1970: la musica 50 anni fa (terza e ultima parte)

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Dopo aver visitato la Gran Bretagna e gli Stati Uniti (https://www.corrieredellospettacolo.net/2020/01/20/1970-la-musica-50-anni-fa-seconda-parte/), concludiamo con l’Italia il nostro breve viaggio alla riscoperta della musica nel 1970.

Basterebbero due album, pur diversissimi tra loro, come Emozioni di Lucio Battisti e La buona novella di Fabrizio De André a fare del 1970 un anno imprescindibile per la storia della musica italiana. Con Emozioni, suo secondo 33 giri, Lucio raggiunge il primo posto in classifica, circostanza che negli anni successivi diventerà un’abitudine. Il disco, oltre a riunire i singoli di maggior successo dell’artista (perle del calibro di Mi ritorni in mente, Fiori rosa, fiori di pesco e Acqua azzurra, acqua chiara), è reso indimenticabile dal capolavoro Emozioni, canzone ispirata alla celebre “cavalcata ecologica” Milano-Roma affrontata da Mogol e Battisti (su idea del primo) pochi mesi prima.

In seguito ai moti studenteschi del 1968 e ai successivi cambiamenti nella società, preludio all’arrivo degli “anni di piombo”, anche la musica italiana si è evoluta, lasciando spazio – con un po’ di ritardo rispetto a realtà come quelle, già ricordate, di Gran Bretagna e Stati Uniti – a canzoni che affrontano non più soltanto l’argomento “amore”, ma anche tematiche sociali, politiche ed esistenziali: è in questo momento che si afferma anche nel nostro Paese la figura del cantautore. Con La buona novella Fabrizio De André fa compiere al cantautorato italiano un deciso salto qualitativo verso la piena maturità. L’opera è un album concept (contenente cioè canzoni legate tra loro da un filo tematico) ispirato ai Vangeli apocrifi, e costituisce uno dei punti più alti nella carriera del cantautore genovese; la meravigliosa Il Testamento di Tito è il momento più emozionante del disco, che è un lavoro da ascoltare e riascoltare dall’inizio alla fine.

Tra gli artisti emergenti che rappresentano al meglio la categoria dei cantautori c’è senz’altro Francesco Guccini, che nel 1970 pubblica il suo secondo disco Due anni dopo, contenente la celebre Primavera di Praga, canzone dedicata al patriota cecoslovacco Jan Palach; lo stile musicale di Guccini incarna perfettamente la “via italiana” al folk, mentre le sue tematiche spaziano dalla politica alla storia, dalla poesia ai ritratti di persone, senza dimenticare la realtà quotidiana. A fine anno esce anche L’isola non trovata, in cui gli arrangiamenti di Vince Tempera emanano un tenue profumo progressive; i testi, però, sono tipicamente gucciniani (L’orizzonte di K. D., Il frate, Un altro giorno è andato). Un altro cantautore che farà la storia della musica italiana, qui ancora un po’ acerbo, pubblica la sua seconda opera nel 1970: Lucio Dalla. Il suo Terra di Gaibola, pur rimanendo ancorato alla tradizione melodica italiana (Occhi di ragazza) e al beat del decennio precedente (Fumetto), mostra già qualcosa di quel che verrà: lo scat di ABCDEFG, il jazz clarinettistico di Stars Fell on Alabama e il testo di Non sono matto, il primo in assoluto firmato dallo stesso Dalla.

Tra musica e cabaret, la scena milanese è animata dai due “Corsari” (per loro stessa definizione) Gaber e Jannacci, capaci di dar vita a un microcosmo culturale pressoché unico nel panorama nazionale; il primo, dopo i successi discografici e televisivi, nel 1970 decide di imprimere una svolta alla propria carriera dando vita al “teatro canzone” con Il signor G; il secondo lascia il segno con l’album La mia gente, al cui interno si trova la celebre Mexico e nuvole (scritta, tra gli altri, da Paolo Conte, che la riproporrà molti anni dopo in Paolo Conte Live). A Roma splende invece la stella di Gabriella Ferri, impareggiabile interprete del repertorio popolare romano e napoletano, che in questo anno consolida la sua popolarità con ben due album (Gabriella Ferri e …Lassatece passà).

Diamo una rapida occhiata all’altra faccia della “medaglia musicale italiana” del periodo, cioè alla scena mainstream, dominata ancora dalla tradizione della canzone melodica: cosa, se non il Festival di Sanremo, ne è la celebrazione più autentica? A vincere l’edizione 1970 della rassegna canora è la coppia Adriano Celentano-Claudia Mori con la discussa Chi non lavora non fa l’amore, canzone contro gli scioperi presentata proprio in un periodo caratterizzato da aspre lotte sindacali operaie (il cosiddetto “Autunno caldo”). A fine anno lo stesso Celentano pubblica Il forestiero, album natalizio – una rarità nella discografia italiana – e suo primo, vero progetto organico a 33 giri, che non nasce cioè come mera raccolta di 45 giri bensì come insieme di canzoni inedite (tra le quali spicca la suggestiva ballata che dà il titolo al disco). Tornando a Sanremo, si ricordano almeno un altro paio di canzoni: La spada nel cuore, eseguita da Little Tony e Patty Pravo, e La prima cosa bella, cantata da Nicola Di Bari e Ricchi e Poveri; in entrambi i pezzi compare la firma di Mogol.

C’è gran fermento nel panorama alternativo per eccellenza, quello rock, che molti però in quel periodo chiamano ancora pop. Per il rock italiano il 1970 è un anno di transizione: affascinati dal recente fenomeno prog affermatosi nel Regno Unito (vedi anche la prima parte di questo speciale), molti giovani gruppi italiani realizzano opere ibride, che testimoniano questo passaggio in corso dalla psichedelia e dal beat tipici degli anni Sessanta al nuovo rock, più adulto e tecnico, del decennio appena cominciato. Tra i primi a cimentarsi con le nuove istanze musicali troviamo la mitica Formula Tre, il “supergruppo” caro a Lucio Battisti, che esordisce con Dies Irae, disco che alterna momenti sperimentali (come nel caso della title track) a reminiscenze beat; non vanno poi dimenticate opere d’esordio molto importanti per lo sviluppo della futura scena prog italiana come Sirio 2222 dei napoletani Il Balletto di Bronzo, o gli omonimi album di The Trip e Circus 2000: formazioni – a parte i Trip – durate poco, purtroppo, ma comunque in grado di lasciare il segno e di aprire la strada ai gruppi maggiori che si affermeranno in seguito, come PFM, Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme e Area.

Chiudiamo con la Signora per eccellenza della canzone italiana: Mina. Il 1970 non è un anno particolarmente significativo nel percorso artistico della “tigre di Cremona”, ma conferma in pieno il suo ruolo di interprete sopraffina capace di misurarsi con gli ambiti musicali più disparati. Lo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, l’omaggio alla musica brasiliana Mina canta o Brasil, tutto cantato in portoghese. In maggio esce anche il notevole singolo Insieme (firmato dalla coppia Mogol/Battisti), che verrà riproposto a fine anno nell’album …quando tu mi spiavi in cima a un batticuore…, al cui interno ritroviamo anche la Que maravilha di Jorge Ben e Toquinho proposta nel disco precedente, qui però cantata in italiano (Che meraviglia).

Francesco Vignaroli

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