Trieste, Politeama Rossetti, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, dal 15 al 19 marzo 2017
Mr. Pùntila e il suo servo Matti è una delle opere mature, scritta da Bertolt Brecht tra il 1940 e il 1941 mentre era in Finlandia, nel periodo dell’esilio europeo, prima di giungere faticosamente in California dopo aver attraversato tutta la Russia; è quindi contemporanea come opere come Vita di Galileo e a La resistibile ascesa di Arturo Ui.
Pùntila (Ferdinando Bruni), ricco magnate, proprietario terriero ed allevatore, è dotato di una curiosa caratteristica: quando è sobrio si comporta in modo dispotico con la figlia, cinico e crudele verso i dipendenti, maleducato e arrogante nei confronti delle classi inferiori, interessato e ipocrita quando si trova con i propri pari; ma, se si ubriaca, diventa buono, si trasforma in un amabile compagnone, è umano, preoccupato per il benessere dei propri dipendenti, disponibile ad ascoltare la figlia Eva (Elena Russo Arman) che non vorrebbe sposare l’insulso attaché (Umberto Petranca) da lui impostole mentre era sobrio, insensibile alle lusinghe di fama e potere.
Intorno a quelli principali non ruotano personaggi ma gruppi di individui che si rafforzano reciprocamente nel rappresentare una tipologia; le donne del popolo: Emma (Ida Marinelli), la telefonista (Corinna Agustoni), l’assistente farmacista (Carolina Cametti) e la lattaia (Francesca Turrini) che ricevono tutte da Pùntila la promessa di sposarle; gli uomini, prima assunti e poi cacciati: il macilento (Luca Toracca), Pelorosso (Matteo de Mojana) e Surkkala (Francesco Baldi), licenziato perché comunista, poi ripreso e infine di nuovo allontanato per far fede all’impegno preso con il Pastore (Luca Toracca); le domestiche Laina (Ida Marinelli) con cui la Pastoressa (Corinna Agustoni) intavola una dotta discussione su come conservare i funghi e Fina (Carolina Cametti); i pari di Pùntila: il giudice (Nicola Stravalaci) e l’avvocato (Matteo de Mojana).
Il sottotitolo originale è “Rappresentazione popolare” e la scenografia, curata come la regia da Francesco Frongia e Ferdinando Bruni, ricorda lo spettacolo di strada, ma anche il cinema o le fotografie anni Trenta, con sipari in palcoscenico (su quello centrale campeggia una banconota che riprende la fisionomia del dollaro americano, ma sulla quale sta scritto “The Puntiland States of Puntila”), l’annuncio delle scene attraverso la proiezione del titolo su di uno schermo posto alle spalle di un ballatoio rialzato o colori di scene e costumi tendenti al seppia.
Ferdinando Bruni è anche autore della traduzione, agile ed agevole, rispettosa del testo e dello spirito originario; la messinscena e la recitazione sono un vivido esempio del “teatro epico” teorizzato da Brecht e portano lo spettatore in un mondo di narrazioni in bilico tra il fiabesco e lo stile dei cantastorie che continua ad essere attuale e importante, reso ancor meglio dalle musiche originali di Paul Dessau composte nello stile di ballata e arrangiate da Matteo de Mojana.
Paola Pini