con continui cambi di scena e di fronte.
Infine, Tuesday da un altro romanzo, The Waves (1931): strutturato sotto forma di soliloqui di sette protagonisti, dove il settimo, Percival, non parla mai con la propria voce, fa sì che ogni personaggio sia ben distinto dall’altro ed il romanzo segue la loro vita dall’infanzia fino alla maturità. Qui Alessandra Ferri da’ un’altra lezione d’arte: la coreografia è molto complessa, moltissime prese, cambi di partner veloci, il tutto guidato da Federico Bonelli e coordinato dal corpo di ballo e da alcuni allievi della Scuola di Ballo. Per la prima volta abbiamo visto Alessandra danzare a piedi nudi, in qualcosa di molto contemporaneo, ma dove a tratti emergeva la Ferri-Manon, in altri la Ferri-Giulietta, in altri ancora la Ferri-Tatiana: insomma, la sua interpretazione non è mai venuta meno nemmeno per un secondo. Spesso definita “attrice”, rispetto alla sua rivale Sylvie Guillem “modella”, è la danzatrice in assoluto più espressiva che ci sia al momento e che ci sia stata dopo Margot Fonteyn: mai decisione da parte sua fu più felice di quella di riprendere a calcare le scene. Purtroppo non ha fatto la stessa scelta il suo partner storico, Julio Bocca, con cui ha dato vita ad una partnership unica ed irripetibile.
Federico Bonelli è un altro esempio di talento italiano all’estero, purtroppo lo si vede poco nel bel paese, il Royal Ballet se lo tiene stretto; bello, ordinato, pulito, non ha proprio nulla da invidiare a Roberto Bolle. La stile coreografico di McGregor è bellissimo perché fonde classico, con l’utilizzo delle punte, e contemporaneo, con molti canoni: non è assolutamente semplice seguire una coreografia dove ognuno f auna cosa diversa, figuriamoci danzarla. Qui la Ferri è nel suo: basta che metta un solo piede sul palcoscenico e si è già rapiti dal suo carisma, dalla sua incredibile capacità di dominare la scena e di mettere tutti gli altri in un angolo: questa è Alessandra Ferri, l’unica, inarrivabile ed inimitabile étoile degna fino in fondo di questo titolo.

Chiara Pedretti

Teatro alla Scala
Piazza della Scala, Milano
Fino al 20 aprile ottobre, ore 20
Biglietti da EUR 22,00 a EUR 180,00
www.teatroallascala.org

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