Corriere dello Spettacolo

Potestà e discorso mentale ne “Il Processo”

I pensieri devono nascere come I neonati, ogni idea è come l’embrione che una volta morto dentro di noi, muore pure un pezzo di se stessi”

 La potestà e il discorso mentale, sono dei caratteri peculiari degli spettacoli egiziani del post-modernismo, esemplare teatrale ne è “Il Processo” di Tarek Al- Dewery.

DRAMUND: Quando si perde la capacità di ridere, si perde la capacità di pensare giusto.

[…] “Il Processo di Tarek Al- Dewery 2017”

KIT: Non è così tanto semplice. Bene o male; bianco o nero, giorno o notte; non sai che la notte nell’altra parte del mondo dura sei mesi?!

[…] “. Ivi.

“Il Processo” è lo spettacolo egiziano che ha avuto un gran successo per quattro anni: è stato messo in scena nel Teatro di Miami ad Alessandria nel 2014, e nel 2017 ancora nel Teatro Nazionale al Cairo “Al-Masrah Al- Kawmy”, con la drammaturgia di Tarek Al- Dewery, con gli attori Ashraf Abdel Ghafour, Yasmin Abdel Aàl e tanti altri. Il testo originale è intitolato “Inherit the wind”, è del 1955 ed è firmato Jerome Lawrence e Robert Lee.

Le Performance, il presente eterno e la metateatralità

Lo spettacolo di “Il Processo” è un esemplare egiziano del teatro del post-modernismo, in cui protagonista della scena è proprio la performance più che il dialogo, in quanto la mimica è l’espressione ideale per il drammaturgo, che traduce tutte le emozioni del personaggio.

D’altra parte, vengono utilizzati tutti i supporti tecnici e tecnologici ben capaci di riflettere l’uomo schiacciato e distrutto psicologicamente in questo mondo. Oltre a ciò, siamo davanti ad uno spettacolo, che in particolar modo presenta la dimensione spazio-temporale ideale del teatro contemporaneo, è il tempo sospeso, coisddetto “presente eterno”, valido ovunque e dovunque, come ci informano le didascalie:

“Il tempo: Non è tanto lontano, è ora!

                        Lo spazio: Un paesino qualsiasi.. Il paesino!” Op. Cit.

 

“Il Processo” è la messa in scena in cui il gioco teatrale si trasforma in un evento sociale, in modo che gli spettatori si sentano liberi a partecipare allo spettacolo da membri già presenti al tribunale (ciòè il palcoscenico) e spetta al pubblico, che deve ragionare profondamente, scrivere su un pezzetto di carta il suo giudizio sull’imputato: colpevole o innocente.

L’imputato è infatti il protagonista dello spettacolo, è un insegnante che ha letto ai suoi alunni un giorno alla scuola una parte da un libro censurato, e qui anche se non si sa di che cosa si tratta il libro, viene messo l’accento sul discorso mentale che evidenzia la libertà di pensare; il processo si sofferma sul binomio “Uomo/ animale”, per distinguere il primo per la sacra mente umana come il dono divino da apprezzare:

DRAMUND: Dunque, perchè Dio ci ha regalato la capacità di pensare?! Secondo me, è il dono sublime dell’uomo.. […] Ivi.

La potestà e lo sviluppo della mente umana

 

Protagonista dello spettacolo è anche “la potestà” come un mezzo essenziale di manipolare le menti della gente: “RASH” è il personaggio aiutante del protagonista, che si innamora dell’imputato, e quindi di tanto in tanto viene a persuaderlo di ammettere di essere colpevole, ma è anche il personaggio che incarna lo sviluppo della mente stessa:

“RASH: Scusami se ho detto qualcosa che ti ha dato fastidio, in realtà non ho pensato mai prima di pensare tanto, mi sono abituata a credere tutti i fatti per scontati, anzi mi preoccupavo per pensare, ed ho visto che è più sicuro non ragionare mai, adesso però sono bene sicura che i pensieri devono nascere come I neonati, ogni idea è come l’embrione che una volta morto dentro di noi, muore pure un pezzo di se stessi”. Ivi.

D’altronde, la paura dall’uomo della religione è una tematica proposta nella pièce, questo personaggio rappresentato con il suo discorso aggressivo indiscutibile, incarnato nel padre di “RASH”:

RASH: […] Mi ricordo ancora di quando mi svegliavo di notte, sentivo tanta paura dal buio […] Mi veniva la voglia di correre a mio papà, ma in realtà avevo più paura di papà stesso. Questo è il mio sentimento attuale è vero è proprio mio padre di cui ho paura!. Ivi.

 

La scenografia melodrammatica

La scenografia dello spettacolo ha aiutato a adattare al palcoscenico l’atmosfera melodrammatica: la musica di Tamer Carawan riflette lo stato del conflitto messo in scena al tribunale tra due poli, inoltre questa questa musica ha svolto un ruolo rilevante per accentuare la sfumatura tra una società chiusa di un tempo e un’altra più moderna a cui appartiene anche il nuovo linguaggio teatrale. I colori che oscillano tra bianco e nero sul palcoscenico esprimono anche la stessa sfumatura, l’illuminazione leggera simboleggia le epoche dell’ignoranza. Non solo, ma il drammaturgo è riuscito, inoltre, a mescolare standard e  dialetto per proporre uno spettacolo da raccordo tra il classicismo Aristotelico e il post-modernismo del teatro arabo contemporaneo.

Il discorso mentale approfondito e proposto in quest’opera, mette però il pubblico a disagio, il che ostacola l’affollamento della massa, ma accoglie invece l’applaudire dei critici verso questo contenuto nuovo, il quale comunque trova una nuova via per le tendenze teatrali in Egitto e un pensiero più aperto per il Teatro nazionale meno censurato di prima. Lo spettacolo ha già vinto più di un premio nel festival nazionale del Teatro al Cairo 2014 e soprattutto come migliore spettacolo del turno.

Infine, l’unica salvezza dallo Stato e dal suo regime, consiste nel rifugiarsi nel “corretto dispiegarsi del pensiero”: l’unica autorità riconosciuta è la ragione; e il pensiero rende disponibile l’opportunità dell’esercizio della libertà.

Nermin Shawky

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