È un tipo schivo, riservato, nobile. Allegro, sempre disposto a farsi due sane risate, quando è il caso e il momento, ma senza esagerare mai. Dipende dalla concentrazione che ha e che adopera per essere l’artista che è. Ma non crediate che sia uno di quei divi difficili da raggiungere, contattare, intervistare. Anzi. Riccardo Onori, chitarrista ufficiale del team di Lorenzo Jovanotti Cherubini da venti anni, collaboratore prezioso, con l’altro pezzo pregiato della band, il bassista Saturnino, della popstar, è sempre disponibile per raccontare, raccontarsi e ascoltare.
Ho iniziato con la classica, avevo 14 anni: da allora, e oggi ne ho 51, l’unica cosa che non ho mai messo in un angolo è stata la chitarra. Vivo con lei, non potrei farne a meno.
Inizia così l’ennesima piacevole conversazione con Riccardo Onori. Stavolta, però, è una di quelle ufficiali; siamo in collegamento telefonico via WhatsApp, sotto il diretto controllo e monitoraggio di Riccardo Fagioli, Direttore di Radio Pistoia Web, che da quando è riapparsa la quarantena da contagio, si è messo a fare il mediatore.
E ho iniziato come succede a tutti, ma proprio tutti, gli appassionati di musica; trascorrevo ore e ore con la mia sei corde, che ho letteralmente consumato. A essere strumentista di musica classica, però, non mi ci vedevo proprio e una volta lasciato il Conservatorio di Fiesole, iniziai a girovagare per l’hinterland toscano in cerca di gruppi con i quali misurare la mia capacità. Sono stati anni intensi, nei quali non mi sono mai permesso il lusso di abbassare la guardia o di ridurre il tempo degli studi. Sono rimasto sul pezzo, convinto che quella della musica fosse la mia strada, fosse l’unica strada che avrei potuto tranquillamente percorrere. I miei genitori, che non mi hanno mai osteggiato, sono convinto che in cuor loro desiderassero tanto che trovassi un lavoro, uno di quelli che il 27 arriva lo stipendio e che poi, da anziani, rende meno fastidiosa la vecchiaia con la pensione.
Riccardo invece non molla e a 24 anni arriva la prima grande occasione: i Dirotta su Cuba cercano un chitarrista; lui è lì, pronto e inizia la prima avventura sulla quale poter fare economicamente affidamento. Il resto è storia comune, attingibile a un qualsiasi motore di ricerca: Festival di Sanremo, sempre con la band di Simona Bencini, prima di entrare in rotta di collaborazione con Irene Grandi, con la quale, oltre al tour, divide e condivide la scrittura di alcuni brani; subito dopo è Stefano Bollani a volerlo con sé, prologo, quest’ultimo, al suo ingresso nell’entourage di Jovanotti, un battesimo particolarmente importante e significativo, perché è il Tour europeo del 2001.
Ho avuto la fortuna e l’onore di collaborare con tantissimi personaggi della musica; da tutti sono riuscito, perché fa parte della mia cultura professionale, ad attingere qualcosa di importante e da ogni esperienza ho tratto importanti benefici, non solo musicali, che mi trascino gelosamente dietro, arricchendo continuamente e sistematicamente, il mio bagaglio artistico.
Due anni fa, infatti, a coronamento di questa semina, arriva Sonoristan, il primo disco di Riccardo, da lui prodotto, nel quale ci sono davvero una miriade di suoni e contaminazioni, esattamente come desidera che sia la sua musica. Senza mai perdere di vista l’essenziale, senza mai credersi e immaginarsi oltre la realtà. Con Jovanotti circumnaviga la Terra in ogni suo angolo: Europa, Argentina, Cile, Stati Uniti. Ma ogni volta, Riccardo torna volentieri a casa, nella sua Prato, che ha una dimensione ideale.
Sono dell’idea che l’umiltà sia uno dei requisiti maggiori per ogni artista; appena si è convinti di non aver bisogno degli altri, la vita ti presenta il conto ed è puntualmente salato. Sono un libro aperto e sono felice di ricevere, da ogni parte, qualsiasi tipo di informazione; ne faccio tesoro, la rielaboro e la traduca nella mia musica. Bisogna aver sempre qualcosa da dire e da dare; la tecnica, da sola, seppur importantissima, non basta, non può bastare, non deve bastare.
Il futuro sono pagine da scrivere; Riccardo è pronto, con tanto di penna, block notes, una chitarra, ma non era il caso di dirlo, e un animo sgombro da pregiudizi.
Luigi Scardigli