Trieste, Politeama Rossetti, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali, 5 gennaio 2018
In una scena quasi sempre nella penombra si muovono due anime notturne che celebrano la vita in modo lirico e lieve, senza risultare sdolcinate o monotone: le abilità illusionistiche e acrobatiche di Cécile Roussat e Julien Lubek in Au bonheur des vivants sono capaci di divertire e di portare in scena echi onirici e fantastici e ben si legano a suggestioni degne della maestria di Marcel Marceau di cui entrambi erano stati allievi.
In questo bello spettacolo che permette di superare con dolcezza la fine delle festività appena passate e di iniziare serenamente l’anno nuovo sotto i migliori auspici, sono presenti numerosi aspetti: il fiabesco accanto al sogno, una comicità surreale e poetica che permette di immergersi in un’atmosfera prettamente irreale che invita ad andar oltre al senso più comune per rivelare con sarcasmo la vera sostanza di molti atti quotidiani o naturali, in modo da portare senza sforzo un gioco innocente, un atteggiamento o un modo di dire oltre il limite abituale.
La fantasia è trasportata sul piano reale e, viceversa, la concretezza si infila nel regno magico scombinando ciò che è familiare per creare tra questi due livelli un equilibrio precario e divertente, come quando si seguono con il fiato sospeso due clown funamboli mentre volteggiano leggeri proponendo gag a ritmo continuo su di un filo, sottile ma resistente, sospeso sopra l’abisso.
Oggetti comuni appartenenti a epoche lontane come una vecchia scrivania e una penna che si rivela essere “fatata”, una borsa che si trasforma in coccodrillo e una poltrona con vicino una radio d’altri tempi dotata di caratteristiche curiose, una carrozzina di inizio Novecento e uno steccato dietro il quale si scende in un’inesistente cantina si alternano a un Babbo Natale dato per morto o a un orsacchiotto con la mamma a grandezza naturale generando occasioni che danno vita a episodi in cui il sincronismo dei movimenti è perfetto; al pubblico adulto non resta che accettare di farsi sorprendere, lasciando da parte la razionalità che spinge a cercare di scoprire il trucco celato dietro azioni apparentemente impossibili.
Come in ogni fiaba che si rispetti, gli animali sono presenti in qualità di personaggi veri e propri in grado di interagire naturalmente con le azioni degli umani.
Grazia e levità sono mediate da una tenue ombra di cinismo che appare qui necessario per non correre il rischio di volar via come avviene alle coppie in certe immagini di Chagall, anche se il sapore che si percepisce è proprio quello; ad esso si aggiunge un’atmosfera tipica di alcuni film francofoni come Il meraviglioso mondo di Amélie o Dio esiste e vive a Bruxelles.
Pur essendo presente la parola, quel che domina è l’abilità gestuale, il riuscire a raccontare un mondo attraverso l’uso quasi esclusivo del corpo in movimento, non necessariamente acrobatico; tutto si svolge come con divertimento e stupore infantili e la musica, a volte suonata con grande abilità in scena, completa il quadro arricchendolo di ulteriori colori e completando immagini dal forte tratto, evocativo di un mondo perduto.
Paola Pini