Dal 15 novembre al 4 dicembre 2016, al Piccolo Teatro Strehler, Milano
Mentre guardavo lo spettacolo, due storie che si intersecano, i personaggi hanno gli stessi nomi Oliver (Maurizio Lombardi), Philip (Luca Zingaretti), Sylvia (Valeria Milillo) e sono rappresentati dagli stessi attori, l’ambientazione è sempre Londra, nel 1958 e ai giorni nostri, i temi raccontati e affrontati sono simili, cambiano i modi di esporli e di percepirli e di viverli, il mio sguardo vagava tra gli spettatori. Compiti seri spettatori borghesi, probabilmente sposati, età varia ma più verso quella matura/avanzata e pensavo che quegli stessi spettatori, che alla fine hanno applaudito calorosamente, dopo avere anche riso, lo humour inglese è presente e sempre damned cool, hanno assistito alla rappresentazione delle loro stesse paure, vergogne, perversioni, mancanza di coraggio, bugie, tutte nascoste dietro le confortevoli quattro mura delle loro agiate case. E poi si indignano dei muri altrui…
Diciamo che la regia di Luca Zingaretti ha reso più interessante e più accattivante, grazie anche agli attori che vestono diversi ruoli, cercando e riuscendoci, a dare sfumature diverse anche se a volte un po’ di “maniera”, una drammaturgia corretta, dignitosa, ma non abbastanza dirompente né troppo originale.
Allora allontaniamoci dal tema omofobo, e vediamo la storia sotto il punto di vista della identità e della manca di coraggio, della paura e del bisogno di essere ascoltati: la prospettiva cambia e gli orizzonti si allargano, si va a scavare nell’animo degli esseri umani, tutti, senza distinzione.
Cosa spinge Philip, agente immobiliare senza fantasia, passione, apertura mentale di cui forse non ne è cosciente ma neanche interessato, a cedere alle sue tendenze omosessuali, che si è portato dietro per mezza vita senza mai essere stato libero di esprimerle? Non è chiarissimo nella storia, ma possiamo azzardare alcune ipotesi: curiosità, noia, disprezzo, liberazione dagli schemi in cui si trova a vivere ogni giorno, “sopportando” una moglie isterica e fragile, forse frigida e molto concentrata su se stessa, anche se appare diversamente. Ma questo è forse un motivo per “offendere” Oliver nei suoi sentimenti, nel suo essere “diverso”?
E cosa spinge Oliver a tradire nel buio di un parco, il suo amante Philip che adora e la cui separazione lo getta nella più completa disperazione? Oliver si difende dicendo che “non lo ha visto in faccia, gli ha solo fatto un pompino”. Philip però, gay o non gay, ne è offeso e non capisce il motivo di tale comportamento. Nemmeno noi, ma… la carne è debole… si sa e chi riesce a soddisfarla ha senz’altro un punto in più in fatto di coraggio e mancanza di inibizioni. Alcuni penseranno in stronzaggine…
Interessante l’idea registica di fare entrare i personaggi nella storia che non è la loro, estranei ma anche un po’ spettatori e l’uso del microfono per confessare, davanti alla platea, come in un vero reality show, da parte di Philip e di Sylvia, le proprio debolezze, il ritrovamento finale del coraggio, dei sentimenti repressi, delle identità.
Tutto ben confezionato, gli spettatori sono andati a casa più leggeri dopo avere lasciato sul palcoscenico, i panni sporchi delle loro responsabilità, colpe e depravazioni nascoste, difficilmente confessabili, a meno che non sia abbia un po’ di Orgoglio.
La potenza dell’Arte…
Daria D.