Il grande pubblico si è abituata a vederla in tv, nei panni della presentatrice delle previsioni meteo, o sui social, dove con la sua eleganza racconta il fascino femminile con garbo e naturalezza. Eppure, al di là dell’apparenza, Emma Parigi è una di quelle ragazze che sa ancora arrossire quando prova un’emozione. D’altronde, oltre all’immagine di fotomodella, indossatrice e presentatrice, la sua vita lavorativa si svolge all’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, dove il più delle volte entra al mattino ed esce quando il sole è già abbondantemente tramontato. Un lavoro – quello di Pedagogista – che la ha permesso di valorizzarsi professionalmente e personalmente, ma che di pari passo le ha consentito di portare avanti la sua naturale inclinazione verso il mondo dello spettacolo. “Desidero dimostrare che nella mia semplicità c’è professionalità ed eleganza. Questo ho imparato che è possibile anche grazie alla fotografia” racconta Emma, abituata a stare sotto i riflettori, seguita sui social da chi vuole uscire dal canone della bellezza troppo svestita o troppo ostentata. Ad appena 28 anni, due lavori in due ambiti differenti, Emma si racconta senza filtri, con spontaneità e volando bassa.
Dicevamo: una vita fra tv e ospedale…
Proprio così: lavoro nella meteorologia presso l’azienda 3b Meteo e all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Sono pedagogista, le scelte e il percorso scolastico hanno permesso di valorizzarmi personalmente, oltre che professionalmente. Dal liceo scientifico Lorenzo Federici all’Università di Scienze dell’educazione per la prima infanzia, seguita e completata con la magistrale in Scienze Pedagogiche.
Iniziamo dal mondo della tv…
Non si tratta di una vocazione. La mia carriera nella meteorologia è nata inaspettatamente. Mi sono chiesta spesso come mai fossi stata notata, ma preferisco restare avvolta dalla meraviglia del mistero. L’azienda 3b Meteo mi hanno contattato privatamente, mi hanno scelto e mi sono messa in gioco con determinazione e impegno. Con cura e attenzione ho preso per mano questo ambito facendolo diventare mio. Ogni giorno apprendo qualcosa di nuovo grazie ai molti colleghi meteorologici, il loro studio è il punto di partenza, a me sta trasformare ogni immagine simbolica in un discorso previsionale che poi comunico e condivido per molte radio nazionali e per canali televisivi. Spesso i tempi di registrazione sono limitatissimi, avrei piacere a raccontare molto di più. Insomma, sono proprio innamorata di quello che è il mio lavoro…
Per la precisione, uno dei tuoi due lavori…
Diversamente, il lavoro in ospedale è stata una scelta, poiché in linea con il percorso di studi, con le competenze raggiunte. Ho partecipato ad un bando interno promosso dall’Associazione Amici della Pediatria e dopo qualche mese sono stata contattata. Seguo il reparto pediatrico con l’obiettivo di favorire, nonostante il periodo di ospedalizzazione, una continua crescita educativa e formativa attraverso il gioco.
Una sfida che ti vede quotidianamente a rapportarti con gli adulti del domani…
Il mio lavoro consiste nel pensare, progettare e strutturare attività ludiche e creative sempre differenti che siano da stimolo per ogni bambino, fonte di sviluppo cognitivo, emotivo, motorio. Tali attività favoriscono anche l’interazione con la figura genitoriale, un rinforzo del loro legame. Il tutto viene consegnato settimanalmente ed è come se fosse Natale ogni venerdì. Vengono preparate in media 80 borse contenenti materiale ludico e attività creative. Il gioco è pensato non solo in base all’età, ma anche sulla base degli interessi. Con l’emergenza Covid si sono aggiunte videochiamate di puro gioco, altresì di supporto e sostegno per i genitori i cui figli hanno lunga degenza.
Come riescono a convivere questi due mondi in apparenza così differenti?
