La geografia dell’intorno e la semantica del linguaggio

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Faccio fatica a capire il contenuto dei messaggi iperbrevi a mo’ di sigla o targa automobilistica di cui è farcita la nostra lingua in età contemporanea … mi sveglio una mattina e scopro di vivere nel 21º secolo!
Bene, mi do il benvenuto da sola, provo a entrare nel mondo degli altri con il cosiddetto dialogo … ricordavo ai tempi della scuola le lezioni sulla semantica, sul significato e sul significante …
Ma l’oscuramento (che non chiamo black-out) che mi investe appena proferisco parola è senza condizioni … vittima della mia ignoranza provo a comprendere, mentre oggetti volanti mi piovono sulla testa … sono password al secolo parole d’ordine, sms, loghi, mms … paiono sigle di automobili, codici di avviamento postale, codici segreti di un mondo di automi …
Provo a mettermi in linea di galleggiamento perché penso sono io che non funziono, sono io che non capisco, sono io che sono antiquata … ma pare un dialogo tra sordi, dove i sordi non si sa chi siano in realtà, perché la sordità in questione non può essere salvata neanche da un apparecchio acustico … trattasi di una sordità irreversibile …
Fra apparenza e sostanza le parole, la sintassi del mio tempo, le sintesi di pensiero travalicano il vuoto del significato per il significante dove il gerundio è stato licenziato e il participio passato in disuso messo nel freezer o ancor peggio in discarica come elemento da smaltire …
Apro le mani e vedo la grammatica italiana urlare di dolore, chiedermi “fai qualcosa”, restituiscimi i miei verbi e le mie consecutio temporum … sopraffatta da tanta tristezza per sua maestà, la grammatica e la sintassi italiana, provo a chiamare tutti i luminari viventi in fatto di salvataggio culturale, ma approdata sull’isola del nulla scopro di essere da sola a macinare parole e verbi che nessuno più vuole …
Mi dicono che ci sia stato un colpo di stato lessicale e che la lingua italiana sia stata rottamata da una vorace sequenza di sigle e abbreviazioni o breviazioni che si dica … utili a risparmiare tempo e denaro, pare che i conquistatori della nostra lingua siano anglosassoni che ogni qualvolta sentono un condizionale o un trapassato remoto ti multano per eccesso di lentezza …
Loro, gli anglosassoni, hanno risolto tutto con un genitivo “anglosassone” un modo per trovare il tempo di far cuocere il riso a cottura 20 minuti mentre parli del più e del meno farcendo la tua conversazione di genitivi extracomunitari …
Sola sull’isola del nulla, naufraga e orfana dei miei verbi antichi e delle mie consecutio temporum, rivolgo il mio sguardo al cielo, al lessico perduto di un mondo che per vivere ha bisogno di sintassi, pensiero e discorso, ma mi dicono che è tardi, che non c’è più tempo, che bisogna fare in fretta e che i minuti sono contati …
Nostalgica del lessico e della parola che delegata al ricordo costruisce la storia, sento il cellulare che squilla … non è il mio, l’ho buttato, ma di Dio che stufo di tanta ignoranza ha deciso di mettere ordine … era ora che venisse qualcuno a ridarmi il mio lessico perduto.
Verrà il giorno di perduta speranza e io riabbraccerò la mia lingua purgata da assonanze estranee perché la lingua di un popolo è la sua storia, è il sintagma del suo pensare e del suo divenire.
Il divenire del significato per il significante ritornerà ad occupare le menti e le bocche di coloro che per passione fanno della lingua il propulsore delle idee che non sono delle sigle automobilistiche tantomeno abbreviazioni, le idee sono il motore della storia e la storia di un paese, il mio paese, l’Italia può essere soltanto e primariamente raccontata in italiano, luogo di memoria autoctona come un vitigno delle Langhe o del Chianti che mai potrebbero diventare un genitivo anglosassone.

Barbara Appiano

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