Roma, Teatro India (Lungotevere Vittorio Gassman), dall’11 al 16 ottobre 2016
Tempus fugit. Bisognerebbe averne piena consapevolezza ma è una battaglia quasi sempre persa. Troppo superbo l’uomo per rendersene conto, almeno fino all’ultimo istante in cui gli sarebbe ancora concesso. Quell’ultimo istante. Che dopo, ogni passione viene spenta, rimane il silenzio, nel quale non si avrà più paura, non si potranno avere dubbi, dove l’Amore troverà la sua condizione ultima e, chissà, eterna. Al Teatro India di Roma, dall’11 al 16 ottobre, Amore della Compagnia Scimone – Sframeli, mette in scena la propria poesia. Lo fa con un linguaggio inusuale, che ricorda molto da vicino quello del teatro dell’assurdo, ma che mantiene il contatto emotivo col pubblico, senza sofismi, con una drammaturgia di livello. Un lungo mantra i dialoghi tra le due coppie, i due “vecchietti” e i due pompieri, in un ultimo giro di giostra dentro un cimitero, al cospetto dei rispettivi giacigli-sepolcri, ma in un tempo sospeso, surreale. Quel che emerge sono le occasioni perse “quando eravamo giovani” per la paura di essere, di esprimersi nella naturalezza del proprio sentire. Parolacce pensate e non dette, sentimenti repressi e nascosti, ma anche i gesti di tenerezza (pur grotteschi), le necessità fisiche oltre a quelle sentimentali. Verità semplici, terrene, e proprio per questo riconoscibili e condivise. Concetti ripetuti in un loop ipnotico, divertente ma mai superficiale e con interpretazioni che fanno risaltare la bellezza del teatro in tutto il suo splendore ed essenza.
Paolo Leone