Corriere dello Spettacolo

Dante Alighieri. Il buonsenso nella filosofia dell’amore autentico

Nel 1265 a Firenze nasce il poeta Dante Alighieri, in un periodo storico in cui la città era dominata dalle aspirazioni poetiche dell’amore cortese. Si pensa che quest’ambiente culturale abbia determinato l’ispirazione della sua lirica, infatti il luogo culturale determina la personalità di un individuo, anche se a mio avviso Dante non si è ispirato propriamente all’amore cortese dominante nella Firenze dell’epoca. In realtà egli è un uomo con una mentalità aperta sul tema dell’amore, un poeta che scrive per il bisogno di comunicare quello che prova dentro e allo stesso tempo la sua filosofia sull’amore da cui possiamo trarre un ideale educativo.

Credo che con Dante possiamo parlare di una letteratura intesa come pratica educativa, visto che non si tratta solo di un poeta, ma anche di un filosofo dell’amore quotidiano; amore quotidiano perché egli parla dei suoi sentimenti amorosi, sentimenti che non soltanto ricorda, ma che vive quotidianamente. Tutto questo lo possiamo trovare in particolare nella sua opera dal titolo “Vita nova”, che possiede dei contenuti autobiografici dell’autore. Egli racconta se stesso, è il testimone degli eventi riportati. Qui Dante racconta di aver incontrato Beatrice – il grande amore della sua vita – all’età di nove anni e con lei l’amore, nascendo in lui un desiderio di descrivere questo nobile sentimento. Questo si incontra solo una volta nella vita, quando comprendiamo che colei che abbiamo di fronte è una parte di noi che ci mancava. Io credo che Dante con questa opera volesse descrivere proprio questo, descrivendo il saluto di Beatrice come portatrice di beatitudine e felicità, quella felicità salutare per la persona. Questo amore viene descritto come un sentimento impossibile da vivere, per via dei rituali dell’amor contese. Di conseguenza, egli fa di tutto per nasconderlo, fingendo di rivolgere l’affetto ad altre donne, tale finzione però non serve a evitare i pettegolezzi delle mali lingue e così Dante perde il saluto della sua amata. questo fa generare in lui uno stato di sofferenza, che gli permette lanciare una nuova visione etica dell’uomo di fronte all’amore. Da lui possiamo trarre un’ideale educativo di un uomo innamorato nel senso più nobile, visto che egli ama incondizionatamente, senza volere qualcosa in cambio, non pretendendo che la sua amata ricambi l’amore che lui prova. Egli supera il concetto dominante della poesia del tempo e va verso una ricerca d’amore che parte da dentro, che gli fa comprendere che l’amore è fare il bene della propria amata. Per Dante se Beatrice era felice anche lui lo sarebbe stato. Dante descrive la purezza di un amore e forse anche un ideale di uomo, un uomo innamorato ma che accetta il rifiuto della sua amata. Un uomo sofferente ma che si consola e si rialza nel contemplare l’amata rispettandola, desiderando il bene e la felicità di ella – a tal punto che rinuncia a quell’amore. Un uomo quindi che non è egoista e prepotente perché abbandona l’aspettativa di una qualche ricompensa. Un Dante che ci insegna che se siamo veramente innamorati di una nostra lei e questa decide di lasciarci noi se l’amiamo dobbiamo accettare il suo rifiuto, perché amare significa non compromettere la serenità dell’altra. L’amore è sorridere di fronte alla felicità dell’amata, questo fa l’autenticità dell’amore.

Infine, la “Vita nova” continua parlando della morte di Beatrice, una morte che fa trascorre al poeta giorni di grande dolore, che poi trova consolazione in una “donna gentile”, ma che non dimentica la sua amata che riappare in una visione, in un tutt’uno in cui quell’amore sopravvive. Non sappiamo se nella realtà la protagonista muore veramente, la morte di Beatrice potrebbe avere una’altra verità: ossia che la donna sia stata promessa a un altro uomo o si sia sposata. l’Autore comunque si fa forza attraverso la sua consapevolezza della gloria e della felicità dell’amata.

Giuseppe Sanfilippo

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