I miei lavori sono la mia vita, due aggettivi possessivi credo rendano esaustivo il posto che occupano e rappresentano. È difficile conciliarli, così come gestirli. Non sono solo due attività lavorative differenti, ma richiedono tempi, attenzione e dedizione indefinibile. Lavoro tutti i giorni, anche i fine settimana e durante le feste, per me non c’è la giornata libera. Prima sono da una parte, poi dall’altra. C’è fatica e, si, capita il lamento, alle volte penso di non farcela. Ma poi mi sorprendo. Tutto questo ha comportato naturalmente sacrifici, ho pochissimo tempo libero e ho escluso molti altri lavori di moda. Ma appena possibile mi rassereno leggendo oppure passeggiando con i miei quattro amici pastori.
A proposito di moda, la tua carriera è nata proprio stando in passerella o davanti alla macchina fotografica…
Ho lavorato come modella e indossatrice e questa esperienza ha permesso e favorito l’accettazione di me stessa, seppur consapevole di molti difetti. Mostro me stessa, nelle fotografie, ma all’interno di un contesto prevalentemente lavorativo, quindi di stampo professionale. Non mancano alcuni scatti del mio corpo, ma condivisi sempre in maniera elegante, mai volgare. È stato importante imparare a piacersi e lo è per ognuno di noi. Rasserena dentro.
I tuoi scatti ti hanno permesso di crescere anche sui social…
Prima di avere dei canali social ho completato gli studi, immaginavo fossero distrazioni possibilmente letali poiché dipendenti. Solo in occasione dell’Università ho trovato utile esserci, Facebook è stato il mio primo social. È stato utile per conoscere e condividere materiale di studio con altri studenti universitari. In seguito ha permesso di estendere le conoscenze in ambito lavorativo. È seguita l’iscrizione ad Instagram, concepita personalmente come pura vetrina dei lavori svolti. Da qui un ulteriore successivo stimolo, il concorso Nazionale di Miss Italia. Ad oggi è il mezzo di interazione e di pubblicità per l’attività lavorativa meteorologica, in quanto presentatrice.
Questo punto ti sta a cuore particolarmente: andare oltre l’immagine in quanto tale…
Andare oltre per cogliere la profondità e l’essenza.Mi piace affrontare i limiti mentali che pongo a me stessa, la consapevolezza di non essere fotogenica, di non essere abbastanza. Così come desidero dimostrare che nella mia semplicità c’è professionalità ed eleganza. Questo ho imparato che è possibile anche grazie alla fotografia. Ma non è stato facile questo passaggio. Sono molto autocritica, giudice di me stessa. La fotografia è istantaneità, immediatezza. Una pura rappresentazione estetica. Difficile quindi pensare di realizzare un bellissimo scatto, se il soggetto non si piace, riuscirà a far emergere nella fotografia questa sensazione, unitamente a disagio e imbarazzo. Il tempo e la voglia di provarci hanno permesso un cambiamento. I pensieri si sono rinnovati, la consapevolezza di non essere fotogenica c’è ancora, ma la miglioria è stata l’accettazione. In questa crescita anche la comprensione della bellezza dell’imperfezione.
Se dovessi descriverti, chi è Emma Parigi?
Sono empatica, sento e comprendo il vissuto emozionale dell’altro e tale intrinseca caratteristica è bellezza. Emma è una ragazza tanto semplice quanto complessa. La semplicità nell’aspetto è accompagnata da eleganza e raffinatezza, oltre che nell’abbigliamento e nel modo di porsi nei confronti dell’altro. Mi piace essere e vestire differentemente, a seconda dell’ambiente in cui mi trovo, naturalmente in linea per evitare disagio. La complessità risiede nella profonda emotività e nella mente assorbente e riflessiva senza confini. Ritengo sia questa la peculiarità personale che mi contraddistingue. Non c’è esibizionismo nella quotidianità, non c’è presunzione né ostentazione. Al tempo stesso, non ho mai avuto un sogno, è qualcosa di aleatorio. Diversamente mi sono sempre posta obiettivi, decisamente più concreti e stimolanti. Raggiunto l’obiettivo lavorativo seguiranno altri micro obiettivi, un’evoluzione professionale e chissà in quale campo: metereologico, televisivo od ospedaliero? Un po’ di mistero mi piace…
Luca Fina