Alla Galleria Borghese di Roma, fino al 28 luglio 2019
Spesso una retrospettiva artistica ti permette di ricostruire in pieno non solo i vari passaggi della sua produzione artigianale,ma di conoscere fino in fondo la sua psicologia ed il proprio profondo modo di pensare. E’ il caso dell’Italo-Argentino Lucio Fontana nato a Rosario di Santafè nel 1899 e stabilitosi poi in Lombardia, dove la morte l’ha colto a Varese nel 1968 dopo un’intensa vita d’invenzione per manifestare la sua pura arte concepita come arte e non in funzione sociale. Nel suo lavoro egli ha espresso non solo le sue convinzioni tecniche e laiche con i buchi, gli squarci con lustrini e piume, i tagli, che si trovano al secondo piano su tela, ma che Fontana ha confessato che come gesti spontanei, oggetti, definiti “concetti spaziali” avrebbe potuto fare anche su terra e marmo oltreché sull’oro, chiamandoli scultura oggettiva,mentre alla Biennale di Venezia credevano fossero solo pittura. Queste forme acriliche su tela, cominciate negli anni ’50,testimoniano la poliedrica ricchezza delle sue creazioni, fatte pure in acrilico,che esprimono altresì nella forma i fantasmi della sua vita; i suoi buchi, ludici sprazzi soggetti di vitalità, possono essere rapportati a quelli di Burri sui sacchi e Kounellis. Tali graffiti al secondo piano, sono arricchite dalla vergine delle rose del ’48 in smalto e vetro su ceramica, segno di un’estetica che realizza la dimensione nuova dell’infinito,simbolo del cosmo, dopo le categorie della prospettiva ed invenzione;non si possono dimenticare gli oli su tela e pietra colorate, di cui la più significativa è Venezia tutta d’oro in resina alchidica del’61. Scendendo al primo piano s’ha invece la piena visione della sua fede religiosa con il ciclo della passione di Cristo realizzata sia in ceramica che terracotta, entrambe policrome,smaltate, su cornici in legno dorato o tela,tavola:si scorgono Cristi,crocifissi e la deposizione di vario colore, dal bianco allo scuro sempre degli anni 50-60. Uscendo poi dalla sala Egiziana si nota un cubo nero ed azzurro dipinto con immagini floreali ed all’interno con gatti, disegni e scritte ludiche della fanciullezza; percorso quindi il giardino segreto di Tramontano con la fontana del drago alato, s’arriva al”site specific” di ZHANG ENLI chiamata ”bird cage” che è doppia: da una parte una costruzione a 5 livelli marrone che intende essere una pagoda orientale, dall’altro lato dell’uccelleria invece “la cage” è su 6 ripiani che si respingono elevandosi,volendo dare per l’artista cinese l’idea occidentale del campanile. C’è tempo per ammirare le 2 belle mostre fino al 28/07.
Giancarlo Lungarini