Dal 21 gennaio al 2 febbraio 2020 alla Sala Grande del Teatro Franco Parenti di Milano
Filippo Timi nel suo spettacolo Skianto di cui è regista e interprete, accompagnato dalle musiche e dalla voce di Salvatore Langella, è un Pinocchio melanconic-kitsch che si perde tra un luna park sfavillante e labirintico e un cartone animato, tra un video gioco e una discoteca degli anni ottanta, volando su un trapezio o pattinando, ballando e cantando, in cerca di qualche candy di esistenza che non sia quella di un pezzo di legno dove è costretto a stare.
Ma dov’è la fatina buona, quella che dovrebbe fargli un tale regalo? Le fatine buone non esistono fuori dai sogni, caro Pinocchio. Fuori dai sogni, come fuori dal teatro, c’è la vita vera. Allora sarebbe meglio stare rinchiusi nella propria cameretta, con il cervello sigillato, la voce che non esce, e nulla che lo aspetti là fuori? Nonostante tutto il piccolo Filippo anela ad uscire, gridare a squarciagola “voglio fare il ballerino, il pattinatore, voglio scopare…!!!”. Sebbene la vita sia fatta di tante “perline attaccate al collo di un Dio perverso” tutti hanno diritto a far sentire la propria voce perché l’emarginazione, la diffidenza, e l’indifferenza stritolano, soffocano i colli dei più deboli.
Timi sa che le maschere, i costumi eccentrici, i tacchi a spillo, le piume, i lustrini, sono, per questo bambino cresciuto senza voce, un modo teatrale e spettacolare per raccontare i dolori della vita, le malformazioni fisiche e spirituali, la rabbia di non poter essere “normale” o quella di essere visto come “diverso”. Timi, sfrenato e poetico, beffardo ed esibizionista, racconta di un bambino nato male che non ha speranza, e che sa che i suoi sogni non potranno mai esaudirsi ma noi ci domandiamo se sia proprio lui quel bambino che si chiama Filippo, o se sia un transfert , il passaggio di un disagio da qualcuno che ha conosciuto tanto bene a se stesso, quasi senza soluzione di continuità.
E’ la narrazione drammatizzata della sua vita, in quel di Perugia, o quel bambino cresciuto in adorazione del nonno cantastorie, rappresenta tutti i “diversi”, i disabili, i senza voce, i sognatori? Timi ha potuto realizzare i suoi sogni, la sua voce non ha problemi ad elevarsi, roca, profonda, o squillante e femminea, è stato capace di rompere quel muro del silenzio e ora spazia senza freni. Libero, felice di essere al centro dell’attenzione e dell’amore del pubblico.
Una fatina buona lui l’ha incontrata senza dubbio. Speriamo sia così anche per tutti gli altri.
Nessuno ha diritto a skiantarsi al suolo…
Daria D.