Teatro Degli Arcimboldi di Milano. Dal 24 Novembre al 10 Dicembre 2017
E’ arrivato a Milano, al Teatro degli Arcimboldi, un nuovo musical dal titolo ambiguo: La Regina Di Ghiaccio, scritto e diretto da Maurizio Colombi.
Dal titolo, e dalla massiccia presenza di mamme con bambine fra il pubblico, c’è il sospetto di assistere allla versione teatrale di Frozen: invece si sta parlando di Turandot, l’opera rimasta incompiuta da Giacomo Puccini, la cui trama prende spunto da un’antica fiaba persiana, La Regina di Ghiaccio, appunto.
Colombi ne fa un misto tutto suo. Nell’originale Turandot, figlia dell’Imperatore della Cina, sposerà quel pretendente di sangue reale che riuscirà a risolvere tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti: in caso di fallimento, però, dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l’ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova ed in attesa della sua esecuzione il vecchio Timur, fra la folla, cade a terra, ma un giovane si affretta ad aiutarlo: è Calaf, che riconosce nell’anziano uomo suo padre, re dei Tartari spodestato proprio dall’invasione cinese. All’apparire di Turandot, Calaf, che prima l’aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla sua bellezza, e decide di tentare anche lui la risoluzione dei tre enigmi. Ping, Pong e Pang, tre ministri del regno, tentano di convincere Calaf a lasciar perdere, ma il principe non desiste. Turandot spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era invece caduto nelle mani dei Tartari ed una sua antenata era tristemente finita nelle mani di uno straniero. In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo, aveva inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. Calaf invece riesce a risolverli uno dopo l’altro e la principessa, disperata ed incredula, supplica il padre di non consegnarla allo straniero, ma per l’imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al principe sconosciuto e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d’odio: Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se prima dell’alba riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di Calaf la prima volta che l’aveva visto, e di essere ormai travolta dalla passione. Calaf le fa il dono della vita e le rivela il suo nome. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: Il suo nome è Amore. Tra le grida di giubilo della folla la principessa si abbandona tra le braccia di Calaf.
Nella versione di Colombi, già autore di Rapunzel e Peter Pan, spuntano tre streghe molto in stile Macbeth ma poco Turandot, che tengono la protagonista sotto un incantesimo che la rende così spietata. Gli indovinelli provengono invece da un melo magico: ogni frutto suggerisce un indovinello impossibile alla protagonista. Dalla parte di Calaf invece Yao, il sole, e Chang’è, la luna.
Lorella Cuccarini è sempre una garanzia e, per la seconda volta dopo Rapunzel, si trova alle prese con un personaggio negativo, anche se, alla fine, sarà redenta dall’amore. Brava, bella, perfettamente in forma e nel personaggio, tiene la scena come pochi sanno fare. Peccato però non vederla danzare, che è il suo io più profondo: come si può avere Lorella Cuccarini e non farla muovere? Suo meraviglioso partner il Calaf di Pietro Pignatelli: in quasi vent’ anni di carriera, si è espresso in qualsiasi forma teatrale, ed è un pilastro del musical italiano: Grease, Scugnizzi, Pinocchio, Il Pianeta Proibito, A qualcuno Piace Caldo, Peter Pan, oltre al teatro impegnato come Prometeo Incatenato di Eschilo, Vincent, Il Poeta Volante, T’Amo Senza Sapere Come, Il Processo di Oscar Wilde. Principe senza macchia e senza paura, deciso a rischiare la sua stessa vita per la bella Turandot, il suo è un Calaf dolce, delicato, composto, ma assolutamente affascinante: pelle d’oca e lacrime al suo Nessun Dorma cantato pop. Bravi e simpatici Daniela Simula (Chang’è) e Sergio Mancinelli (Yao), belle voci le tre streghe di Valentina Ferrari (Tormenta), Federica Buda (Gelida) e Silvia Scartozzoni (Nebbia). Poche e poco interessanti le coreografie di Rita Pivano, belli invece i costumi di Francesca Grossi e le scene di Alessandro Chiti. Le musiche sono in parte riprese dall’opera di Puccini, con una deviazione in Che Gelida Manina da Bohème, in parte scritte per l’occasione da Davide Magnabosco, Paolo Barillari ed Alex Procacci.
Nel complesso più che un musical un family-show, adatto ai bambini, una favoletta che prende un po’ da varie fonti con il classico lieto fine: certamente con un cast di questo livello si sarebbe potuto fare qualcosa di spessore diverso.
Chiara Pedretti