Corriere dello Spettacolo

La Storia del Novecento si affaccia al Teatro Sloveno di Trieste in “Tre inverni” di Tena Štivičić

Trieste, Teatro Stabile Sloveno, Sala principale, 14 gennaio 2018

Raccontare la storia di un popolo attraverso le vicende di una famiglia permette di giocare contemporaneamente su due piani distinti.

Nel caso di Tre inverni di Tena Štivičić, drammaturga croata di successo residente a Londra, abituata a scrivere sia nella propria lingua che in inglese, quattro generazioni di donne si passano il testimone attraverso una complessa struttura ad incastro. La narrazione compie innumerevoli salti temporali nei quali l’accenno a un episodio passato, reso esplicito da un cambio di scena a sipario chiuso, viene chiarito da un flashback che interrompe l’azione.

Sono tre gli anni presi in esame: 1945, 1990 e 2011, tutti determinanti per la Storia di quelle terre condizionando, in modo diverso, la vita della famiglia. Ambientati sempre d’inverno e nella stessa casa molto spesso oltre il tramonto, hanno in comune una conflittualità di fondo che evoca quel che sta avvenendo fuori da lì: la fine della Seconda Guerra Mondiale e la nascita della Jugoslavia di Tito; la sua fine quarantacinque anni dopo; la firma di adesione della Croazia all’Unione Europea.

È uno sfondo dai colori forti che pervade la vita di tutti a partire da Monika, serva nella casa di un collaborazionista dei nazisti e da lì cacciata due giorni dopo aver partorito la piccola Ruža che, partigiana durante la guerra e divenuta a sua volta madre della neonata Maša, riesce a far tornare entrambe assieme al marito Aleksander nello stesso edificio che condividerà con altre famiglie in un epoca in cui la proprietà privata era stata abolita in favore di un collettivismo al momento ancora allineato con quello sovietico.

Il tempo passa e nel 1948 avviene lo strappo con Stalin.

Nascerà intanto un’altra bambina, Dunja che, divenuta adulta si trasferirà in Germania, facendo fortuna a Düsseldorf assieme al marito Karlo che si rivelerà col tempo uomo dai molti problemi esistenziali e, a causa di questi, violento. Maša rimane invece a Zagabria, sposa Vlado e ha due figlie: Alisa e Lucija.

I riflettori si accendono quindi sulla sera in cui si conclude il XIV Congresso della Lega dei comunisti jugoslava, che si rivelerà essere l’ultimo e che determinerà lo sfaldamento della nazione e la successiva guerra fratricida; tutti si ritrovano di nuovo riuniti in occasione del funerale di Ruža.

Marko, il ragazzo di Alisa, sta per partire per il servizio militare; sarà di stanza a Mostar e ancora non sa che si ritroverà intrappolato lì dal conflitto e che ne uscirà totalmente sconvolto. Durante la sera che appare in scena ne parla con la rassegnazione mista a orgoglio di molti giovani in partenza per la leva.

È presente anche Karolina, figlia dell’antico proprietario e convivente con loro fin dal 1945. È l’unica, oltre a Monika, a sapere chi è il padre di Ruža e il pubblico dovrà aspettare la fine dello spettacolo per essere messo a parte di un segreto che nessun altro personaggio conoscerà.

La prima scena si apre però nel 2011, il giorno della vigilia del matrimonio di Lucija con Sebastijan, giovane benestante la ricchezza del quale risulta a tutti sospetta.

In questa vicenda articolata l’attenzione viene mantenuta salda anche grazie al fatto che le interruzioni necessarie ai numerosi cambi scena, tutti a sipario chiuso, sono arricchite da effetti sonori che introducono all’epoca che poco dopo si vedrà apparire, creando una certa aspettativa unita al divertimento di riconoscere le tracce di un periodo attraverso suoni facilmente riconoscibili o pubblicità radiofoniche che si alternano a passi che si allontanano o a porte sbattute in modo ritmicamente significativo.

Le certezze con cui è vissuta la giovinezza e la prima età adulta si scontrano con il passare del tempo e, a turno, ognuno si trova spiazzato rispetto alle nuove regole cui si deve adattare, conseguenza qui dei profondi cambiamenti di regime che stravolsero completamente le vite di tutti i personaggi.

A tutto ciò si aggiunge un elemento che può apparire trascurabile in un’epoca che diciamo globalizzata, ma che invece ha un significato importante: è una storia croata portata in scena da una compagnia slovena in tournée in un teatro situato in Italia. Il dialogo fra popoli che in un passato recente si erano combattuti alle porte di casa nostra è anche questo.

Paola Pini

Trieste, Teatro Stabile Sloveno
Sala principale
14 gennaio 2018
Tre inverni/Tri zime
Di Tena Štivičić
Con sovratitoli in italiano
(Titolo originale 3 Winters)
Traduzione in sloveno di Alenka Klabus Vesel
Regia di Barbara Hieng Samobor
Dramaturg Eva Mahkovic
Scene: Darjan Mihajlović Cerar
Costumi: Leo Kulaš
Trucco: Barbara Pavlin
Musiche: Drago Ivanuša
Assistente dramaturg: Lejla Svabič
Assistente ai costumi: Iris Kovačič
Consulente linguistico: Barbara Rogelj
Light Design: Andrej Koležnik
Foto: Damjan Svarc
Con Jana Zupančič, Sebastian Cavazza, Tjaša Zeleznik, Tina Potočnik Vrhovnik/Ajda Smrekar, Iva Krajnc Bagola, Jernej Gašperin, Uroš Smolej, Jettet ostan Vejrup/Karin Komljanec, Domen Valič, Gregor Gruden,Eva Jesenovec, Mojca Funkl
Produzione: Mestno gledališče ljubljansko
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