In una pregiata drammaturgia, basta un istante per orientarsi ed entrarne dentro l’anima. La scena che richiama il XVII secolo è resa ancora più palpitante. Il pubblico è attratto dalle coinvolgenti battute, dai costumi, dai mirabolanti effetti, dalla mimica dei personaggi che seguendo la trama polarizzano lo spettatore attento. Anche lo spazio circostante nel sentire le voci vibranti freme scosso da quel brivido che solo il teatro sa dare con le sue maschere che sono lo specchio dell’essere umano e della vita stessa. Melania Giglio nel suo pregiato ruolo di regista, autrice ed attrice ha messo in scena “William and Elizabeth” con maestria creando, una ritmicità e una tempestività emotiva in grado di echeggiare, come una fulminea carica penetrativa in uno stuolo di concetti sulla problematica ed universale lotta tra arte e potere. Ma in che modo la drammaturgia può ammonire il potere, e come il potere può gravare sulla creatività? Per svelare l’arcano la fervente vena artistica di Melania crea un geniale e fantasioso incontro tra il grande Shakespeare e l’altrettanto grande Regina Elisabetta I e due attori della compagnia teatrale. Uno è Nedil finanziatore di William mentre l’altro è una donna Rosalind. L’incantesimo della trama si dipinge in una notte in cui Shakespeare a teatro è intento con i suoi attori a provare proprio una scena di “Sogno di una notte di mezza estate “. Nel mezzo delle accese battute tra Oberon e Titania improvvisamente proprio come in un sogno che si materializza, avviene una visita imprevista. In scena compare una donna velata che disturba l’apogeo creativo del drammaturgo. La visitatrice misteriosa che subito dopo si svela, è la Regina Elisabetta I. Sovrana che rigorosamente in incognito sola e senza guardie del corpo si presenta a teatro. Ma per quale motivo la donna più temuta d’Inghilterra e d’Europa ormai piegata dall’età ma sempre briosa e tagliente si presenta di notte al cospetto di William e dei suoi attori? Forse per placare le sue ansie, forse afflitta da una grande solitudine, forse per cercare conforto nella poesia e nel teatro che tanto adora? Ma questo rimane un mistero mai svelato. Il suo irrompere prepotentemente sul palcoscenico capitalizza tutti i confronti emotivi trascinando il maestro ed i suoi attori in una conversazione prorompente che trasporta i protagonisti in un dialogo che li porta a contrapporsi su vari temi che vanno dalla forza del potere e dell’azione, alla potenza della condivisione e dell’amore del popolo. Infine sull’ importanza del teatro e il suo equilibro con il potere e sullo stesso ruolo della donna nella società. Shakespeare ed Elisabetta William nel corso dell’opera hanno un accanito ed avvincente scontro verbale che frenetico andrà a palpare l’anima del Teatro ed il significato del suo vivere. I loro scambi di battute, a volte crudi ed incoerenti oscillano con sublime creatività tra grande recitazione ed altrettanta sana comicità. Illuminante è l’interpretazione di Melania Giglio (Elisabetta I) che ha creato una immagine epica di regina degna del suo tempo e della sua fama ma che come tutti i potenti è divorata da una cocente solitudine. Alfonso Veneroso (Shakespeare) ha saputo rendere al meglio la figura del maestro: ottima Francesca Maria (Rosalind) e Sebastian Gimelli Morosini (Ned) grande caratterista. La trama è resa briosa da battute tratte da Enrico V ed Amleto con eccellenti stacchi musicali dal vivo ed in lingua inglese. Gli interpreti si fregiano di superanti doti attoriali che esaltano ancora di più la loro qualità e il valore di Melania Giglio e dello stesso genio della drammaturgia inglese ed universale.
Giuliano Angeletti