Il dono di Michele Gentile (Masciulli Edizioni, 2020) è un libro in cui appaiono prosa e poesia ed è quest’ultima a trionfare, dato che essa è presente non solo nei versi della breve silloge che conclude il libro, ma si mostra in tutta la narrazione di questa storia toccante, che vede protagonista il bimbo Giuseppino, rimasto orfano di madre, con un padre assente, e che trova sostegno in Amir, africano sfuggito alle guerre e al razzismo. Il tutto è ambientato nel fantasioso borgo mediterraneo di Roccasolenne, dove il mare si fa sinonimo di libertà, speranza, poesia, dove il bambino si fa cullare dai suoi infiniti orizzonti, trovando sollievo in mondi immaginari e lontani.
Il dono, che porta la prefazione di Gianni Maritati e la postfazione di Francesca Amoroso, si configura anche materialmente quale dono, dato che l’intero ricavato delle vendite andrà a sostenere le attività della onlus casa famiglia “Chiara e Francesco” (https://www.chiaraefrancesco.it).
Affrettò il passo per non tardare alle lezioni. Era entusiasta di riabbracciare i suoi compagni di classe e l’idea di tornare a studiare con i suoi amici lo riempiva di gioia. Ad un tratto, oltrepassata Piazza Colombo, accanto alla tintoria De Rosa, si imbattè in Vicenzino. Vicenzino era in buona sostanza lo scemo del villaggio. Poteva avere una quarantina d’anni portati male, magrissimo, con capelli lunghi e costantemente spettinati. Indossava sempre lo stesso vestito, una giacca marrone rattoppata in più punti e dei pantaloni verde militare.
Come accennavo all’inizio, lo stile di Michele Gentile è strettamente poetico e musicale. Attraverso frasi brevi e dirette riesce a dare luogo a una narrazione viscerale, in grado di catturare l’attenzione del lettore. Si tratta di una scrittura luminosa, delicata, ispirata, con la quale tratteggia in modo esaustivo gli ambienti, nonché le emozioni e la psicologia dei personaggi, il tutto circoscritto in un’atmosfera che sta tra la realtà e la visione.
A suggellare il volume vi sono anche delle poesie di Gentile, in cui si fa forte in contraltare tra la mortalità della creatura e umana e l’immortalità dell’immenso che la circonda, che sia questo onirico o reale. È così che i gesti quotidiani entrano in perfetto connubio con gli elementi dell’infinito, forgiano versi di rara bellezza, come, e con questo si chiude l’articolo:
Terraferma
Sulla schiena dell’acqua
scivola l’ultima riga
di questo silenzio.
Le vele dell’inverno
scalciano il cielo fumoso
mentre dalla terraferma
giungono echi di eternità.
Sotto la pioggia
un bambino gioca a fare la guerra.
Stefano Duranti Poccetti