Peppino De Filippo chiude il 53° Festival teatrale di Borgio Verezzi

Data:

Il 19 agosto 2019 al Festival di Verezzi di Savona

Ultima prima nazionale del cartellone del 53° Festival teatrale di Borgio Verezzi è stata una commedia di Peppino De Filippo, “Non è vero ma ci credo”, sotto la regia di Leo Muscato, con la compagnia che fu del figlio Luigi (la scorsa estate, in piazzetta Sant’Agostino, la vedova Laura Tibaldi ricevette il ‘Premio Veretium alla memoria’).
Protagonista un eccellente Enzo Decaro nei panni del commendator Gervasio Savastano, ossessionato dalla superstizione, sempre attrezzato per uno scongiuro per parare i colpi avversi del destino. Attorno a lui, un clima esasperato: moglie e figlia che non ne possono più (rispettivamente l’agguerrita Lucianna De Falco e Fabiana Russo) e i suoi dipendenti, stanchi dell’andazzo delle cose.
Il commendatore arriverà a licenziare Malvurio (Massimo Pagano) perché lo sospetta di iettatura, e che lo minaccerà di una causa per diffamazione. Le cose in azienda gireranno al meglio con l’assunzione del giovane Alberto Sammaria (Giuseppe Brunetti), ancora giovane seppur preparato, ma con una dote incontestabile: una gobba. E il tanto citato “Regolamento” per questa caratteristica ha un occhio di riguardo…
La scenografia di Luigi Ferrigno ricorda il maestro del surrealismo René Magritte (“La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione”), ed ecco nuvole bianche e ombrelli trasparenti che contornano l’azione in alto sul palco, ma che si tingeranno dei toni più cupi quando fuori imperverseranno i temporali (disegno luci di Pietro Sperduti). Perché, se a volte c’è bisogno di una presenza per scatenare un diluvio, a volte è sufficiente solo nominarla, questa persona, come ci dimostrerà Savastano, con le carte, pardon le nuvole, sotto gli occhi!
La Napoli degli anni ’30 del testo originale di Peppino De Filippo, e che poi ebbe un balzo di vent’anni quando l’interprete fu Luigi, oggi è giunta agli anni ’80. Rimane immutato il fatto che tutto sembri indicare che la sfortuna esista davvero, e che ci siano anche le possibilità per bloccarla, se le cose marciano così bene in ditta da quando è entrato il giovane Sammaria/Santa Maria. Si scoprirà poi che le cose non stavano proprio così (ma che comunque credere alla superstizione aiuta!).
Grandi rettangoli di plastica trasparente a mò di tenda sono sistemati a metà del palco, per delimitare un corridoio in cui la gente gesticola quando si approssima all’ufficio del direttore. Ma è sempre la stessa tenda che, come un enorme faro, amplifica le luci di sfondo alla scena del momento.
La recitazione di Decaro è delicata e pregnante al tempo stesso. Novanta minuti senza interruzioni, perché il testo è stato condensato in un solo atto. Con Decaro, ci sono piaciuti particolarmente Francesca Ciardiello (nel ruolo di Mazzarella, segretaria a suo modo efficiente) e Giorgio Pinto (quale avvocato Donati che dà i migliori consigli ma poi deve ricredersi). Sul palco anche Carlo Di Maio (Spirito), Ciro Ruoppo (Musciello) e Gina Perna (Zia Concetta, che non finge per piaggeria ma davvero cerca di seguire le regole del ‘Regolamento’). Costumi di Chicca Ruocco.
Tra i momenti più belli, sicuramente quello del matrimonio, in una visione stereotipata, con il commendatore seduto in poltrona che non partecipa alla festa perché solo ora si rende conto di come si è comportato e che, per le sue fisime, probabilmente ha rovinato la vita della figlia.
Tanti applausi, meritatissimi, per uno dei tanti appuntamenti che hanno registrato il “tutto esaurito” (nella foto, De Falco e Decaro).

Laura Sergi

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