La sonnambula a Venezia, Bellini incontra Lubitsch

Data:

Venezia, Teatro La Fenice, dal 30 giugno all’8 luglio 2017

L’allestimento de La Sonnambula entrato in repertorio al Teatro La Fenice risale al 2012. Lo vedo per la prima volta quest’anno in una tiepida serata d’inizio estate. Bepi Morassi affronta il titolo ispirandosi a riferimenti ben precisi. Scorge nella vicenda toni da commedia borghese, simile a quelle sophisticated comedy che Lubitsch portava sugli schermi negli anni d’oro del cinema. Ecco quindi giustificato lo spostamento della vicenda agli anni Trenta del Novecento. Si sa, la cornice elvetica induce spesso ad ambientazioni manieriste, ma Morassi opta per un’altra suggestione personale, un resort montano frequentato da sciatori e villeggianti, con tanto di funivia e bus navetta. Alla base c’è Lettere d’amore dall’Engadina, lungometraggio d’ambientazione alpina di Luis Trenker, maestro di sci e di roccia riciclatosi nel cinema, figura a cui Morassi si rifà per Elvino. Nonostante la natura rigida della partitura, votata alle doti dei cantanti d’allora Giuditta Pasta e Giovan Battista Rubini, il regista crea una drammaturgia efficace, nella generale coerenza tra gesto e parola. La compiutezza del tutto non sarebbe tale senza un eccellente cotè visivo. Le scene di Massimo Checchetto, che deve aver fatto uno studio efficace dei set di posa della Hollywood bianconera, sono eleganti e giocate su prospettive davvero interessanti, con qualche vena simbolista – parte del secondo atto pare La quiete del Chini brulicante di vivace umanità – così come il disegno luci di Vilmo Furlan. I costumi di Carlos Tieppo, eterogenei e colorati, si armonizzano egregiamente col contesto.

Fabrizio Maria Carminati, alla guida dell’Orchestra della Fenice, si adegua alla visione registica, allineandosi su una lettura idilliaca, pulita, senza particolari trasalimenti romantici. Tutto pare avvolto da contorni eterei, così come si addice a melodie quali ad esempio In Elvezia non v’ha rosa o Prendi l’anel ti dono, ma non mancano compiacenti esuberanze nelle cabalette e nelle scene d’assieme.

Irina Dubrovskaya veste i panni di Amina, confermandosi soprano di coloratura agile nel registro acuto e sopracuto, capace di ardue acrobazie. Migliorabile la dizione e gli accenti, qui è lì poco convincenti. L’interpretazione è energica, ricca di pathos e straziante languore perché, si sa, Dubrovskaya è abile attrice. Shalva Mukeria risolve con ottimi mezzi il ruolo di Elvino. La voce corre libera, il fraseggio è pertinente e imprime al personaggio la giusta dose di pateticità.
Misurato il conte di Roberto Scandiuzzi, basso che conserva ancora uno strumento interessante, adoperato con cautela per non eccedere nell’emissione. Benissimo l’Alessio di William Corrò, artista dal bel timbro scuro che meriterebbe parti più ampie. Silvia Frigato incarna una Lisa corretta sul versante virtuosistico, ma debole in timbro e intonazione. Senza pretese Julie Mellor, Teresa scostante. Completa la compagnia il notaro di Roberto Menegazzo.

Eccellente nei suoi interventi il Coro, preparato da Claudio Marino Moretti.

Consensi calorosi per tutti, con applausi a scena aperta, alla prima del 30 giugno.

Luca Benvenuti

La sonnambula
Melodramma in due atti
Libretto di Felice Romani dal ballet-pantomime La sonnambule ou L’arrivée d’un nuouveau seigneur di Eugène Scribe
Musica di Vincenzo Bellini
Foto Michele Crosera
Personaggi e interpreti:
Il conte Rodolfo: Roberto Scandiuzzi
Teresa: Julie Mellor
Amina: Irina Dubrovskaya
Elvino: Shalva Mukeria
Lisa: Silvia Frigato
Alessio: William Corrò
Un notaro: Roberto Menegazzo
Maestro concertatore e direttore: Fabrizio Maria Carminati
Regia: Bepi Morassi
Scene: Massimo Checchetto
Costumi: Carlos Tieppo
Light designer: Vilmo Furlan
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro: Claudio Marino Moretti
Allestimento Fondazione Teatro La Fenice

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