Slovensko stalno gledališče / Teatro Stabile Sloveno e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
La molteplicità arricchisce, offrendo l’esperienza di cogliere in un unico momento aspetti e prospettive diverse e una visione più ampia e profonda a chiunque vi si lasci attrarre. È sorella della complessità e spesso procedono assieme proponendo percorsi affascinanti, a volte pericolosi e scoscesi, mai banali o piatti.
Anche la montagna è così.
Paurosa bellezza/ Grozljiva lepota di Marko Sosič, che ha debuttato in prima assoluta il 21 aprile a Trieste, parla in modo poetico e toccante di sfide a pareti rocciose, di nuove vie aperte, di uomini e donne che hanno fatto la storia dell’alpinismo, partendo da una città di mare i cui figli hanno bisogno di andare alla ricerca delle cime più impervie: Emilio Comici e Rita Rosani, Enzo Cozzolino e Tiziana Weiss, si trovano qui legati in corda doppia alla voce di un nostro contemporaneo indefinito, che riallaccia le loro storie assieme alle proprie riflessioni.
Molteplice e complessa è anche la realizzazione di questo spettacolo prezioso, in scena fino al 14 maggio nella Sala del Ridotto del Teatro Stabile Sloveno, nato dal comune amore dell’autore e di Franco Però, direttore del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, per l’alpinismo.
Unici sono il testo, la regia e l’allestimento, ma gli spettacoli sono in realtà due: avendo sia il Rossetti che il Teatro Sloveno una propria Compagnia stabile, tre attori dell’una (Lara Komar, Riccardo Maranzana e Filippo Borghi per il cast italiano) e tre attori dell’altra (Maruša Majer, Primož Forte e Tadej Pišek per il cast sloveno) propongono, in tempi diversi, un’interpretazione bilingue. Il pubblico può così scegliere di vedere sia la versione in italiano che quella in sloveno in giornate diverse, ma anche nella stessa sera in successione, con un intervallo di mezz’ora circa tra una e l’altra.
Il testo originale è stato scritto da Marko Sosič in lingua slovena e tradotto in italiano da Laura Sgubin; l’adattamento per la scena è di Žanina Mirčevska. Con la loro presenza alle prove, Rossana Paliaga prima e Helena Husu poi, hanno avuto il non semplice compito di tradurre per i non bilingui le indicazioni, ma soprattutto le idee e le intenzioni di Matjaž Farič, regista e coreografo che qui ha operato anche nelle scelte musicali e nelle proiezioni, efficaci, suggestive e assolutamente necessarie per riuscire a rendere verticale i movimenti degli attori che, sul piano orizzontale del palcoscenico, simulavano le arrampicate dei protagonisti dando allo spettatore la possibilità di cogliere il senso di vertigine, bello e terribile, ricercato sempre da chi sfida la montagna.
La vita e quel che gli scalatori triestini scrissero o dissero si intrecciano con i sentimenti dell’autore ed ecco che la molteplicità e la complessità riemergono prepotenti, unendo lo spirito competitivo, sportivo, agonistico con la visione che “arrampicare è un atto artistico sopra la paurosa bellezza” partita da Emilio Comici e reinterpretata trent’anni dopo da Enzo Cozzolino e Tiziana Weiss per giungere fino a noi.
L’attenzione per il controllo assoluto di ogni proprio movimento è aumentata sempre più nel corso dei decenni, ma non ha fatto perdere un certo desiderio di astrazione e di trascendenza, a volte forse inconsapevole, che lega spesso l’alpinista con quel che la Montagna rappresenta per l’essere umano a livello profondo e intimo, quasi archetipico.
La Storia degli anni Trenta e Settanta del Novecento appare in modo perturbante, ma è lasciata sullo sfondo, parte della vita da cui ci si stacca quando, partendo dal fondovalle, si inizia a salire e che poco a poco, con rischio mortale e fatica a volte immensa, si intravede sempre più piccola e distante. Come Rita dice ad Emilio per quanto riguarda la musica ed Enzo ripete a Tiziana rispetto ad un’arrampicata che limiti l’uso eccessivo dei chiodi che feriscono la roccia, “devi solo esercitarti”.
Paola Pini