“Contro la folla. Il tempo degli uomini sovrani”. Alla ricerca dell’Uomo Sovrano di se stesso

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Contro la folla. Il tempo degli uomini sovrani. Credo che già il titolo dica molto riguardo questo libro, scritto da Emanuele Ricucci, che così ha dato vita al fratello maggiore di Torniamo Uomini, uscito nel 2017 con il quotidiano Il Giornale. Ricucci è un giornalista, scrittore, saggista, a mio avviso anche filosofo, perché la sua prospettiva dell’esistenza, con un taglio così netto e allo stesso tempo così significativo, si carica di un’eloquenza che va ben oltre la semplice riflessione. È stato Passaggio al Bosco a pubblicare ultimamente questo volume di 240 pagine, arricchito dall’introduzione di Vittorio Sgarbi, con una copertina suggestiva (progetto grafico di Guido Gabrele) che molto ha da dire sul contenuto, qui dove troviamo una folla inerte di uomini tutti uguali, fatti con lo stampino. Si tratta proprio di quella folla contro la quale si scaglia l’Autore, alla ricerca semplicemente dell’Uomo, quell’Uomo con la lettera maiuscola, quello che non teme la libertà, il quale attraverso le sue battaglie personali trova la sua indole, il suo segno distintivo, un suo “sovranismo”. Per Ricucci dunque quest’Uomo è quello che non si lascia strumentalizzare dai media e dai poteri forti, è l’Uomo che accetta i consigli, ma consapevole che l’ultima parola è la sua. Si tratta dell’Übermensch nietzschiano nel senso più profondo del termine: colui che ha accresciuto la sua interiorità di esperienze concrete e spirituali, essendo così divenuto padrone di se stesso e dei suoi limiti. Possiamo dire che l’Uomo di Ricucci è semplicemente consapevole di sé, sa chi è, sa cosa ama e cosa detesta. L’Uomo dello scrittore è libero, proprio come lui, il quale fuoriesce dal piano politico per andare oltre, per andare a indagare i reconditi meandri dell’intimo. Diventare Uomini presuppone uno scontro con gli altri e soprattutto con se stessi, presuppone il coraggio di non fermarsi alle insidie e alle barriere, presuppone soprattutto il coraggio di scontrarsi con quella folla di uomini che non riconoscono l’Uomo, contrastandolo. Nonostante questo l’Uomo è appagato, perché lui ha raggiunto un equilibrio e una consapevolezza: lui sa chi è e sa di chi vuole contornarsi. Si tratta di un sovranismo che dovrebbe riportare alla rivalutazione della propria indole intrinseca e anche della nostra ricchissima cultura, della quale dovremmo essere consapevoli. Dovremmo farla nostra, cibarci della nostra cultura, della spiritualità, dell’Arte, dei valori: farli nostri, interiorizzarli, personalizzarli, proiettandoci verso la costruzione di un proprio Io forte, rispettoso della nostra personalità. Magnifico il mondo per Ricucci, che bello sarebbe vedere convivere insieme tanti Uomini, ciascuno con idee proprie, ciascuno con una personalità tonda e completa. Tutti diversi, ma tutti rispettosi delle idee altrui e tutti solidi e coerenti, non oscillanti come la nostra classe politica, non oscillanti come tante persone dei giorni nostri, dove la parola non conta più. Ricucci si proietta verso il futuro, ma è per certi versi un nostalgico. Per il futuro sogna quello che eravamo, prima che media e fake news ci strumentalizzassero. La televisione aveva iniziato questo processo, internet e i social l’hanno portato all’estremo. Arrivati a questo punto non si può fare altro che tornare indietro e tornando indietro chissà che il sogno di Emanuele Ricucci non si possa realmente realizzare.

Di ciò che convenzionalmente chiamiamo sovranismo, mi interessa l’ispirazione. Ciò che questa parola può evocare. Nel ring italiano, in questo assurdo anello di fuoco, anche internazionale, si vorrebbe giustificare la sindrome dell’emozione che domina gli uomini – l’emotività al governo di uomini piccoli e instupiditi – come genesi del sovranismo, riducendolo a cavernicolo imbarbarimento dell’intelligenza individuale e sociale che sfocia in una sorta di nuovo nazionalismo inutile, dell’industria politica, un passo indietro, privo di coltivazione, nell’interpretazione del mondo. Nulla di più faziosamente demagogico e modaiolo.

Dal punto di vista stilistico, l’Autore fa uso di una scrittura potente. Come detto, Ricucci è giornalista, ma è anche scrittore. Si tratta di un saggio in cui l’idea critica emerge con forza e questo attraverso un linguaggio allo stesso tempo ricco e fluido, sicuramente esplosivo, linguaggio che non può che attirare l’attenzione del lettore, che assapora anche tutta l’ispirazione con la quale questo testo è stato scritto, come un flusso di pensieri ben architettato, in grado di offrire una visione completa della nostra società, questo attraverso lo sguardo intelligente, innovativo e unico di Emanuele Ricucci, che con Contro la folla. Il tempo degli uomini sovrani si chiede come si possa riscoprire quelle caratteristiche in grado di rendere l’Uomo migliore. Se volessimo dare una lettura del volume in chiave Coronavirus, potremmo concludere con le parole che Vittorio Sgarbi ha utilizzato nell’introduzione: “Contro la folla è il manifesto di questa stagione di distanze forzate, il testo teoretico della prescrizione governativa che parla esplicitamente della e alla folla, attraverso l’intensivo affollamento.”

Stefano Duranti Poccetti

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