È quasi passato un anno dall’avventura interrotta di Human Company Teatro. Un po’ di teatro nel teatro, magra consolazione questa volta, occorsa al debutto di AIΩRA della Compagnia Human Company Teatro il 29 febbraio scorso: restare chiusi in un teatro storico delle Marche, insieme alle scenografie, costumi, impianti audio luci, al buio e al freddo nei prodromi della grande guerra al Covid 19, nel bailamme di voci, prese di posizione e smentite tra il Governatore della Regione e il Governo, sa di Pirandello, Truffaut, Scola.
Si fa, non si fa? Non si fa. Possiamo almeno ultimare la prova generale? No, perché anche se chiuso al pubblico resta un ‘luogo pubblico’ e, pertanto, deve essere interdetto a chiunque. Di concerto con l’Amministrazione comunale si decide di rinviare tutto di una settimana, lasciando tutto lì. Ancora la ridda di decreti e controdecreti, per poi riuscire solo a smantellare tutto, niente debutto, con solo un promo video realizzato. AIORA- Human Company Teatro 2020 – YouTube
Lo spettacolo si ispira al mito di Arianna e il Minotauro, un dramma del mondo femminile, dove il matriarcato fatto di antichi saperi cede il passo a un nuovo sistema maschile basato sulle armi. Il titolo riprende le AIORA greche, le feste dell’altalena che si svolgevano in primavera: indicavano il momento di passaggio dall’età puerile a quella fertile, dell’oscillazione e della lotta che il genere femminile ha sempre dovuto subire, incatenato tra il ruolo sociale e volontà.
Uno spettacolo che attinge alla mitologia, all’antropologia e alla memoria storica per rappresentare, attraverso la fusione di diverse discipline, un conflitto di genere sempre attuale: donne alla ricerca di una ragione, di una identità che la fine del matriarcato ha inesorabilmente messo in crisi. In scena dodici artisti. Dietro le quinte altri dodici tra regia, musiche originali, coreografi, tecnici, scenografi, costumisti, fotografi e videomaker. Tra le tecniche utilizzate prosa, danza, teatro movimento, danza aerea.
“Aiora è stata interrotta sul piú bello, proprio nel momento in cui era un ingranaggio perfetto, pronto ad andare in scena. Neppure una vera prova generale! Anche se per noi della compagnia, tutte le sere, andava in scena già da qualche tempo. Ci riunivamo per le prove e pezzo dopo pezzo, abbiamo messo insieme uno spettacolo pieno di suggestioni. Non importava la stanchezza del resto della giornata, né il freddo, o gli ostacoli che a volte trovavamo… noi in quello spettacolo ci credevamo davvero”- queste le parole di Silvia Duranti che insieme a Gilda Ughi ha realizzato i costumi dello spettacolo. “Ognuno ha dato tanto: passione, talento, adrenalina e voglia di avventura perché a volte è proprio di una meravigliosa avventura che si tratta. Spero che tutta questa energia non si disperda e che la sua carica esplosiva si mantenga intatta fino al vero debutto.”
Elisa Ravanesi interpreta un’Arianna sola che fa i conti con la propria vita di donna, di figlia, di madre mancata, ma a differenza del ruolo risponde con un messaggio di speranza alla nostra domanda. “In questo crepuscolo in cui navighiamo”, sostiene, “ so che la verità dell’arte sorgerà ancora all’orizzonte e noi saremo ancora insieme a sorridere ad ogni errore e ad ogni momento di grazia che ci ha sfiorato”.
Anna Gasparini, una delle danzatrici della compagnia, coreografata da Mauro Bocchi sostiene che “Il tempo si è bloccato, i nostri corpi hanno accusato questo stop, ma i nostri sogni hanno continuato a danzare e a non fermarsi. È importante sopratutto non giudicare il momento presente dalla superficie, perché tutto si muove anche quando sembra immobile”.
E’ questa la storia di tante Compagnie teatrali durante la peste dell’ anno bisestile: costrette all’inoperosità, investimenti perduti, ripensamenti sul domani.
Per la ripartenza indispensabili saranno le sanificazioni degli ambienti chiusi anche nell’arco della stessa giornata tra uno spettacolo e l’altro e il distanziamento sociale tra gli artisti sul palcoscenico. Sarà possibile una reale ripresa rispettando queste limitazioni? Non si rischia di perdere il vero senso del teatro? I Circuiti teatrali hanno rispolverato produzioni in video di teatro e danza, magari per uno spettatore solo, acquistabili sui social, mentre il bollettino di guerra annuncia ogni giorno la morte di un festival, di una rassegna, di una Compagnia.
Il Teatro è altra cosa, è socialità, è ‘arte dell’incontro’, è etica prima che estetica: per questo oggi lo dichiariamo morto.
Non sarà di certo un’impresa facile, ma la creatività degli artisti e dei lavoratori del settore può fare la differenza, una prospettiva possibile potrebbe essere quella di spostare gli spettacoli teatrali all’aperto, grazie all’arrivo della bella stagione, seguendo l’esempio dei cinema all’aperto che si stanno già preparando ad una possibile riapertura, sempre nel rispetto delle regole. Come per tutti i settori entrati in crisi in questo periodo, c’è una grande voglia di ricominciare. Il lockdown ha lasciato il segno nel mondo dello spettacolo, uno dei primi a chiudere i battenti e uno tra gli ultimi a ripartire, insieme al settore del turismo.
Anche un’altra pestilenza, quella del 1593 a Londra, fece chiudere tutti i teatri per due anni, lasciando le Compagnie allo sbando. Poi nel 1595 arrivò Shakespeare con il ‘Sogno di una notte di mezza estate’.