Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali, 23 dicembre 2019
Il Politeama Rossetti è affollato da un pubblico di tutte le età: bambini e nonni, giovani e adulti riempiono la sala per assistere ancora una volta allo “Schiaccianoci”, balletto simbolo delle feste natalizie non soltanto per l’ambientazione e la trama, confermando l’immagine di un teatro capace di unire con naturalezza diverse funzioni: agenzia culturale di livello, ma anche occasione di incontro e di aggregazione nel segno dello svago, del divertimento e del gusto nel mantener viva una tradizione consolidata.
L’allestimento proposto dal Russian Classical Ballet (la direzione artistica è di Evgeniya Bespalova, che firma anche i bei costumi) propone il libretto di Marius Petipa nella versione successiva rivista da Vasili Vainonen, che pur mantenendo l’impianto della fiaba rivista ed edulcorata da Alexandre Dumas padre, riprende alcune suggestioni dell’opera originaria di E.T.A. Hoffmann, anche grazie alle classiche e funzionali scenografie, amplificando il lato onirico e fiabesco ben presente nella partitura di Pëtr Il’ič Čajkovskij, composta vent’anni dopo la Coppélia di Delibes, coreografia ispirata da un altro racconto fantastico di Hoffmann e centrato anch’esso sulla dualità tra due modi diversi di essere animati: il mondo umano e quello meccanico.
Nello “Schiaccianoci”, in particolare, non a caso il padre di Clara è un ufficiale medico, mentre il padrino è esperto di congegni, “medico” anch’egli, ma delle bambole.
Il Corpo di Ballo ha offerto un’interpretazione suggestiva e in alcuni momenti davvero emozionante (come ad esempio nella Danza dei Fiocchi di Neve), intensa ed evocativa di un mondo magico e fantastico in cui la realtà e il sogno si mescolano, dopo aver proceduto separate e distanti nel primo atto quando, in una sala addobbata per le festività natalizie, le tante bambole meccaniche del padrino Drosselmayer attestano la perizia ingegneristica di un presidente della corte suprema, orologiaio per passione.
Il punto di non ritorno è segnato dalla battaglia tra le truppe dei soldatini capitanate dallo Schiaccianoci e i Topi, lanciati all’attacco dal loro Re.
Il balletto non racconta gli antefatti ideati da Hoffmann, fiaba nella fiaba: nulla viene espresso dell’antico odio tra il nostro eroe e il popolo dei Topi, ma poco importa, perché la musica di Čajkovskij sa esprimerla per sottintesi.
La strumentazione è registrata, come spesso capita con i balletti in teatri senza un’orchestra stabile, ma si dimostra ugualmente in grado di essere voce emozionale, oltre che traccia ritmica ed espressiva dei personaggi e delle vicende vissute dalla non più piccola Clara, portata dall’umile Schiaccianoci nel regno fatato delle bambole in cui lei prende le sembianze della Fata Confetto: la sua strenua difesa e protezione, poco a poco diviene tenero amore per il giocattolo che, grazie ad esso si trasforma in Principe.
Per giungere nel luogo incantato essi passano attraverso la foresta innevata, luogo di passaggio simbolico, prima di ritrovarsi in un tempo e in un luogo sospeso che, nello spirito dell’autore tedesco, è più giusto e coerente del crudo e squallido mondo reale, ben più ribaltato dell’immaginario.
Punto centrale del secondo atto è il celeberrimo Divertissement, in cui il susseguirsi delle diverse danze “nazionali” danno libero spazio alla creatività musicale e coreografica, alternando pas de deux brillanti e ipnotici, vivaci e animati, prima del finale romantico e sognante, premessa di un epilogo che riporta tutti, artisti e spettatori nel più opaco mondo della realtà quotidiana.
Paola Pini