Il costruttore Solness

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Ogni essere umano è vittima o carnefice delle proprie promesse: Hilde” il mio regno” “un castello in aria” ma i castelli in aria sono utopie: ma solo inseguendo utopie un uomo si sente vivo.  Ma quando la realtà inesorabilmente si sostituisce al sogno: il mondo ti permette di vivere solo una piccola parte delle stesse fantasie facendoti piombare in un crudele destino, un richiamo come un suadente canto verso il vuoto forse inconsciamente desiderato.

 In scena al Teatro Gustavo Modena di Genova dal 19 al 23 febbraio 2020

 È volutamente opprimente l’infinito spazio creato ad arte dal brillante regista Alessandro Serra che magistralmente interpreta Ibsen nel migliore dei modi: (Serra trionfatore del Premio Ubu come miglior spettacolo del 2017) che in questa drammaturgia ha creato oltre alla rielaborazione, costumi foto di scena, luci e scene. Sovrastanti pareti movibili, dure, troneggiano mosse a vista dagli stessi attori per far vivere aree ossessive che talora impreviste si animano in simbiosi con luci fondamentali flemmatiche che con tonalità bluastre, grigie fino a velati barlumi che alimentano nell’aria un’inquietudine soffocante e plumbea, fedele alla visione teatrale di Ibsen. La mutevolezza scenica traccia nel corso dell’impegno drammaturgico asfissianti ambienti claustrofobici che dipingono l’anima recondita di vani vuoti. Pesanti costruzioni senza vita, ferrigne che ben rappresentano la realtà di un uomo freddo, schematico, pieno di paure e di rimorsi, il suo malessere e la sua decadenza morale. Il successo del costruttore sembra universale, ma è come chiuso in una gabbia dorata, in una prigione senza sbarre: che fungerà da filo conduttore fino al tragico epilogo. Questo è il mondo del Costruttore Solness che assorbirà e divorerà la sua esistenza.  Halvard Solness: ormai su con gli anni, professionista ammirato ora all’apice del successo, tanto che in nome della propria ambizione ha pagato alla vita un prezzo amarissimo ed ora a dispetto dell’età, cerca nuove motivazioni per cercare di evadere e fuggire da una realtà che piano piano lo stringe in una invisibile morsa d’angoscia. In quella casa immensa ma scarna: tormentata come il tenue battito di un cuore malato che ben si accorda con l’irrequietezza della sconvolta moglie di Solness, Aline che nella semioscurità come da copione entra ed esce di scena. Ma prima questa donna non era è così, purtroppo il dolore e gli eventi l’hanno inesorabilmente annientata, perché dopo l’incendio che ha distrutto l’abitazione dove felicemente abitava con il coniuge e i loro due gemelli che involontariamente fa morire perché; con il suo latte malato ha voluto per forza allattarli al seno avvelenandoli. Il luttuoso evento è avvenuto proprio nella nuova casa in cui la coppia vive: una abitazione soffocante che conserva ancora le camere vuote per i bambini che non saranno mai più abitate. Questo è il luogo tiranneggiato dalla bramosia di potere di Solness, una vita piena di celate paure e occultate tristezze che sono cementate nella sua anima come fosse lui stesso vittima predestinata di una vendetta divina. Il potente fabbricante di case, ama le altitudini che crea, ma nel contempo le odia perché contradditorio non si spinge verso l’alto perché soffre di vertigini: solo una volta riesce a vincere quell’orrore inconscio, ma quel giorno gli sarà fatale.  Il costruttore ha un altro terrore quello di essere scalzato dai giovani rampanti che bravi e vogliosi cercano di farsi luce nel lavoro soppiantandolo. Solness per impedire tutto ciò cerca di tarpare loro le ali, usando tutti i mezzi disponibili leciti e illeciti. L’ancestrale conflitto tra le generazioni infiamma la trama: un giovane e rampante architetto Ragnar attende da tempo il momento propizio per scavalcarlo e diventare concorrente. È lui il nuovo grande nemico, il nuovo giovane talento da abbattere. La figura di Hilde, la giovanissima e conturbante figura femminile che prorompe ricomparendo nella vita di Halvard dopo anni, non è che un fugace ritorno alla giovinezza, una linfa di gioventù che ormai pensava dimenticata nel terribile rogo della casa e della sua anima. La comparsa della provocante giovane donna: sembra un irrefrenabile slancio verso una rinnovata passione: ma invece è solo un irrealizzabile miraggio di piacere. La eccitante ragazza fa rinascere in lui la viva forza del desiderio che unisce i corpi e i cuori: ma l’amore vero è l’apogeo dei sentimenti, non quello che sta vivendo il costruttore, in questo caso il suo è solo un fatuo ardore malato che lo trascinerà verso l’alto per poi farlo precipitare dalle vette dalla sua ambizione. Ogni essere umano è vittima o carnefice delle proprie promesse: Hilde” il mio regno” “un castello in aria” ma i castelli in aria sono utopie: ma solo inseguendo utopie un uomo si sente vivo.  Ma quando la realtà inesorabilmente si sostituisce al sogno: il mondo ti permette di vivere solo una piccola parte delle stesse fantasie facendoti piombare in un crudele destino, un richiamo come un suadente canto verso il vuoto forse inconsciamente desiderato. Umberto Orsini, con una troneggiante interpretazione, offre una prova di inimitabile padronanza scenica caratterizzando l’anima di Solness, un uomo con una vita tormentata, erosa dalle sue stesse fobie, apparentemente un vincente, ma che in realtà è uno sconfitto perché la disfatta è radicata dentro di lui evidenziando quella famosa “colpa” che tutti i personaggi di Ibsen prima o poi devono pagare nei confronti della società. Lucia Lavia, inimitabile: dotata di un seducente innato fascino sublima il ruolo di Hilde Renata Palminiello valente nell’interpretazione della triste e problematica Aline. Eccellente Salvo Drago nel ruolo dell’ambizioso Ragnar: Chiara Degani, perfetta Kaja Pietro Micci, ottimo dottor Herdale Flavio Bonacci un bravissimo Knut: senza dimenticare il creativo Regista Alessandro Serra che non pago della sua fama si è superato rielaborando il complesso testo ed ingigantendo uno spettacolo unico e di grande spessore culturale.

Giuliano Angeletti

Il costruttore Solness
 da Henrik Ibsen
Rielaborazione e Regia Alessandro Serra
Recensione di Giuliano Angeletti
Produzione:
Compagnia Umberto Orsini S.r.l.,
Teatro Stabile dell’Umbria
Cast Artistico:
Il costruttore Halvard Solness: Umberto Orsini
Hilde: Lucia Lavia
Aline: Renata Palminiello
Dottor Herdal: Pietro Micci
Kaja: Chiara Degani
Ragnar: Salvo Drago
Knut Brovik: Flavio Bonacci
Cast Tecnico:
Regia: Alessandro Serra
Scene, costumi, luci, foto di scena: Alessandro Serra
Durata:160 minuti
Numero atti: 2
Anno di produzione: 2019

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