Corriere dello Spettacolo

IN EXITU. Roberto Latini, tra corpo e parola

Il 1° giugno 2019 alla Primavera dei Teatri

La lingua e la parola prendono forma e si fanno vita, si fanno sostanza e materia: è l’orizzonte di Roberto Latini, da sempre in perenne ricerca di nuove modalità espressive che fondano insieme, definitivamente, corpo e parola, atto e verbo.

In Exitu è l’ultimo testo di Giovanni Tentori, forse il suo più estremo, e racconta l’uscita dall’esistenza di Gino Riboldi, tossicodipendente che ha consumato la sua vita nella stazione di Milano prostituendosi per la dose successiva: ed é probabilmente quello che Latini cercava, tentativo assoluto e in alcuni passaggi addirittura misterico di arrivare ad una lingua trasformata che sia un tutt’uno col protagonista. Una lingua spezzata, come attraversata da uno spasmo atroce, lacerata – Latini incarna Riboldi e fa suo il balbettio incessante e il singhiozzo perenne, assimilando l’espressione sonora alla postura fisica, disassemblando la struttura grammaticale (alla base sempre il libro di Tentori con le sue espressioni) e insieme il corpo, ricomponendoli insieme in un mosaico doloroso e lacerato. Zoppica, Latini, insegue fantasmi e si lascia assalire da ricordi improvvisi, che sconvolgono la mente e il cuore. I ricordi prendono forma sulle ombre, i suoni salgono dalla gola e voci che si mescolano al presente: In Exitu è un rincorrersi di dialetto, latino e italiano in una forma unica e incomprensibile se non a livello emotivo, fonemi disciolti che si interrompono e riprendono il battito del cuore di un protagonista che sta per morire, e Latini compie quello che offre come sacrificio e sforzo estremo, quasi sacrificale, incuneandosi nel corpo della scrittura, vestendone i borbotti inconsulti, rivestendosi dei suoi nervi a fior di pelle. Il lavoro di Latini è assoluto, supremo: perché all’interno di questo labirinto fonetico riflette sul rapporto tra esistenza e parola con quella tensione febbrile tipica dei suoi lavori. Una tensione che riverbera sul suo corpo tremante, affannato, sudato, che corre in circolo su una scena rivestita da un pavimento di materassi laceri e sporchi sui quali Riboldi-Tentori-Latini (uno e trino) cammina e incespica, circondato da tende che si muovono mosse da un vento leggero, che riflettono e nascondono l’ombra di un cristo umano.

C’è un urgenza, in quella tensione, un sincero spavento nelle sue ossessioni- che fanno perdonare la sua non celata leziosità, il suo autocelebrarsi in quello che è uno dei percorsi artistici più autentici, innovativi, sperimentali e importanti del teatro di oggi. E c’è un’inquietudine nello sguardo e nel corpo dell’attore, nel testo dell’autore, che rendono In Exitu terribile e portentoso, agghiacciante e perturbante, una sorta di via crucis dolorosa “nella città-cavalla, contristitia, assediata”, accompagnata da un urlo gutturale e acuto, impastato di dannazione e tristezza. Agonizzante, come quel corpo che si stende volontariamente per trovare la morte al centro della scena, dopo essere stato investito da banconote finte come il loro valore morale, guadagnate con il sesso più degradante e usate per l’oblio più disturbante. Una morte che nella morte, in exitu, rimane abbagliata e avvolta da una luce gonfia come una palla: “una sorta di luce che, lentissimamente, andava formandosi sopra il cadavere e pareva vincere il grigior delle volte e il buio di ciò che, di là da esse, risultava improprio definir alba, benchè neppur possibile fosse ritener notte. ”.

GianLorenzo Franzì

IN EXITU
dall’omonimo romanzo di Giovanni Testori
adattamento, interpretazione e regia di Roberto Latini
musica e suono Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
produzione Compagnia Lombarda Tiezzi
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