Corriere dello Spettacolo

Con uno Spettacolo al buio il Rossetti offre una fortissima esperienza sensoriale. Collaborazione di gran successo fra il Teatro Stabile e l’Istituto Regionale Rittmeyer per i Ciechi

Trieste, Istituto Regionale Rittmeyer per i Ciechi. Sabato 10 dicembre 2016 – Viale Miramare 119

L’idea di uno spettacolo al buio apparirebbe di primo acchito come un paradosso etimologico. Il Vocabolario Treccani recita infatti così: spettàcolo s. m. [dal lat. spectacŭlum, der. di spectare «guardare»]; in realtà abbiamo diversi modi per vedere, non soltanto con gli occhi, e l’assistere ad una rappresentazione di questo tipo lo dimostra pienamente, anzi: le necessarie accortezze per accedere alla sala appositamente preparata permette di ritornare al rito, a fermarsi, a prepararsi per assistere a qualcosa che permette di uscire in qualche modo dal tempo e dallo spazio, ma soprattutto dalle nostre sicurezze, anche quelle più banali. Viene chiesto a tutti di “spegnere” i cellulari e di togliersi gli orologi, perché le lancette fluorescenti abbagliano, letteralmente. Alla sala si accede in modo autonomo fino a quello che viene definito “prebuio”, poi si è in balìa di altri sconosciuti, dei non vedenti, che suggeriscono di iniziare a fidarsi “ciecamente” di loro ed è un bell’esercizio provare a scambiarsi le parti. A questo punto bisogna aspettare che tutti gli spettatori vengano accompagnati, ognuno al proprio posto e così ci si prepara, perdendo la cognizione del tempo che passa, in un attesa nuova, senza punti di riferimento, senza distrazioni che non siano i propri pensieri o qualche frase del vicino. Per lo più si sta in silenzio ad accogliere sensazioni nuove. Si aspetta con pazienza. L’oscurità in cui si è immersi è totale ed è come trovarsi in una stanza scura scura, con gli occhi chiusi, occhi che proprio per questo tendono a mettersi spontaneamente in posizione di riposo e bisogna fare un certo sforzo per mantenerli aperti. A quel punto altri sensi si acuiscono, in particolare l’udito. Voci e suoni assumono altra importanza ed è cosa molto diversa dal semplice ascolto di un radiodramma, perché qui si può fare soltanto una cosa: fermarsi. Ed assaporare qualcosa di diverso, denso, che acquista importanza innanzitutto  per il modo in cui viene proposta. Rimanda un po’ a quando si ascoltavano le fiabe la sera prima di addormentarsi e l’assenza totale della possibilità di visione rende tutto più intenso, con la sensazione che lo spettacolo sia soltanto per te. Si percepisce la presenza degli altri, soprattutto dai rari colpi di tosse o dalla breve battuta detta al vicino, ma sono davvero poche le persone che scelgono di rompere il silenzio in sala e si sta molto più attenti, preferendo aspettare che sia tutto finito prima di dire qualcosa.

Ed ecco apparire all’ascolto Lara Komar ed Andrea Germani assieme al violoncello suonato da Cecilia Barucca;  suggestivi testi legati al mare di autori giuliani (pagine in prosa di Claudio Magris, Paolo Rumiz, e Giani Stuparich, poesie di Pier Antonio Quarantotti Gambini) si alternano a brani di Johann Sebastian Bach e Robert Schumann. La mancanza di distrazioni visive da una parte e la necessità per gli attori di esprimere tutto, verbale e non verbale, soltanto attraverso la propria voce dall’altra hanno creato qualcosa di raro e prezioso. Sono voci che diventano suono, quasi canto, dotate di un ritmo di recitazione che sembra essere diverso da quello abitualmente sentito e che rimandano al ricordo di Omero o dei veggenti dell’antichità, sempre ciechi, se uomini. Si comprende quanto sia vero che “la parola crea”. La musica dal vivo si inserisce in modo perfetto in questo affascinante contesto, dando la sensazione ad ognuno di essere lì da solo ad ascoltare.

Tutto questo si inserisce in un contesto che ha in sé qualcosa d’altro che va al di là dell’evento, come l’incontro del Rossetti, un teatro pubblico, che decide di mettersi alla prova in modo concreto ed unirsi in questo ad un’istituzione come l’Istituto Rittmeyer (che da qualche anno si sta dando molto da fare per mettere a disposizione del mondo esterno la propria importante competenza nell’ambito della disabilità visiva), dimostrando in modo evidente che non sempre sono i “vedenti” quelli maggiormente capaci di cogliere tutto quello che dall’esterno arriva. Lo spettacolo si conclude con l’accensione di una candela per riabituare poco alla volta i presenti alla luce e si ritorna quasi con fastidio alla frenesia quotidiana. Ma c’è una luminosità molto più forte e magica che resta fortunatamente appiccicata addosso: quella che si coglie, stupenda, negli occhi di Lara Komar, Cecilia Barucca e Andrea Germani, segno di quanto il Teatro, anche se al buio, sia uno scambio di emozioni capace, quando funziona davvero, di arricchire tutti quelli che lo hanno vissuto, al di qua e al di là del palcoscenico.

Paola Pini

In collaborazione con Il Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Spettacolo al buio
Con
Lara Komar
Andrea Germani
Cecilia Barucca (violoncello)

 

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