Da martedì 19 marzo a giovedì 28 marzo 2019 al Teatro del Maggio Fiorentino, Opera di Firenze. Vista la prima del 19 marzo
“Il Barbiere di Siviglia” di Damiano Michieletto non ci ha convinti fino in fondo. Il regista e scenografo ha dato luogo a una scena scarna dallo sfondo buio, i cui unici oggetti disposti sul palcoscenico sono delle sedie rosse, dei cuscini gialli, uno scaleo, senza dimenticare i bianchi palloncini giganti che vengono lanciati in aria dai personaggi. Sicuramente l’idea del regista era quella di dare luogo a una scenografia cromatica, dove colori e geometrie entrassero in armonia, cosa riuscita solo per metà, non essendo stato utilizzato un elemento fondamentale, quello del disegno luci, quasi non pervenuto. I costumi di Carla Teti sono caricaturali e ricordano la Commedia dell’Arte, dove anche qui i colori si fanno fondamentali – completamente di bianco è vestito Don Bartolo, completamente verde Don Basilio, variopinto è invece il costume di Figaro.
La vicenda rossiniana è celebre, con il Conte D’Almaviva innamorato della giovane Rosina e che alla fine riuscirà a sposare, grazie agli stratagemmi di Figaro, togliendola dalla grinfie del dottor Don Bartolo, che la vorrebbe fare sua senza la volontà della donna.
Per quanto concerne la prova dei cantanti, è emersa proprio quella del baritono Don Bartolo Omar Montanari, che nei panni del “cattivo” è stupefacente, facendoci assaporare la sua brillante e precisa dizione, anche nei grovigli di parole rapidi, nonché la sua attitudine istrionica e comica, elemento indispensabile ai melodrammi rossiniani. Buona la prova del Figaro Bruno Taddia, anche se non splende nella prima aria “Largo al factotum”, rifacendosi però nel resto dell’opera, soprattutto nei duetti, cantati molto bene con il Conte D’Almaviva Francesco Marsiglia, che centra l’interpretazione, non facendo né più né meno di quello che gli richiede il ruolo. Non ci è piaciuta la mezzosoprano Sofia Koberidze, che non trova mai la giusta disposizione e questo emerge nell’aria “Una voce poco fa”, dove non è mai giustamente equilibrata né fortemente espressiva – anche perché scenicamente costretta a camminare sopra una fila di cuscini, cosa che forse la disturba. Bene invece Don Basilio, il basso Gabriele Sagona, che ne “La calunnia” mostra il suo energico timbro e la sua attitudine scenica. La Berta Carmen Buendìa ha solo un’aria a disposizione e la sfrutta nel migliore dei modi per farsi apprezzare e per diventare lei la regina della serata.
L’Orchestra del Maggio Fiorentino diretta da Michele Gamba è artefice di un’ottima prova d’insieme, rispettando la fluidità e la limpidezza rossiniane. Il Maestro gioca bene coi piani e forti, rendendo l’esecuzione espressiva e godibile.
In definitiva, si è trattato di un Barbiere riuscito per metà. Buoni i tempi scenici, serrati e ritmati come vuole la buona commedia, non si può dire purtroppo altrettanto per le scene.
Stefano Duranti Poccetti