Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Sala Assicurazioni Generali, Dall’8 al 13 giugno 2021
Se potete, quando arriverà vicino a voi, andate a vederlo, perché “Festen – Il gioco della verità ” è un evento teatrale potente, denso, saturo, sconvolgente, vero.
Messinscena corale nel senso più profondo del termine, l’adattamento dell’omonimo film di Thomas Vinterberg di cui Marco Lorenzi firma la regia dopo averne curato la versione italiana assieme a Lorenzo De Iacovo, colpisce nell’immediato generando riflessioni a lento rilascio.
Sono due ore cariche di suggestioni che si sviluppano su molteplici piani di lettura, ben evidenziati dalla compresenza dell’interpretazione degli attori in scena con un pervasivo piano sequenza, parte integrante del linguaggio espressivo, grazie al quale è possibile cogliere ancor meglio le caleidoscopiche prospettive di un mosaico di relazioni che poco a poco si sgretolano per ricomporsi in altro modo.
Si tratta di una straordinaria prova d’attore collettiva di una compagnia, Il Mulino di Amleto, che non a caso usa il termine “ensemble”, tra gli altri, per definirsi. Se così non fosse, non sarebbe possibile, gestire con la perizia sopraffina dimostrata i tempi perfetti di un dinamismo che mai cede, con tutti gli attori impegnati ad alternarsi alla cinepresa e a interpretare il proprio ruolo in un meccanismo complesso originale, traboccante al tempo stesso di riferimenti alle radici più tenaci della nostra natura di esseri narranti: il teatro greco, Shakespeare e le favole dei fratelli Grimm.
Dalla famiglia protagonista, attraverso la compagnia in scena, il testimone passa nelle mani della più estesa comunità rappresentata dal pubblico in sala, lasciando a ogni singolo spettatore la libertà di scegliere tra la propria personale visione e quella di chi ha in mano la cinepresa, tra la nostra e l’altrui verità; è un gioco psicologico molto potente quello che così si innesca, come per Christian rispetto al resto del gruppo, tra la verità di un singolo in opposizione con la maggioranza; solo quando egli non sarà più solo avrà la possibilità di farsi davvero sentire.
Assistere a “Festen” è un’esperienza di rara intensità, tanto da permettere di immaginare quel che a suo tempo gli ateniesi provassero nell’assistere alle tragedie scritte dagli autori loro contemporanei.
Da una fiaba classica, prologo mirabile a una storia per adulti, si giungerà infatti alla catarsi dopo essere passati attraverso un metaforicamente claustrofobico, necessario e fitto bosco danese.
I festeggiamenti per il sessantesimo compleanno di Helge Klingenfeldt, il padre, fanno sì che oltre agli amici, alla madre Elsie, al nonno e al giovane Helmut, nominato per l’occasione maestro delle cerimonie, si incontrino dopo molto tempo i figli Christian, Helene e Michael. Manca Linda, gemella di Christian, suicidatasi un anno prima.
La vicenda farà emergere verità nascoste, note forse da ognuno, ma rimosse, evitate, ignorate per mantenere la rispettabile immagine di facciata.
Ciò che avviene in scena non si mantiene in uno spazio delimitato: deborda e coinvolge in prima persona il pubblico: è un’energia che deflagra e va al di là della vicenda narrata permettendo così a ogni singolo spettatore di guardare con benevolenza, senza paura, ma con estrema lucidità dentro se stesso, incalzato da un ritmo che non dà tregua e spinge nell’angolo, costringendo a vedere insieme ai personaggi quel che, forse, non vogliamo conoscere.
Tutto questo è reso possibile grazie a un rispetto assoluto, una dolcezza rara, una grande attenzione e un evidente amore per il pubblico: l’eterna forza del Teatro è questa.
Grazie a “Festen” è possibile riconoscere il maieutico ruolo di un medium espressivo capace di rendere visibili le conseguenze delle azioni umane più dure da accettare, quel che più ferisce il nostro animo senza che tale rivelazione ci annienti.
Com’è opportuno, la messinscena parte e si dipana sulla falsariga di una fiaba, ottocentesco rigeneratore di archetipi collettivi, gioco serissimo come serissimamente giocano i bambini, e proprio per questo totalmente vero.
Da vedere assolutamente!
Paola Pini
Trieste, Politeama Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
Sala Assicurazioni Generali
Dall’8 al 13 giugno 2021
Festen – Il gioco della verità
di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov & BO Hr. Hansen
regia Marco Lorenzi
adattamento per il teatro di David Eldridge
prima produzione Marla Rubin productions ltd, a Londra
per gentile concessione di Nordiska ApS, Copenhagen
versione italiana e adattamento Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi
con Danilo Nigrelli (Helge, il padre), Irene Ivaldi (Elsie, la madre) e (in ordine alfabetico) Roberta Calia (Mette, la moglie di Michael), Yuri D’Agostino (Helmut, maestro di cerimonie), Elio D’Alessandro (Christian), Roberta Lanave (Pia e Spettro di Linda), Barbara Mazzi (Helene), Raffaele Musella (Michael), Angelo Tronca (Kim e il nonno)
assistente alla regia Noemi Grasso
dramaturg Anne Hirth
visual concept e video Eleonora Diana
costumi Alessio Rosati
sound designer Giorgio Tedesco
luci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco)
consulente musicale e vocal coach Bruno De Franceschi
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Solares Fondazione delle Arti
in collaborazione con il Mulino di Amleto
CALENDARIO REPLICHE 2021
Torino, Teatro Astra / dal 31 maggio (prima assoluta italiana) al 6 giugno
Trieste, Teatro Rossetti / dall’ 8 al 13 giugno
Parma, Teatro al Parco / 15 e 16 giugno
Milano, Teatro Fontana / dal 18 al 27 giugno