È ANCORA POSSIBILE LA POESIA

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“È ancora possibile la poesia? – Questa domanda è ripresa dal titolo del discorso che il poeta Eugenio Montale ha tenuto durante la cerimonia per il ritiro del Premio Nobel (1975). Una domanda che forse ci poniamo spesso e a cui possiamo dare tante risposte. Ma ognuna di queste costituirebbe un parlare di poesia senza poesia. Infatti, tra le tante risposte, potremmo dire “la poesia non esiste più come non esistono più i poeti”; oppure, potremmo dire “i poeti esistono ma l’umanità non legge più la poesia”, e così via. Triste l’affermazione”L’umanità non legge più la poesia”, quando invece l’affermazione vera è “L’umanità non ricerca più la poesia”, in un’esistenza in cui i Poeti esistono. In questo contesto però quando parliamo di questi non dobbiamo intenderli o ricercarli nei nomi dei grandi che fanno parte della Memoria e tanto meno non dobbiamo associare la poesia a ciò che si collega alla celebrità o fama. Fare questo significa solamente accoltellare la poesia – non quella di chi scrive, ma di chi fa poesia: Cuore umano. Di fatto, forse abbiamo fatto questo, mentre ingoiamo tante tazze, ma non di caffè, bensì di vuoto, e tanta infelicità, in un ambiente in cui abbiamo accantonato ciò che è importante per l’esistenza dell’Essere umano, ossia una melodia che suona nel cuore: la poesia appunto. Qui dove, allontanandoci da questa, abbiamo cancellato la dignità umana, l’umiltà e la parità, in un mondo in cui tante cose vengono vissute nella retorica, rimanendo ancora Utopie. Proprio Montale, – a mio avviso – intravedeva tutto questo. Ciò si legge nelle sue parole:”[…] Mi chiedo se è giustificata la convinzione che lo statuto del premio Nobel sottende; e cioè che le scienze, non tutte sullo stesso piano, e le opere letterarie abbiano contribuito a diffondere o a difendere nuovi valori in senso ampio «umanistici». La risposta è certamente positiva. Sarebbe lungo l’elenco dei nomi di coloro che avendo dato qualcosa all’umanità hanno ottenuto l’ambito riconoscimento del premio Nobel. Ma infinitamente più lungo e praticamente impossibile a identificarsi […] l’esercito di coloro che lavorano per l’umanità in infiniti modi anche senza rendersene conto e che non aspirano mai ad alcun possibile premio perché non hanno scritto opere, atti e comunicazioni accademiche e mai hanno pensato di «far gemere i torchi» come dice un diffuso luogo comune1″. È in un altro punto del suo discorso dice: “[…] dall’avvento di una nuova armonia sociale […] esistono presentimenti solo nei vasti domini dell’Utopia2″. Montale cita persone che si prendevano meriti, scienziati o letterati che si dimenticano tanti altri uomini che hanno fatto sacrifici e stanno a lavorare senza lamentarsi o prendere un premio. Ma allo stesso tempo Montale accenna a una società sognatrice, ma che continua a vivere nell’Utopia, come se non tutto fosse cambiato nella vita quotidiana dell’umanità. In una angolazione in cui poeta afferma:”Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile3”. C’è un uomo umile, un uomo però che ci dice che la poesia è dentro di noi, ma la ignoriamo, la riteniamo inutile senza sapere che ella non è nociva. Siamo di fronte all’umanità che si è dimenticata della poesia. Lo notiamo nei rapporti umani di oggi che non esistono più, in un mondo in cui l’umanità si fa opera infelice. Nello stesso, in cui manca l’unità umana. Montale dice: “Nel mondo c’è un largo spazio per l’inutile, e anzi uno dei pericoli del nostro tempo è quella mercificazione dell’inutile alla quale sono sensibili particolarmente i giovanissimi4”. A mio avviso Montale ci descrive quello che siamo divenuti: Esseri che danno valore a delle cose inutili, prive di senso, lontani dai sentimenti umani, dal cuore che suona poesia. E quando siamo lontani dal cuore che suona poesia siamo lontani da noi stessi e dagli altri. Ciò si manifesta nei rapporti odierni, mentre ingoiamo tazze di vuoto e infelicità, ignorando che la poesia fiorisce nei campi dei sentimenti umani, che fanno l’essere umile, che portano l’ente a vivere una vita di poesia. Ma ciò, noi non l’ho riconosciamo più, dando così valore a cose inutili, mentre allontaniamo da noi ciò che non è nocivo.
Credo che Eugenio Montale con il suo discorso ci volesse dire tutto questo. Tuttavia, dal nostro poeta possiamo cogliere un grande messaggio, un enorme insegnamento e soprattutto la possibilità di guardarci dentro. È riflettendo sull’affermazione “È ancora possibile la poesia? – Dico che la poesia non è morta e non morirà mai. Ella sta accantonata in una caverna, urlando la massima “Conosci te stesso” (la stessa che si trova scritta nel Tempio di Apollo a Delfi), e così tu Essere diverrai unità, quando di abbandonerai a ciò che abbiamo trasformato in nocivo: la poesia appunto. E allora l’esistenza umana ritroverà quella luce persa.

Giuseppe San Filippo

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