Corriere dello Spettacolo

Pubblichiamo alcuni frammenti de “L’assoluto (poema in prosa)” dello scrittore Massimo Sannelli

Massimo Sannelli è nato nel 1973. Vive a Genova. Allievo di Edoardo Sanguineti, dottore di ricerca in filologia latina medievale. Autore, attore, insegnante, artista, editor (poi editore indipendente con il marchio Lotta di Classico), traduttore, studioso. I suoi ultimi libri sono Digesto (Tormena, 2014) e Intendyo (La Camera Verde, 2016). In preparazione: Hôtel de la Croix de Malte. Il romanzo di una torre ospitale (Tormena, 2016), scritto insieme a Vittorio Laura. Scrive in italiano, inglese e francese. Il suo sito è www.massimosannelli.com.

 

L’assoluto (poema in prosa): alcuni frammenti

tenera no, ma sicura. e dovrai essere chi manca e chi scoppia, bene. e ti voglio imperfetta e blesa, sempre contorta, quando parli, se chi parla è imperfetta e blesa. l’attrice dovrà difettare perfettamente, in questa parte. Ora senti bene: ci sono il ferro e il fuoco, te lo assicuro, sono due e io sono uno, e se io faccio il fuoco tu devi essere il ferro. Detto cosí suona troppo forte. E lo stile rischia l’ingenuità e sa di farlo; ma l’ingenuità non è un problema: il problema è trovare un posto; un posto vero, uno spazio nel mondo, un lavoro, cose del genere.

 

tra le cose belle ci sono le cose ispide e morbide, lana di schiena e lama di spada, mela di pianta e mola per lama [ma non bisogna giocare molto, però]; e sono le cose buone, nel loro tempo preciso, di mattina, e nella quantità giusta, che io so. e so anche questo: non ho piú l’idea di una politica possibile. forse l’unica idea è un mondo di baci e culture, una specie di uscita matura dalla storia, ma è possibile sognare cosí?

E poi il bosco e uscire.

 

Una confusione, diverse confusioni e utilità; prima di tutto le cose personali, lavarsi nel modo giusto, vestire nel modo giusto; e nessun errore, perché l’uomo è solo e nessuno aiuta.

La scena sarà improvvisata e peserà. Non pesa la vista dell’insieme – compagnia, lavoro, macchine – e non pesa il risultato finale, dove la ragazza è nuda e morbida, con le gambe dure (gioca a calcio), il regista è preciso, l’amico del regista sta seduto perché lo dico io, e io sono chi tocca con le lame e con le mani e non fa altro.

 

Agio e disagio: nello stesso tempo e nella stessa occasione. io voglio tempo ADESSO e fioriture ADESSO, e partiture e potenza ADESSO, e un direttore della fotografia che lavori bene. Voglio tempo e luce, per non giocare.

Una mostra di nudi è un richiamo sufficiente perché io lavori.

Alla mente non basta sapere, ma vedere.

 

l’istante è un nome di facciata. so che l’istante non è un istante e durerà molto, perché voglio che duri molto. e poi: tutti i contenuti senza musica saranno divorati dalla musica. La prosa perfettissima vive, ma non regna da sola. La solitudine pesa, sempre di piú, e io so perché. [c’è il solito piacere che ritorna, si ripete e si rifà, ogni volta, e ogni giorno sembra nuovo, si dice cosí ed è vero; e siamo soli ma due, per due ore ci siamo, qui restiamo. Shelter. Rest.]

 

la moda è satura e i modi sono acidi, come è acido il dominio delle persone. Mi vendicavo nelle interviste, ma poi no. Mi confusi nelle controfigure, ma non ne ho piú. Inventai il prete, delirai, ricostruii i denti rotti e mi isolai, punto per punto. Non è il caso di ripetere la biografia. Sulle cose inesauribili – queste – bisognerà scrivere molti appunti.

 

l’uomo nuovo è primitivo ma geniale. le abitudini umane sono lame, come il rumore e la compagnia, mangiare in gruppo e ascoltare le voci diverse. L’uomo può stare in gruppo solo come maestro o come performer, poi no. In lui non-uccidere è come ama-te-stesso, quindi fa e non fa le cose per la stessa ragione: per volontà e per elezione. [e bisogna essere cosí: masters dei masters, ma non solo nella Rete – ovunque, sempre]

 

Le pause ci sono, affettuose, tutte; ma il vuoto è quello che è buono, e solo il vuoto tra le cose è buono. Dopo la mistica ci sono due cose: o il ritorno alla pratica o il silenzio pieno. Esistono realmente la freccia, il sacco, la tazza, il seno, la bocca aperta e chiusa. Anche l’idea della grazia esiste, in questa forma: baci e carezze, carezze, baci, senza numero.

 

In giugno piove non dolcemente, mentre il piú vile di tutti sta male. Il piú vile di tutti è stato un capo, prima. In questi giorni ci si ama dolcemente, a lungo, ed è vero QUESTO. Per un po’ di vuoto si lancia l’idea, fuori, pubblicandola come ora. Si lancia anche una goccia, poi, con il pudore di sempre: la goccia è seme.

 

niente da attendere con rabbia; tutto con precisione, ancora. E: nessuno sconto al mondo piccolo; la volgarità va bene solo come citazione, e in nessun’altra forma; l’alcool deve essere molto limitato; tutti gli eccessi sono finiti. È arrivata una lettera d’amore, è brevissima, è un biglietto, e contiene la parola amore; io la tengo qui e la conservo. Niente da attendere con rabbia, ma solo il live: lo spettacolo comincia solo ora, ma comincia bene. E per prima cosa si va al mare, con lei, dopo anni.

in questi paragrafi ci sono stati diversi inneschi ingenui, ma poca strategia da bestia in bosco, da predatore duro. C’è della violenza, sí, e anche la durezza; ma non c’è veramente l’astuzia. C’è una discreta chiusura di occhi, occhi, occhi, per non sapere.

 

foto in evidenza di Fabio Giovinazzo
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