I due “quasi gol” più celebri nella storia dei Mondiali di calcio

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Nel mondo dello sport, in generale, si ricordano i vincitori e le vittorie, e ai vinti si riserva, spesso ingiustamente, un angolino nel retrobottega, quando non l’oblio completo. Nel calcio, in particolare, a far la storia sono i gol, cioè i punti segnati, che in questo sport, contrariamente ad altre discipline di squadra come la pallacanestro e la pallavolo, costituiscono un’eccezione e perciò rivestono un’importanza speciale e un valore eccezionale. Perché, allora, dedicare un articolo ai “quasi gol”, cioè ai gol mai avvenuti, ai gol che “avrebbero potuto essere ma non sono stati”? Perché proprio in questa imperfezione, a volte frustrante, dell’atto incompiuto si nasconde un fascino misterioso, irrazionale, inspiegabile ma al tempo stesso innegabile; un fascino che stimola la nostra fantasia, e ci spinge a pensare “COSA SAREBBE SUCCESSO SE…” E tale fascino aumenta quando, a incappare in tale “incidente di percorso”, sono i più grandi di sempre. In questa mia personalissima – e opinabile – selezione ho deciso di ricordare, limitandomi ai soli Mondiali di calcio ed escludendo perciò tutte le altre competizioni calcistiche (altrimenti, addio!), i due episodi di quasi gol che ritengo più eclatanti, e che vedono protagonisti nientemeno che Pelé e Roberto Baggio.

L’espressione “quasi gol” si deve al grande e indimenticabile Nicolò Carosio, pioniere delle cronache radiotelevisive calcistiche italiane e storico commentatore della Nazionale azzurra per quasi quarant’anni. Il “quasi gol”, come facilmente intuibile, è una grossa occasione da rete mancata per poco. I due grandi “10” sopra citati, oltre che dal numero di maglia, sono accomunati dal fatto di essersi resi protagonisti di “quasi gol” mondiali rimasti impressi nella memoria degli appassionati quanto, se non più, di certi gol veri e propri. Cominciamo, in ordine cronologico, da Pelé.

17 giugno 1970, semifinale del Mondiale in Messico. Mentre l’Italia è impegnata a dar vita alla “Partita del secolo” contro la Germania, il Brasile si gioca l’accesso alla finalissima contro l’insidioso Uruguay. A sorpresa, è la celeste a passare in vantaggio al 19’ del primo tempo con Cubilla, ma il Brasile ristabilisce la parità poco prima dell’intervallo con Clodoaldo. La ripresa è un monologo brasiliano pressoché ininterrotto, e i verdeoro si portano meritatamente sul 3-1. Nel finale di partita, a risultato ormai acquisito, un lanciatissimo Pelé riceve un passaggio filtrante da Tostao verso il centro dell’area; vedendo che anche il portiere avversario Mazurkiewicz sta accorrendo verso il pallone, Pelé lo manda completamente a vuoto con una finta fulminea disinteressandosi della sfera, per poi correre a recuperarla nel lato destro dell’area di rigore, in posizione piuttosto decentrata. Con una rapida torsione, a porta sguarnita, Pelé scocca un diagonale di destro indirizzato al secondo palo ma la palla, incredibilmente, finisce a lato, seppure di un nulla. La partita si chiude così, con Pelé a bocca asciutta ma in finale, dove si riscatterà aprendo le danze con il celebre stacco di testa imperioso dell’1-0, primo passo verso la conquista della terza Coppa Rimet contro l’Italia. A onor del vero, in quello stesso Mondiale Pelé era già stato protagonista di un altro clamoroso quasi gol il 7 giugno, durante l’incontro della fase a gironi contro l’Inghilterra, ma più che come quasi gol di Pelè, l’episodio è giustamente passato alla storia come la “Parata del secolo” da parte del portiere Gordon Banks, capace di respingere un colpo di testa di O Rei sovvertendo le leggi della fisica…

Se il quasi gol di Pelé a Messico ‘70, come abbiamo visto, è stato ininfluente per l’esito dell’incontro (e delle sorti del Mondiale brasiliano con esso), non si può dire altrettanto di quello che ha visto protagonista Baggio a Francia ’98, ennesimo appuntamento con la Storia mancato dal “Divin codino” per un soffio: alla sua ultima occasione, il grande Roby ha vissuto l’ennesima esperienza amara e sfortunata in maglia azzurra, cosa che non ne ridimensiona comunque la statura di indimenticabile campione, tra i più grandi di sempre mai prodotti dal calcio italiano.

3 luglio 1998, Saint-Denis, Parigi. Sulla strada verso il sogno del quarto Mondiale, la forte Italia di Cesare Maldini, trascinata dai gol di Vieri, trova il peggior avversario possibile – insieme al Brasile -: la Francia, padrona di casa. Dopo il clamoroso smacco della mancata partecipazione a due Mondiali consecutivi (Italia ’90 e USA ’94), in vista dell’occasione unica rappresentata dall’assegnazione del torneo la nazionale transalpina ha lavorato duro ed è letteralmente risorta, facendo sbocciare talenti purissimi di livello mondiale come Zidane, Djorkaeff, Henry, Trezeguet e Thuram. Quello allestito per il Mondiale casalingo è uno squadrone, che in più può contare sul fattore campo. Per l’Italia, anche se dotata di una rosa degna dei “cugini”, la missione è proibitiva. La gara è tesa, non bella. Tra le due squadre prevale la preoccupazione di non prendere gol, anche se la Francia, comprensibilmente, fa qualcosa in più e si dimostra superiore, pur non così nettamente come si poteva supporre. L’ariete azzurro Vieri non è in giornata, idem il fantasista Del Piero, che viene sostituito da Baggio nel secondo tempo. Le difese sono attente, e il risultato rimane inchiodato sullo 0-0. Si va ai supplementari. Durante il primo tempo Albertini inventa un assist al bacio per Baggio, una morbida palombella nel lato destro dell’area di rigore che il Codino, temendo l’uscita del portiere Barthez (che si era però fermato a metà strada), decide di colpire al volo. Ne viene fuori una pennellata d’artista, un destro incrociato che disegna una traiettoria magica, un arco nel cielo che sembra preludere al gol, direzione incrocio del secondo palo. Invece no.

La palla esce, strozzando in gola l’urlo di gioia degli azzurri e permettendo ai francesi di tirare un sospiro di sollievo, dopo un interminabile momento di sospensione in cui il loro destino sembrava segnato: a Francia ’98, infatti, vigeva ancora la regola del Golden Goal, secondo cui la squadra che avesse segnato per prima nei supplementari avrebbe vinto automaticamente l’incontro. Per una questione di centimetri (forse Baggio ha colpito troppo bene la palla!) ciò non è successo e, dopo un ultimo sussulto (il salvataggio di Pagliuca su Djorkaeff alla fine del secondo tempo supplementare), si arriva all’epilogo dei rigori, che per il terzo Mondiale di fila è sfavorevole all’Italia. Il rumore, nitido e spietato, quasi surreale, della traversa colpita da Di Biagio è una “campana a morto” che decreta la fine del sogno azzurro. La Francia, invece, dopo lo scampato pericolo procederà verso il primo trionfo Mondiale della sua storia. Otto anni dopo, l’Italia avrà la sua rivincita…

Francesco Vignaroli

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